11 apr 2020 – «L’ultima volta che sono stato tanti giorni a casa ero allievo, che già da junior, ormai, si andava sempre in giro».
È una delle risposte che ci ha dato Elia Viviani nell’intervista in diretta video ospitata da Nalini (sponsor della Cofidis, squadra del veronese) e condotta dall’ottimo Daniel Guidi.
Viviani, come tutti i corridori professionisti italiani e tutti noi, è a casa, alternando allenamenti indoor (rulli ma anche esercizi a corpo libero). Un Viviani rilassato che si racconta con calma e non vede l’ora di tornare a pedalare su strada e a correre, anche se non c’è più l’obiettivo Olimpiadi davanti a sé.
«Meglio così, ci ha detto, so i tempi giusti per programmare la stagione e puntare all’obiettivo per il prossimo anno».
Ma che ci ha raccontato anche qualche retroscena: «Sì, è vero, il velocista sa sempre se ha vinto o se ha perso. Difficile che rimanga il dubbio a meno che la differenza non sia davvero piccola. La volata con più rimpianti? Quella dell’anno scorso al Tour nella tappa vinta da Van Aert (qui il racconto di quella giornata): lo avevo passato ormai e invece lui è rinvenuto e mi ha battuto. Bravissimo, ma ci sono rimasto male perché non me lo aspettavo proprio. In genere quando passi uno in volata poi molla, lui invece ha insistito».
Viviani casalingo: i compiti di casa distribuiti equamente con Elena Cecchini, atleta fortissima e compagna nella vita di Elia. Viviani che quest’anno ancora non ha vinto, ma in casa Cofidis un Viviani vincitore nel 2020 già c’è: si chiama Attilio, il fratello minore e già molto forte. Un altro racconto di fratelli nella storia del ciclismo? Pare di sì.
Ma il corridore si è anche raccontato da prima di diventare il campione che conosciamo: «Quando mia madre veniva qui, in Nalini, a comprare le cose per farmi correre e per quello, oggi, mi fa ancora più piacere avere prodotti di questo marchi».
Viviani ci ha parlato anche del piacere di correre in una squadra storica, pure francese, ma con materiali tecnici tutti italiani. Oltre all’abbigliamento Nalini, infatti, anche la bicicletta, De Rosa, è italiana, così come la componentistica Campagnolo, le ruote Fulcrum e la sella di Selle Italia.
Trovate tutto nell’intervista su temi un po’ insoliti, che ci ha concesso:
Guido P. Rubino