15 ago 2016 – Ci sono vari modi di essere ultracycler. C’è chi prende la bici più robusta possibile, ci carica su il suo mondo (tutto quello che sarà per i mesi che seguiranno) e parte con un’idea di percorso e di tempi da cambiare quando si vuole. Poi c’è chi si programma prima e magari pensa anche ad un’impresa. Non tanto per dimostrare chissà cosa dal punto di vista agonistico (alla fine si tratta di imprese uniche e difficili da paragonare ad altre) ma per dire che certe cose si possono fare. E magari sfruttare quel po’ di clamore per portare un messaggio umanitario: la bicicletta può risolvere alcuni problemi in maniera economica.
Nell’ultima impresa Paola Gianotti si è prefissata di portare biciclette alle donne dell’Uganda, un modo per facilitare gli spostamenti o anche solo per semplificare il trasporto di oggetti pesanti che solitamente vengono portati con la sola forza fisica. Una goccia, un esempio che pian piano attecchisce.
Paola Gianotti ha viaggiato tutto il mondo in bicicletta ed ha anche accresciuto la sua competenza tecnica. Non partiva da zero, pure se non aveva esperienza di ciclismo aveva comunque partecipato a qualche prova di triathlon. Poi, prima di partire per il suo giro del mondo aveva fatto una preparazione lunga un anno.
«In quella prova – ci ha raccontato qualche tempo fa – avevo bisogno di una bicicletta dove la robustezza fosse la caratteristica principale. Non puntavo tanto alla velocità e i chilometri da percorrere erano tantissimi (più di 29mila, ndr), anche il comfort doveva essere elevato». Con il suo sponsor tecnico la scelta cadde verso una bicicletta in acciaio, la Cinelli Hobootleg, pensata apposta per viaggiare e per le lunghe distanze.
Completamente diversa la scelta per l’ultima impresa. Attraversare 48 stati degli USA in 48 giorni si è prefigurata subito come un’impresa in cui doveva essere la velocità la caratteristica principale. Un’avventura più breve come chilometraggio ma con un ritmo serrato. «Ho pensato subito ci volesse qualcosa di più leggero – racconta Paola – anche perché la fibra di carbonio può essere comunque comoda e la Cinelli Strato Faster ci è sembrata la soluzione più azzeccata».
A dimostrare, anche, che non c’è un materiale “migliore in assoluto” rispetto a un altro, ma solo quello più adatto al momento e al tipo di ciclismo che si vuole fare.
Da corsa sì, ma comunque pensando alla lunga distanza che si andava a percorrere. «Le strade americane non sono sempre agevoli – ha raccontato Paola Gianotti in un incontro a Milano da CicloSfuso (non lo conoscete? ve lo consigliamo, anche per bere un buon bicchiere di vino) – e abbiamo dovuto pensare a qualche accorgimento proprio per evitare di forare continuamente. La scelta delle Michelin Power è stata fondamentale in questo senso».
Quelle utilizzata da Paola Gianotti sono state le Power Protection. Una vera barriera contro le forature e pazienza se si paga qualcosa in termini di peso. Le prestazioni sono state eccezionali. Non cercate in italia questa versione, però, è stata studiata solo per il mercato americano. Qui si possono trovare le ottime “Power Endurance”, che già nei test stanno dando risultati notevoli proprio in termini di resistenza.
Il resto lo hanno fatto le gambe di Paola e anche la sua testa, “ho pedalato per ottomila chilometri attraverso campi di grano tutti uguali”. Concentrazione e poi musica rock e poi soft, a seconda dei momenti della giornata, “ma solo in un orecchio, che per strada non si sa mai”.
GR