9 ott 2019 – All’inizio il manubrio lo stringi piano. Ne riconosci la forma, indovini i pedali con la gabbietta da infilare al primo colpo. C’è la strada da guardare per tuffarsi nel nero. L’Eroica parte dal buio che attrae in un inverso che sa di vita. Non vedi l’ora di scivolare via, perché dopo i sorrisi e i saluti c’è la strada che scodinzola verso il Chianti e la prima salita.
Gli eventi di successo come questo, nella prima domenica di ottobre, sono fatti di stati d’animo, l’euforia del via diventa pensiero, perché arriva il momento in cui si pedala in silenzio ad ascoltarsi e a sentire la fatica, per dosarla, accarezzarla e non farla ribellare. Si chiama rievocazione, le sensazioni diventano esattamente quelle, quando vedi ondeggiare la ruota e i pantaloncini di lana di chi insegui.
Ti accorgi di essere diventato in bianco e nero. La salita ha i lumini gialli ma le luci led, moderne, sottraggono i colori. È uno dei miracoli che capitano la notte, partendo prima dell’alba per cercare, almeno, di anticipare il tramonto se la strada è la più lunga di tutte.
A mettere la sveglia ancora prima sono stati quelli con le biciclette più d’epoca che mai e più eroici, se possibile. Idea fantastica e un po’ folle che vuole pedalare su biciclette dei primi del ‘900 per tutti i 209 chilometri del percorso lungo. Roba che a ogni salita ti devi fermare a girare la ruota posteriore per cambiare rapporto. Ci vuole pazienza ad accompagnare quelle vecchie, eleganti signore dal portamento più lento. A loro la concessione, ormai ufficiale, di partire alle 4.30, almeno per fare la prima salita (e soprattutto la prima discesa) da soli, senza il clamore che si accalca mezz’ora dopo, nel momento del via ufficiale.
All’Eroica, quest’anno, c’era un percorso che ha attratto molti ciclisti. Un omaggio a Felice Gimondi, che dopo quella partecipazione, finita nella polvere in cui si maledisse, aveva promesso la rivincita. E allora c’era Felice Gimondi, ancora una volta, sul percorso. Era tutti quelli in maglia Salvarani, affianco ai Coppi in maglia Bianchi, ai Bartali della Legnano. Un confronto impossibile che si vede solo qui. Li vedi passare e ci pensi come sarebbe stato. E da dietro vedi già arrivare Anquetil e Pantani.
Su quel percorso da 106 c’è stata anche una sfida di coraggio. Salite spesso cattivissime, in parecchi hanno messo il piede a terra e discese ancora peggiori, dove i freni non bastano e quando cerchi di rallentare c’è la mano di un gigante che ti spinge ancora più forte, la strada scompare per la pendenza e la bicicletta diventa una belva che scappa in giù e sembra impossibile da guidare. I freni diventano disperazione e maledizione, finiscono per disarcionare. Tante maglie strappate e graffi impolverati lungo la via.
In pianura torna la quiete, il tempo di uno scherzo, poi si ricomincia. È tutto concentrato e compresso che ci vuole qualche giorno per rileggere quelle ore con calma. C’era un papà ciclista che è diventato bambino correndo dietro al suo che diventava ciclista. Biciclettina d’epoca ed entusiasmo alle stelle. Un gelato da offrire per mano del Brocci.
L’Eroica è dei giovani. Chi dice sia cosa per vecchi l’ha vista solo da lontano. Ci sono coppie nate qui, incontrati per strada e poi insieme oltre il traguardo di Gaiole in Chianti. Ci sono gli amici che si ritrovano e si riconoscono anche se non si sono mai visti né sentiti, bici simili e stessa polvere a fare somiglianza.
Il resto lo fanno i chilometri e le ore di strada. Stanchi? Stravolti? Anche, soprattutto felici. Sono quelli che ci hanno messo di più per non far finire mai la loro giornata in bicicletta. Partiti per un viaggio con la scusa dell’Eroica, alla fine gli hanno dovuto dire di sbrigarsi ai ristori dove si attardavano volentieri.
Di tutto e di più per una manifestazione che continua a crescere, anche nel numero limitato che ogni anno si allarga per fare spazio ad altri ciclisti. Quest’anno si è arrivati a superare gli ottomila. Sarebbero stati fantascienza qualche anno fa e invece a Gaiole in Chianti c’è stato un miracolo organizzativo per trovare nuovi parcheggi e altri spazi. Poi, certo, il paese è lì e in certi momenti, al sabato, era come San Pietro all’Angelus e al momento di andare via il traffico nei parcheggi ha riportato tutti i ciclisti subito al presente. Eroici dei tempi moderni che portano via un po’ di polvere intrisa nelle maglie e si salutano in autogrill, felici di trovarsi ancora per un po’.
Adesso altri 364 giorni davanti. Anzi, 365. Mannaggia all’anno bisestile.
Guido P. Rubino