2 lug 2019 – Il Campionato Italiano è una corsa strana. Differente da tutte le altre. Non è solo una questione di giochi di squadra differenti o del periodo dell’anno, è proprio un mix di cose che porta questa corsa ad essere differente. Così ci sono corridori che hanno non hanno feeling con questa gara e che in tutta la loro carriera non riescono mai a fare un bel Campionato Italiano, e altri che invece sono un tutt’uno con il tricolore, come Giovanni Visconti. È incredibile vedere come tutti gli anni sia lì davanti a lottare per il tricolore, 16 anni dopo la conquista del suo primo titolo.
Avendo provato su me stesso fughe dove il vantaggio massimo non supera mai i 40”, guardando la gara di Formolo mi veniva solo da pensare: dolore. Quanto dolore a stare lì a tutta per un’ora intera con un branco di mastini con la bava alla bocca alle calcagna. Non puoi sbagliare una curva, una cambiata. È come essere in un Gran Premio di Formula 1 dove cerchi di tirare ogni millesimo in ogni punto della pista. Eppure Formolo sembrava quasi ridesse. Era a suo agio. Ha fatto un numero mostruoso con una apparente semplicità incredibile.
Mi aspettavo di più dai due scalatori nel gruppo di testa, Pozzovivo e Aru, e non in termini di prestazioni. Non condivido il titolo della Gazzetta dove viene detto che Aru si sarebbe messo al servizio di Ulissi. Probabilmente andare a riprendere Super Formolo era impossibile, ma non mi sembra che questi due si siano dannati l’anima per chiudere un gap comunque esiguo.
Se il Campionato Italiano fosse stato una gara ai punti, avrebbe vinto Bettiol. Pochi nella storia sono stati secondi nella crono e terzi nella corsa in linea. Peccato che l’Italiano è solo un titolo, e il secondo è solo il primo dei perdenti. Va a casa con la consapevolezza di essere un grande ma con un pugno di mosche in mano.
Nel complesso però guardando l’ordine di arrivo sembra di vedere una bella Italia pre-Tour de France. Bella perché in quell’ordine di arrivo ci sono tanti giovani, e tutti a soli 30” da Super Formolo. Bella perché ci sono cacciatori di tappe di classe, gente in grado di scattare in salita ma di reggere il confronto con i migliori in volata. Se consideriamo che ci sono stati sulla riga dell’arrivo almeno 5 – 6 corridori a soli 2 metri di distanza dal vincitore del Giro delle Fiandre, questo può far solo che ben sperare per il Tour 2019.
Stefano Boggia (https://www.daccordicycles.com)