Un motociclista si confessa: “Sono diventato (anche) ciclista. Non mi pento, ma ho capito alcune cose”.
Le moto sono la mia vita, e sono stato fortunato, sono riuscito a trasformare in professione il mio amore per le due ruote (a motore), nato ben prima dell’età del cinquantino. Da più di vent’anni lavoro nel settore delle riviste specializzate, e nella mia carriera ho guidato di tutto, custom, naked, race replica, turistiche, in tutte le strade e le piste del mondo. Questo per spiegare, giustificare, far pietosamente comprendere che — ovviamente, naturalmente — da motociclista odiavo i ciclisti.
Quelli stradali. I cittadini non danno noia (a volte qualche scaramuccia, ma è naturale); i rider se ne vanno per i fatti loro nei campi e chi li vede? I maledetti stradali, invece, si sa, te li trovi di colpo schierati dietro una curva che ti portano via tre quarti di carreggiata e tu arrivi lì bello piegato con la tua moto e ti viene un accidente. Il problema non è che devi frenare — in moto frenare in salita non è così traumatizzante come in bici — è che devi evitarli, e quando sei in piega a una buona velocità, frenare, raddrizzare la moto, cambiare traiettoria, non è una manovra facilissima.
Poi — un caso? Il contrappasso? — gli impegni professionali mi hanno portato sulle due ruote a pedali (il “peggio”, da corsa) e la mia prima impresa è stata la Maratona dles Dolomites. Il Classico, ovviamente, una sgambata per chi pedala ma da motociclista è stata dura fare i 55 chilometri del Sellaronda, ci ho messo mezza giornata. E quindi, ovviamente, inevitabilmente, mi sono innamorato della bici. Da strada, pure. Non poteva essere altrimenti: pedalare sulle strade più belle del mondo, chiuse al traffico, in silenziosa compagnia con altri novemila ciclisti è un’esperienza che ti segna per sempre. Se non ti succede hai qualcosa che non va.
Quindi quelle strade le ho fatte con tutte le due ruote possibili — in moto e in bici — perché le vie dolomitiche sono speciali per entrambi i mezzi. Cambia la prospettiva. In moto le ami per la danza tra le curve e i tornanti; in bici per le salite e le conquiste.
Poi c’è il panorama. È la solita banalità ma lo dico lo stesso, perché una cosa è saperlo, un’altra è provarlo: in moto lo vedi dal passo, se ti fermi, il resto scappa via alla velocità della luce, perché se ti piace guidare tieni un ritmo tale che non puoi permetterti distrazioni, e devi essere concentrato ai pochi metri di strada che hai davanti; se inizi a guardare a destra e sinistra vai a finire nei campi. In bici, invece, non ti godi appieno l’immenso panorama, ma anche ogni dettaglio della strada, i cartelli, le pietre, ogni singolo albero e arbusto alberi (almeno alla mia velocità di ascesa).
Salita o discesa?
Personalmente preferisco le salite con entrambi i mezzi, molto di più in bici. In moto tra la salita e la discesa cambia poco, una leggera preferenza alle prime perché con le potenze di oggi si raggiungono sempre e immediatamente velocità imbarazzanti, che comportano eccessivo stress, almeno la salita ti frena un minimo. Poi è anche una questione di dinamica, nelle curve in salita la distribuzione dei pesi è favorevole, in discesa, al contrario, una ciclistica poco azzeccata può mettere in difficoltà, poiché la ruota anteriore è più caricata e tende a chiudere, sensazione poco piacevole.
In bici nemmeno discutere: le salite. Sono stati scritti migliaia articoli e libri sul piacere della fatica, sappiamo tutti come funziona. E poi — esperienza personale — le discese in bici mi terrorizzano. Proprio perché le affronto da motociclista, abituato alla velocità scendo di buon passo affrontando ogni curva con la sequenza da pilota: staccata, ingresso, piega (poca), traiettoria, accelerazione.
Tra l’affrontare una discesa in bici e in moto c’è un abisso. Primo, oggi le moto hanno gomme di un’efficienza straordinaria in quanto a feeling, impronta a terra, grip; poi ci sono le sospensioni, di eccellente livello tecnico pure queste; infine i freni, da race replica. Poi c’è il peso, in genere oltre i duecento chili per le grosse cilindrate, che stabilizza e anche questo dà sicurezza. Se cadi con un mezzo così vuol dire che proprio sei andato oltre il limite, che è altissimo. Che hai sbagliato di brutto, che forse le moto non fanno per te.
Le gommine delle bici fanno paura, quando la spalla è larga siamo sui venticinque millimetri, e l’impronta a terra, visto che vanno gonfiate dure come il marmo, sarà più o meno quella di una puntina da disegno. Contro il pacchetto di sigarette di una gomma da moto. Il mio terrore non è che perdano aderenza — non faccio le pieghe come in moto — ma una foratura; in tal malaugurato caso sono convinto che mi ritroverei in terra nemmeno il tempo di dire beo.
Sulle moto, poi, le sospensioni fanno aderire le gomme su qualsiasi fondo sconnesso, tipo uomo ragno, una buca che in bici ti scaraventa in aria, in moto manco la senti.
Infine i freni: quelli delle moto sportive ti fanno passare dai trecento all’ora a zero in dieci secondi, e poi oggi c’è pure l’ABS che ti fa da angelo custode. La frenata in bici è tutta un’altra storia: la massa da fermare non è comunque trascurabile, non ci sono le sospensioni e quindi perdi contatto col suolo (saltellando) anche su un minimo sconnesso, le gomme non solo hanno un grip che fa ridere, ma se perdi aderenza non riesci a recuperare.
Infine: l’abbigliamento. Se cadi in bici sei protetto (per dire) da un paio di bermuda e una maglietta trasparente, con guanti da passeggio e — soprattutto — con il cestino dei gelati in testa, quello da un chilo. Avete mai indossato un casco integrale da motociclista? Mai indossato un giubbotto con le protezioni, guanti veri, addirittura una tuta di pelle?
Quando indossi l’abbigliamento tecnico da moto ti senti ben protetto, ma con quello da pista diventi un supereroe. Hai gli stivali con le protezioni sul tallone, sulle caviglie, sulla punta del piede; sulla tuta hai degli scudi impenetrabili che ti coprono gli stinchi, le ginocchia, gli avambracci, i gomiti, le spalle, la schiena; i guanti hanno un guscio sulle nocche e le palme imbottite. Poi c’è il casco, un vero casco, se ti danno una martellata dici: “Ma piove?”.
Se hai indossato una tuta racing ti senti invincibile, e questo ti fa capire ancor meglio quanto sei vulnerabile in bici. Da ciclista l’unica rivincita te la godi d’estate quando è caldo. Al passo guardi questi poveri motociclisti che si sciolgono al sole e pensi: tié.
La foto al passo
Arrivati al passo con le due ruote, motore o no, si scatta la foto davanti al cartello. Cambia il senso: in moto vuol dire “Ciao, sono passato di qua”; in bici “Ciao, sono arrivato qua”. Sembra la stessa cosa, non lo è.
Anche in questo caso è inutile raccontare “la bellezza della fatica e il gusto dell’impresa”, prendo in prestito la frase che Brocci ha scritto per L’Eroica, chi pedala sa benissimo di che si parla. Chi va in moto invece non nemmeno la minima idea di cosa significhi arrivare al passo con le gambe, (pensa con le braccia!).
Da motociclista anch’io, come tutti, scattavo la foto sorridendo davanti al cartello del passo. Vedevo questi poveracci con le bici e non capivo, al massimo potevo solamente pensare che ci avevano messo molto più tempo di me per arrivare quassù. Forse, e solo se me lo avessero chiesto, avrei anche ragionato su ciò che significa salire sullo Stelvio in bici. Ma non avrei capito. Solo avendo vissuto le due esperienze riesci a valutare l’abisso che separa le due foto, e soprattutto a capire che la conquista di un passo in bici è un’esperienza straordinaria.
Motociclisti, ciclisti: pace!
Da motociclista odio ancora i ciclisti quando guido la moto; da ciclista odio i motociclisti quando sono in bici. Così fan tutti. Da ciclista quando sento una moto arrivare rombante prego che il tizio che si sente pilota sia bravo, bravissimo, che non caschi trascinandomi nel fosso. Alcuni, invece, li vorrei vedere sdraiati in un fosso molto volentieri, quelli che ti passano a dieci centimetri. E vorrei chiedergli: Cosa ti passa in quella testolina? Cosa vuoi dimostrare? Che sei bravo? Che vai più forte di me? La tua superiorità? Guarda che anche io so andare in moto.
La “Panoramica” è la splendida strada tutta curve che collega Pesaro con Gabicce attraverso il Parco Naturale del Monte San Bartolo. Ieri la percorrevo in bici, e ho incrociato tre moto, il primo, su una Yamaha R1, e il genio alla guida ha fatto la curva col piede giù in stile cross (diosanto), dimostrando grande sicurezza; il secondo l’ha fatta giusta; il terzo ha fatto la traiettoria su tutta la strada. Sì, il testolina di ming ha fatto la traiettoria da MotoGP occupando metà della mia carreggiata. Loro in salita, io in discesa, quindi non stavo nemmeno facendo i miei soliti otto all’ora. Mi vengono in mente una cinquantina di simpatici improperi e soprannomi, lascio a voi la scelta.
Vista la mia esperienza moto-bici, faccio un appello. Ciclisti: fate leggere questo pezzo a un motociclista, magari riusciamo a capirci. Vado matto per i piani impossibili.
Aldo Ballerini
Tranquillo , l’odio è reciproco quando scendo dal fadalto o da pianezze in bici e mitrovo il Valentino Rossi di turno contromano che pensa di essere in gara ( ma pure certi ciclisti sic ! ) un vaffa …in amicizia ci scappa :-))
Vado in bici e confesso che la strada mi fa paura. Se vai in gruppo non sempre sei in fila come le processionarie e ti fanno il pelo per farti capire che stai sui coglioni, se vai solo te lo fanno ugualmente perché scoccia rallentare un attimo se trovano chi arriva d’incontro. Siamo in un paese di irrispettosi ed intolleranti. Girando l’Europa non ho ancora trovato chi peggio di noi
i miei 25 anni da motociclista, tute e cavalli a non finire, migliaia e migliaia di km macinati su saponette finite e poi…. la bicicletta. Ho ritrovato una mia esperienza in ogni tua parola, per questo ti ringrazio ed oggi sorrido più lento ma sicuramente piu felice. Lo farò leggere sicuramemte a molto di più di un solo motociclista. Ciao
Io non sono motociclista,ma le moto mi sono sempre piaciute,meno certi motociclisti che ho trovato in strada e nell’articolo tipo quelli che ti sfrecciano a 10 cm,comunque per correttezza aggiungo che anche noi ciclisti non siamo stinchi di santo,comunque bellissime parole è normale che sono due mondi diversi,con basi identiche,la strada,le due ruote,i paesaggi, l’aria,la cosa centrale che differisce è la fatica,il sudore il piacere di scoprirsi atleti.
Grazie Caro Aldo Ballerini. Da Motociclista e ciclista (nell’ordine ed aggiungo anche automobilista), mi impegno a far leggere queste sue a tutti i miei amici motociclisti, ed anche ai miei amici ciclisti! Commoso, Maurizio
Ho fatto il contrario.
In bici, sono arrivato a fare anche 15 gran fondo in un anno.
Poi, il vecchio amore per le moto o meglio per i viaggi in moto, ha preso il sopravvento.
Adesso, guardando da fuori il movimento ciclistico, mi accorgo che la bellezza della bicicletta che non rinnegherò mai, è ancora tale e tanta da attirare un numero altissimo di gente.
Purtroppo la maggior parte di loro sono arroganti e incivili e pensano di essere gli unici titolari di diritti completamente esenti da doveri.
Non paragonatemi ai moto corsaioli con cui i ciclisti hanno molte analogie, io sono un moto turista ed uso una pesante moto da turismo, non una super sportiva carenata o una naked con cui trasformare la strada in pista (senza comunque generalizzare).
Salgo i passi di montagna tranquillo per gustarmeli eppure vengo messo in difficoltà da orde di ciclisti che si comportano da incivili.
La fatica e il piacere di fare una salita pedalando, li conosco bene, ma io me li gustavo stando a destra e in fila indiana e se qualcuno non ci riusciva, me ne stavo per conto mio, pensando al disagio che davamo agli altri utenti della strada.
Pensare anche agli altri, altrimenti la bicicletta (ma anche la moto), da nobile attività, si trasforma in uno sfogo burino e malato e a giudicare da quel che vedo, è già abbastanza compromessa in questo senso.
Saluti
Io sono automobilista ciclista biker e motociclista, se sono in auto agevolo il passaggio del motociclista,quando sono in bici da stada in salita e sento una moto salire a giri alti mi metto a desta il più possibile, se la strada è stretta in semicurva e sono davanti faccio segno al motociclista che la strada e libera o meno e lui mi ringrazia sempre con il gesto del piede. Che pace sia.
Volevo dire che in molte discese vado più forte io in bici che molti motociclisti con motori da strada super performanti. O sono un mago io in discesa (ma non credo) o non è poi così vero che una moto in discesa da tutta questa sicurezza…