19 set 2016 – Si è tolto la maglia iridata solo per un giorno, il tempo di vincere il Campionato Europeo, e poi si rimetterà l’iride sopra la nuova maglia che, da quest’anno, sarà appannaggio anche dei corridori professionisti. Peter Sagan ha vinto un’altra corsa importante, in volata stavolta, contro avversari forti ai quali non ha lasciato scampo nei metri finali del percorso di Plumelec, in Bretagna.
C’era bisogno di un Campionato Europeo? E perché no? A vederli correre, leggendone le maglie e le nazioni, veniva da pensare ad un mondiale storico, quando le partecipazioni extra Europee erano note di colore che si esaurivano nei primi giri di corsa. Al di là di qualche amarcord è un campionato in più che fa girare la squadra italiana in un evento importante (bravo il nostro Ulissi, nono al traguardo).
Un oggetto strano, al momento, questo europeo, che acquisterà interesse sempre di più. A dire il vero un evento anche poco visto mediaticamente e di cui si era parlato decisamente poco nei giorni di vigilia, tant’è che molti si chiedevano ancora cosa fosse questo evento finché non sono capitati per caso sulla notizia, facendo “zapping” in tv e su internet.
Una volta si correva ancora di più con le squadre nazionali, Giro e Tour compresi e il pubblico ne era catturato. Ma c’era un’altra visibilità per il ciclismo (pensiamo in Italia, ovviamente).
Dovremmo accorgercene anche ora. In fondo il nostro piccolo mondiale sembra una buona idea. E pure se non ha brillato per tantissimo pubblico (c’è da dire che si è corso in un clima quasi militarizzato, con soldati ovunque e controlli continui – si sarebbe dovuto correre a Nizza, per intederci), andrà probabilmente a superare, come gente sulle strade (ma anche come interesse altimetrico), il prossimo Campionato del Mondo a Doha, in Qatar.
RC