8 ott 2019 – C’è un’immagine che racconta la Tre Valli Varesine di oggi. È quella di Luis Leon Sanchez che, dopo il traguardo, arriva verso un massaggiatore.
Si è avvicinato da dietro e lo ha “tamponato” col manubrio, sullo zaino in cui i massaggiatori portano le cose di prima necessità per i corridori che arrivano stanchi (abbigliamento per coprirsi, qualche bibita). Un sorriso del massaggiatore e un ammiccamento del corridore, evidentemente amici anche se di squadre diverse. Come a dire: oh, a momenti li metto tutti nel sacco.
Sanchez ci sorride su, sa di essere un “quasi graziato”. Con quell’errore di percorso disgraziato il gruppo dei suoi inseguitori, quando era da solo al comando, gli ha regalato un’altra ventina di secondi di margine al suo scatto velleitario. È andata così. Avesse vinto si poteva parlare di corsa falsata da un errore, ma pure sempre di vittoria (non si sarebbe certo potuto dare colpa a Sanchez di quella fortuna insperata). Invece non ce l’ha fatta lo stesso. Per poco, per molto. Roglic aveva messo tutti nel mirino e lo scatto finale è stata la dimostrazione finale che aveva fatto i conti per bene, errore o non per Sanchez non ci sarebbe stato comunque niente da fare: lo avrebbero ripreso.
Ci resta quello sguardo quasi beffardo di un corridore che, dopo quasi 200 chilometri di corsa e dopo tanta fatica, sorride all’occasione mancata. Ci si è messo anche un motociclista distratto che lo ha quasi sbattuto su un muro. I professionisti, in queste occasioni, sono da prendere da esempio. Fosse stata una corsa amatoriale chissà come sarebbe stato sopra le righe. Invece è andata così, inutile prendersela.
Bartali avrebbe detto che così non va, che sarebbe tutto da rifare.
Alla fine Roglic ha messo d’accordo tutti e salvato pure l’organizzazione da una magra figura su cui sarà il caso di meditare.
Guido P. Rubino