Il ciclismo è ancora oggi uno sport estremamente maschilista. Lo è sotto ogni aspetto: dal pubblico che snobba le corse femminili, alle aziende che quasi sempre si rivolgono al pubblico maschile, fino ad arrivare all’allenamento e preparazione, dove quasi sempre team ed addetti ai lavori adattano sistemi pensati per maschi senza mai elaborare una tabella di marcia specifica per donne. Ed invece l’allenamento delle cicliste femminile non deve essere una semplice copia di quello che fanno i colleghi maschi.
La primissima considerazione che dobbiamo fare è che ci troviamo di fronte ad atleti con meno forza fisica data da una fisiologica differenza ormonale. Se nell’uomo la presenza di testosterone è sinonimo di forza, nelle donne gli estrogeni non lavorano assolutamente in questo senso, tanto da far riscontrare in alcuni casi donne che avevano più forza a 12 anni che non a 18. Per questo motivo la donna deve lavorare in modo molto più pesante e continuativo sul proprio punto debole, ovvero la forza.
Questo non vuol dire che le donne devono uscire in bici con rapporti durissimi, ma semplicemente che devono lavorarci in modo specifico con ripetute in salita – le classiche SFR, Salita Forza Resistente – e con progressioni studiate a rapporto lungo. Questo tipo di allenamento spesso viene evitato da alcuni tecnici e allenatori perché si pensa di non andare a forzare sulle donne come sugli uomini. Sbagliatissimo: non solo le donne devono allenarsi sulla forza, ma se negli uomini si mantiene una cadenza settimanale sull’uscita specifica dedicata alla forza, nelle donne si dovrebbe lavorarci bi-settimanalmente.
Detto questo, la parabola della potenza di una ciclista deve essere colmata in parte da una superiore agilità rispetto all’uomo. Ovvero: l’allenamento deve prendere molto in considerazione la forza per colmare un punto debole, ma la resa in gara deve essere data da un alto ritmo di pedalata, anche superiore a quello dei colleghi maschi, perché anche questo va a colmare la lacuna di forza. La potenza è il risultato di forza moltiplicato per velocità, e se il primo dato è più basso dovremmo cercare di moltiplicarlo per una maggiore velocità. Eppure quello che si vede in giro è quasi sempre l’opposto: donne che spingono rapporti duri con numero di pedalate basso, invece di sfruttare la propria agilità. Il ritmo di pedalata invece dovrebbe essere sempre superiore – o almeno pari in salita – alle 100 pedalate al minuto.
Un ultimo accenno alla resistenza, che spesso viene considerata inferiore nelle donne. Questo non è assolutamente vero. I percorsi delle gare sono più corti rispetto a quelli del ciclismo maschile perché si tiene conto comunque di un insieme di fattori quali un tempo di percorrenza più lungo ed una partecipazione meno massiccia, con elementi spesso non tutti al top della preparazione. In realtà le donne possono stare le stesse ore in sella degli uomini, e anzi magari avere qualcosa in più nella lunga durata.
Stefano Boggia (www.daccordistore.it)