2 gen 2021 – E sono 61: sessantuno anni che se ne è andato Fausto Coppi . Del Campionissimo si è scritto, detto e narrato di tutto. Ma di sicuro l’aspetto che meno si conosce è quello strettamente tecnico: quale il suo rapporto con la meccanica del mezzo ? Quale quello con la posizione in bici o le moltipliche da usare? Come erano le strade su cui si consumavano le epopee diventate storia e mito? Che dire, poi, della dieta da sostenere oppure dei sistemi per recuperare dopo sforzi immani?
Se ne è scritto poco, sì, perché temi del genere all’epoca erano sconosciuti al grande pubblico e praticamente inesplorati dai suiveur del grande ciclismo , che quando li affrontavano lo facevano con modi e registri che oggi fanno quasi sorridere.
Appunto: spulciando tra i quotidiani e le riviste di quell’epoca, ci siamo divertiti a selezionare queste autentiche chicche che simbolicamente vi regaliamo proprio in questo giorno così “forte” per la storia del grande ciclismo.
La bici
Una scheda tecnica ante-litteram; curioso il fatto che lo pneumatico anteriore avesse sempre una sezione maggiore rispetto al posteriore. – Dal “Romanzo di Coppi, 1953”
Luglio 1949: Coppi fa suo il suo primo Tour de France – “La Gazzetta Sportiva, 1949”
Agguerritissima la “battaglia” tra le Case produttrici che acquistano spazi sui quotidiani per celebrare i successi dei “loro” corridori. In occasione del “Tour” vittorioso del 1949 Campagnolo si deve “accontentare” di fornire i bloccaggi rapidi al Campionissimo. – Da “La Gazzetta Sportiva, 1949”
Nel 1949 Coppi utilizza cambi di velocità della francese Simplex. Ancora per poco… Nel 1950 passerà per tutte le componenti di trasmissione a Campagnolo. – Da “La Gazzetta Sportiva, 1949”.
Oltre alle numerose foto, ecco la prova che Coppi utilizzava spesso il tipico casco in pelle. Ma spesso lo toglieva in occasione delle salite. – Da “Tuttosport, 1952”
I dettagli tecnici del record dell’ora conquistato nel 1942 raccontati dallo stesso Coppi. – Da “Il romanzo di Coppi, 1953”
In un’intervista il massaggiatore Biagio Cavanna parla delle moltipliche usate da Coppi e dalla sua buona attitudine all’agilità: sullo Stelvio Fausto utilizzava il 46×23 e 46×24…. – Da “Lo Sport Illustrato, 1954”
Ancora Cavanna e ancora sull’impiego delle moltipliche: «Rapporti lunghi solo per chi – come Coppi – sa stare sul fondo del sellino». Da “Lo Sport Illustrato, 1954”.
La vittoria della Parigi-Roubaix 1950. Coppi utilizza il cambio di velocità Campagnolo a “una leva”, esercizio tecnico di grande spessore, ma in realtà complesso da azionare e gestire. Non per caso Coppi ci vinse una gara praticamente tutta piatta, dove non si cambiava mai…. A Coppi basterà aspettare qualche settimana per iniziare ad usare il primo cambio Campagnolo “moderno”; ossia a parallelogramma. – Da “Miroir Sprint, 1950”.
Ancora la cronaca della “Roubaix” del 1950, questa volta dalle colonne del “Corriere dello Sport”
Giuseppe Sabelli Fioretti, “penna” ciclistica del Corriere dello Sport, si spinge eccezionalmente sul tecnico: per la Roubaix Coppi ha montato il 52, corona notevole rispetto agli standard utilizzati all’epoca nelle altre gare.
Il dettaglio su questa Bianchi dimostra che talvolta – soprattutto nei primi anni Cinquanta – Coppi montava le levette cambio alle estremità del manubrio, non sul tubo diagonale. Sempre sul manubrio, un dettaglio sulle leve freno, con il particolare design che oggi chiameremmo “ergonomico”. – Da “La Vela, 1953”
La posizione
“Tutta la bicicletta”, un manuale tecnico di inizio anni Cinquanta scritto dall’ingegner A. Nanni. Vi si trovano anche rare indicazioni sull’assetto in sella di Fausto Coppi.
Ecco il “bike fitting” del Campionissimo, alto 179 centimetri: pur se rilevata sulla punta, l’altezza sella risulta sicuramente sottodimensionata rispetto agli standard odierni. Ma all’epoca i corridori usavano pedalare molto “seduti”. Più “moderna” è invece la stazione del manubrio, sicuramente molto bassa rispetto a quel che facevano molti altri colleghi di Coppi.
Una curiosa e quantomai ardita classificazione dei corridori del tempo in base alla loro silhouette prodotta in sella. – Da “Arcobaleno, Speciale Giro d’Italia 1950, 1950”.
Inconfondibile e inequivocabile la sagoma – soprattutto del volto – del Campionissimo; meno attendibili i dati antropometrici, con valori che si discostano parecchio da quel che in altre fonti si può trovare…
È il “Guerin Sportivo” a pubblicare una dettagliata e completa misurazione antropometrica di Coppi. Ma anche in questo caso, su tutti quei numeri, non c’è da mettere la mano sul fuoco….
Le strade
La “prima” del “Corriere” su una delle più iconiche vittorie di Fausto-Coppi, la Cuneo-Pinerolo del 1949, quella della memorabile fuga da 192 chilometri. In realtà, tecnicamente parlando, quella frazione passò alla storia anche per altro… – Dal “Corriere dello Sport, 1949”
All’indomani della grande impresa a Pinerolo il Direttore Bruno Roghi scrive che anche il fuggitivo Coppi forò ben cinque volte nella tappa che lo consacrò “Campionissimo”. Le strade montane, infatti, erano all’epoca in grossa parte non asfaltate. – Da “Corriere dello Sport, 1949”
In realtà, oltre al cattivo stato del fondo stradale, a causare le forature – o presunte tali – poteva essere anche la necessità di cambiare ruota, e di conseguenza i pignoni su di questa montati.
Due miti del ciclismo: Fausto Coppi e la salita dell’Alpe d’Huez, “scoperta” per la prima volta dal Tour de France nel 1952. E subito violata dal Campionissimo. Da “Corriere dello Sport, 1952”
Che una salita alpina fosse asfaltata faceva ancora notizia, nonostante fossimo “già” nel 1952. Ma la reale pendenza dell’Alpe d’Huez era decisamente inferiore al “10” descritta approssimativamente da Roghi: 7.7%. Dal “Corriere dello Sport, 1949”
Coppi alle prese con il montante di un passaggio a livello al “Tour”: situazione assai familiare per le corse – e le strade – di quei tempi. – Da “Corriere dello Sport, 1949”
L’alimentazione
Coppi lontano da “misteriosi miscugli” o “intrugli” secondo l’articolista. Per lui, alla partenza delle tappe della “Grande Boucle”, solo del semplice the freddo. Da “Tutto il Tour 1952”
Sotto gli occhi del Dottor Costa Coppi sorseggia un bibitone durante il Tour 1952, quando a quanto pare già aveva “rivoluzionato” la sua dieta. – Da “Tutto il Tour, 1952”.
Questo invece ha tutta l’aria di essere un gettone pubblicitario… – Da “Lo Sport Illustrato, 1952”.
…e infatti il numero successivo della stessa pubblicazione lo conferma. Da “Lo Sport Illustrato, 1952”.
All’indomani del successo iridato di Lugano un reportage a Casa Coppi a Novi Ligure – Da “Lo Sport Illustrato, 1953”.
Succo di ravanelli e bistecche “di grosso calibro” nella dieta del campione, che – precisa – «non fuma e non beve». E non era cosa scontata per i corridori del tempo…. Da “Lo Sport Illustrato, 1953”.
La gestione degli sforzi
L’efficienza di un grande campione passa anche per il più stretto controllo medico e per “punture ricostituenti ogni giorno”. È quanto scritto su “Il romanzo di Coppi, 1953”.
Lo Speciale de “La Gazzetta dello Sport” sul “Tour” del 1952
Approfondimenti sulla dieta seguita durante il vittorioso “Tour” del 1952: probabilmente un regime che stride con le regole della scienza dell’alimentazione moderna. Ma tant’è, Coppi ci vinse comunque il Giro di Francia. – Da “Il romanzo di Coppi, 1953”.
Un’immagine dalla stanza d’albergo di Coppi al Tour del 1952. Il curioso “turbante” – crediamo” – poteva essere bagnato d’acqua fresca, per aiutare l’atleta a smaltire i grandi sforzi nelle giornate calde; più o meno come fanno alcuni atleti oggi con i “bagni di ghiaccio”. Da “Tutto il Tour, 1952”.
A rigenerare dopo una torrida tappa del Tour de France può essere anche un fresco pediluvio. – Da “Miroir Sprint, 1949”.
Maurizio Coccia