Le fughe di inizio gara alla Sanremo non nascono per caso o perché vengono lasciate andare senza sforzo. Sono il risultato di uno sfinimento. Chi è stato designato nella tattica di squadra di tirare fuori la fuga all’inizio ci prova di continuo, e si viaggia per chilometri oltre i 60 all’ora. Di solito verso il chilometro 30 – 35 la fuga si stacca perché gli attaccanti sono sfiniti dagli scatti. A Pavia è avvenuto leggermente prima perché la partenza è stata furiosa.
Una fuga di 10 corridori può essere una disgrazia. Sono tanti, basta uno che faccia il furbo e tutta l’armonia è rovinata. La fuga della Sanremo non è stata solo in armonia, ma anche in perfetto accordo per cercare di fregare il gruppo. Gruppo che ha lasciato solo due minuti e mezzo, perché a inizio stagione non sai se davanti c’è uno in super forma che può fare il numero e arrivare da solo. Davanti è iniziata una partita a poker: la fuga ha rallentato e bleffato, non mostrando il suo potenziale. Quando dietro è partita a tirare la Uae hanno aspettato. Quando il distacco è sceso a 1’30” davanti hanno iniziato a tirare forte, e sono rimasti a 1’30” per diversi chilometri, tanto che dietro saliva il nervosismo e altre squadre hanno iniziato ad aiutare la Uae. E hanno sbagliato, perché era Pogacar l’uomo da battere, e la fuga era una preziosa alleata per decimare la squadra dello sloveno.
Squadra che non è stata all’altezza salvo che per “San” Tim Wellens, che comunque in cima alla Cipressa ha rallentato dimostrando di essere umano anche lui.
In quel punto bisognava partire. È dura, ma come diceva un mio vecchio allenatore, guarda il cardio e quando segna 200 tu scatta, perché vuol dire che tutti non ce la fanno più. E sulla Cipressa tutti erano a tutta. È mancato quell’outsider coraggioso che si alzasse in piedi e che con un mezzo scatto fatto con le forze rimanenti provasse a prendere la discesa della Cipressa da solo, un po’ alla Gabriele Colombo.
Tim Wellens si è preso cura di Pogacar anche sul Poggio. E Pogacar ha dimostrato ancora di essere un fenomeno: è scattato, è stato chiuso, ha recuperato dieci secondi ed è ri-scattato. Van der Poel e Ganna sono rimasti addormentati: in quei momenti aspettare un solo secondo a reagire poteva voler dire perdere la gara, e Van der Poel si è mosso tardi, ma è riuscito a rientrare di gambe. Pogacar da questo punto in poi ha iniziato a correre male, sprecando energie nel tirare una discesa molto pedalabile. Ci ha provato Mohoric e abbiamo visto un bellissimo campione del mondo in versione gregario. Non è da tutti.
Rimane il rammarico nel vedere due che si potevano giocare la vittoria – Ganna e Alaphilippe- rallentati nel finale da problemi meccanici. Vale davvero la pena scegliere un materiale che può far guadagnare uno 0,01 per cento per poi buttare via una gara così a 3 chilometri dall’arrivo?
(foto: Sprint Cycling Agency, La Presse, Rubino)