9 ago 2016 – Bell’intervento ai Silvio Martinello, ex ciclista e pistard ed ora commentatore tecnico della Rai, sulle due corse su strada disputate sabato e domenica. Il suo punto della situazione è molto interessante ed anche una bella lettura. E un applauso per la parte finale:
Oggi con il ciclismo siamo in pausa a Rio, dopo aver seguito l’allenamento al velodromo dei nostri ragazzi e ragazze, ne approfitto per approfondire alcuni ragionamenti inerenti alle prove su strada di sabato e domenica. Come detto in telecronaca, abbiamo assistito a 2 bellissime prove, tecnicamente valide e spettacolari, che hanno offerto spunti molto interessanti.
La prova maschile ha riconciliato molti Italiani con il ciclismo dopo la magra figura rimediata al Tour de France. Gli Azzurri hanno corso come dovevano, imponendo la loro tattica, mix di forza, fantasia e cuore. Quando i nostri corrono in questo modo diventano irresistibili, vedere lo spirito di gruppo, l’attaccamento alla maglia, la volontà di sacrificarsi per la causa comune è un qualcosa che unisce tutti, sia i cultori e amanti del ciclismo, sia i denigratori ed i palati “delicati”, che nonostante non abbiano nemmeno la lontana percezione di cosa voglia dire poggiare il posteriore su un sellino, commentano con il piglio di quello che la sa lunga. Non era un appuntamento semplice da gestire, le attese erano molte e le pressioni pure, l’Oro di Vincenzo Nibali veniva dato quasi sicuro (di ciò mi sono sempre stupito, perché questa sicurezza trapelava proprio dagli ambienti dove sarebbe più opportuno regnasse la prudenza). La nuova gestione tecnica di Davide Cassani dal punto di vista dei risultati non è stata finora baciata dalla fortuna. Le attenuanti ci sono, riconducibili al fatto che i percorsi sui quali si sono svolte le rassegne iridate da quando ha in pugno le redini della Nazionale, non siano stati particolarmente adatti alle caratteristiche tecniche delle punte del nostro movimento, e non lo sarà nemmeno la prossima in Qatar. La mancanza di risultati da parte della Nazionale da diverse stagioni ormai, ha contribuito ad amplificare le pressioni per la prova Olimpica, che invece proponeva un percorso adattissimo alle caratteristiche dei nostri, e sul quale Vincenzo Nibali, leader del nostro movimento, avrebbe potuto esprimere tutto il suo potenziale. Le eccessive attenzioni mediatiche non hanno comunque compromesso la performance dei nostri, almeno dei 4/5 della Squadra, bisogna pur riconoscere francamente che Diego Rosa non è esistito! L’atteggiamento è stato responsabilmente determinato, la fantasia non è mancata. L’attacco in discesa del tandem Nibali/Aru al penultimo passaggio su Vista Chinesa, per portarsi prontamente sul gruppo con Caruso, pronto ad aspettarli ed a sacrificarsi per incrementare il vantaggio in vista dell’ultima durissima scalata, è stata un azione da manuale. Tutto si è svolto nella lunga attesa della stoccata finale e decisiva di Vincenzo Nibali, che da fuoriclasse non ha tradito. L’attacco c’è stato, la selezione pure, sull’ultimo GPM sono scollinati in 2 insieme a Nibali, 2 con i quali se la sarebbe giocata, come lui poco dotati di spunto veloce. Ma giustamente ha provato a forzare in discesa, per tentare di andarsene solo, con alcuni “cagnacci” alle calcagna, vicinissimi. Tra questi Van Avermaet e Alaphilippe, indiavolato, uscito fortissimo alla distanza. Ci ha provato Vincenzo, è andata male. E’ stata una doccia fredda, l’esaltazione che anche in telecronaca stava montando si è immediatamente sopita. All’uscita da quella maledetta curva sulla sinistra, dove al giro precedente Richie Porte e Nelson Oliveira anch’essi erano scivolati, il destino ha deciso di attendere anche Vincenzo Nibali e Sergio Henao impegnato a non farsi staccare dal capitano della formazione Azzurra.
Lo sport può essere crudele, ti dà e ti toglie. Se pensiamo al 2016 di Vincenzo Nibali, non possiamo dimenticare il 27 maggio scorso, era in programma la Pinerolo Risoul, si scalava il Colle dell’Agnello, Nibali all’attacco negli ultimi Km di salita, con lui Chaves e Kruijswijk, saldamente in Maglia Rosa. Inizia la discesa con Vincenzo Nibali sempre all’attacco, Steven Kruijswijk nel tentativo di tenere il ritmo, sbaglia una curva sulla sinistra, cade rovinosamente andando a sbattere contro la montagna di ghiaccio accumulata sul lato destro. Quel giorno il destino decise che i sogni di gloria del solido Olandese dovessero restare sul quel cumulo di ghiaccio, mettendo le ali a Vincenzo Nibali, in difficoltà fino ad allora, regalandogli per il modo in cui è stato ottenuto, a mio avviso il successo più spettacolare della sua carriera. Mi direte che il Tour 2014 vale di più? Dal punto di vista del prestigio senza dubbio, ma fu una cavalcata trionfale quella, con Vincenzo che lottava solo contro se stesso, nettamente superiore alla concorrenza. Il Giro 2016 per come è arrivato, è stata un’emozione indescrivibile, per noi che l’abbiamo raccontato, per lui che l’ha vissuto, e per i milioni di Italiani che hanno gioito e si sono emozionati stringendosi intorno al proprio Campione. Doveva essere una passeggiata il Giro 2016, sembrava destinato invece a diventare un incubo, un brutto incubo, dal quale Vincenzo è riuscito a svegliarsi, aiutato dal destino beffardo con Steven, lo stesso destino che a Rio si è fatto beffa di lui. Non credo che senza la caduta sarebbe stata una passeggiata raggiungere il traguardo di Copacabana, dietro Van Avermaet avrebbe fatto il diavolo a 4 per provare a rientrare, e poi ci sarebbero stati Henao e Majka da battere nel caso. Non era scontato l’Oro, nulla è scontato nel ciclismo, nulla è conquistato fino a quando non si supera per primi la linea del traguardo. Però il destino ha preferito non correre rischi, ha preferito riprendersi quanto aveva distribuito il 27 maggio del 2016 ad oltre 2500 metri di quota. Cosa dobbiamo trarre da tutto ciò? Semplice, voltare pagina e guardare avanti. Applaudire un nuovo Campione Olimpico che ha meritato il successo, con una condotta di gara generosa, in un percorso dove ha dovuto sudare e lottare, lui che scalatore non è, per rimanere a galla, anticipando ad oltre 50 km dal traguardo l’azione degli uomini più dotati di lui in salita, cogliendo lo spunto dell’attacco di Caruso, collaborando nella fuga e cacciando come un leone fa con la gazzella l’esausto Majka, ripreso con la collaborazione di Fuglsang a soli 1500 mt dal traguardo. Il ciclismo ha un Campione Olimpico di altissimo spessore, che saprà onorare il prestigioso titolo conquistato.
Il giorno successivo è toccato alle fantastiche ragazze Azzurre, che anche in questa occasione non hanno deluso, correndo da Squadra, lottando e soffrendo, cercando di imporre la propria tattica, al cospetto di formazioni, su tutte Olanda e Stati Uniti, forti di autentiche fuoriclasse che hanno scritto la storia del ciclismo femminile. Anche qui il destino ha giocato in modo crudele con alcune principali protagoniste della prova. Con l’Olandese Van Vleuten, sola al comando, che sbaglia ingenuamente l’ultima curva della discesa sulla quale si sono infranti i suoi sogni di gloria, e cade rovinosamente con conseguenze per ora inimmaginabili. Con la Statunitense Mara Abbott, che invece era scesa con eccessiva ma opportuna prudenza dalla collina di Vista Chinesa, dopo averla scalata come se avesse le ali ai piedi, accumulando un ritardo tale che non le avrebbe più consentito di recuperare, e che sembrava invece, grazie al destino ostile alla Van Vleuten, lanciata verso l’inatteso appuntamento con la Gloria Eterna che solo un Oro Olimpico ti regala. Però il destino non aveva finito di giocare. Ha deciso di svegliare dal sogno la Abbott, facendola precipitare in un incubo a soli 150 metri dal traguardo, 150 metri che Mara Abbott ricorderà per tutta la vita, che si materializzeranno quotidianamente davanti a lei per chissà quanto tempo. A chi aveva dato in mano le carte il destino? Alla nostra Elisa Longo Borghini, che pedalava insieme a 2 fuoriclasse assolute come Anne Van der Breggen e Emma Johansson, con 4 affamate rivali a pochi secondi dietro, tra cui la campionessa del mondo Lizzie Armitstead. A 1000 metri dal traguardo Elisa ha in pochi attimi realizzato che se non avesse raggiunto la Abbott non avrebbe probabilmente conquistato una medaglia, considerato lo spunto veloce di Anne e di Emma, e così ha giocato l’ultima carta a disposizione, quella che il destino aveva deciso di prestarle per l’occasione, e che beffardamente se ne stava a guardare se avesse avuto il coraggio di giocarla. Purtroppo per Mara, Elisa ha avuto la lucidità ed il coraggio di capire che era il momento di calare quella carta, e che questo coraggio sarebbe stato premiato con la medaglia di bronzo, che ai Giochi vale, eccome se vale.
Da queste due fantastiche giornate di ciclismo Olimpico cosa possiamo trarre? Che il ciclismo è lo sport più bello del mondo, che possiamo continuare a parafrasarlo come metafora perfetta della vita. Come la vita, tutti i santi giorni ti impone di lottare e soprattutto di non arrenderti, mai! Che quando si cade bisogna rialzarsi il prima possibile, e quando sei convinto di non potercela più fare, devi insistere ancora, chi sta lottando come te è anche lui al limite, e quell’ultimo sforzo potrebbe aprirti orizzonti impensabili.
Possiamo essere fieri dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze, hanno onorato la Maglia Azzurra, hanno onorato il nostro fantastico e spesso bistrattato Paese, ci hanno permesso di sentirci più fieri e più orgogliosi di essere Italiani. Grazie, e in bocca al lupo di un veloce rientro ai feriti coinvolti nelle cadute.
Redazione Cyclinside