Quante soluzioni tecniche moderne in questa Parigi Roubaix. Idee permesse dalla tecnologia ma anche soluzioni più classiche. Abbiamo avuto modo di sottolinearlo: la Parigi Roubaix è la più antica delle classiche ma, in definitiva, è quella che stimola di più la ricerca tecnologica sulle biciclette.
E alla fine ci piace anche per questo.
Vediamo un po’ di soluzioni viste quest’anno:
1 – Ammortizzatori
Sono il cruccio dei costruttori che pensano alle biciclette fatte per la Parigi Roubaix. Il pavé, alla fine, fa la selezione ed è impossibile non tenerne conto. Quando si provarono ammortizzatori da mountain bike, però, le biciclette diventavano troppo pesanti (cosa che potrebbe anche essere sopportata in una gara senza salite come la Roubaix) e perdevano in rigidità e su questo non si poteva sorvolare. Oggi, invece, le soluzioni tecniche permettono di ridurre le vibrazioni senza sacrificare la reattività del telaio. Addirittura c’è chi, come Pinarello, ha dotato le biciclette di una sistema di sospensioni controllate elettronicamente.
2 – Ruote
Sul pavé, tecnicamente, le ruote ad alto profilo non hanno senso. Sono molto rigide e quindi offrono meno garanzia di tenuta. Da una nostra osservazione diretta avevamo documentato come le ruote ad alto profilo fossero molto più soggette a sobbalzi (avevamo fatto tante fotografie con le ruote letteralmente staccate dal suolo). Quindi ruote a basso profilo? Sì, no, forse. Alcuni corridori le hanno scelte altri, semplicemente, hanno fatto un conto diretto: alla fine nella corsa di oltre 250 chilometri sono quasi più di 200 quelli percorsi su strada asfaltata. Quindi hanno scelto le ruote ad alto profilo contando di guadagnare più sull’asfalto di quanto non si perda sul pavé.
3 – Pressione e misura delle gomme
A quanto gonfiare le coperture? Questo dato è direttamente correlato alle caratteristiche delle ruote e alla sezione delle gomme. Alla Roubaix mediamente si sta su sezioni da 28 o 30 millimetri. Pochi o nessuno scelgono coperture da 25 millimetri. Con sezioni maggiori si possono ridurre le pressioni e scendere anche attorno alle 5 atmosfere. La pressione viene anche regolata anche considerando quanto una copertura perda durante l’utilizzo. Si può partire con un’atmosfera in più visto quanto è lontano il primo settore di pavé. Nessuno, per ora, ha pensato a una sostituzione di bicicletta tra prima e seconda parte di corsa. A frenare questa tattica è soprattutto la difficoltà di farsi raggiungere dalla propria ammiraglia: si rischierebbe di perdere davvero troppo tempo.
4 – Tubeless
Larga sezione e pressione bassa farebbero pensare ideali le coperture tubeless. Alla Roubaix 2019 è Kristoff a provare questa soluzione. Il senso c’è eccome. Con le coperture tubeless è più difficile pizzicare perché non c’è una camera d’aria sottile, ma per pizzicare si deve proprio spaccare il copertone, quindi è più difficile (anche se non impossibile).
5 – Freni a disco
Quest’anno sembra esserci decisamente un’inversione di tendenza sui freni a disco: sono sempre di più a usarli e in una gara come la Parigi Roubaix sarebbero ideali, sia in condizioni di bagnato (ancora di più) che di asciutto. La polvere può ridurre l’efficacia dei pattini e danneggiare seriamente i cerchi in fibra di carbonio. Anche se per i corridori questo non è un problema la bicicletta ne risulta, comunque, meno stressata e non si rischia di trovarsi in rotture improvvise.
A osservare i corridori in gara c’è da dire che la maggioranza alla Roubaix siano partiti proprio con questa soluzione. Curioso come con i freni tradizionali siano, tra gli altri, quelli della UAE Emirates dotati di biciclette Colnago. Fu proprio l’artigiano italiano a proporre questa tipologia di freni in tempi quasi non sospetti. Conoscendolo avrà storto la bocca e alzato il telefono.
6 – Doppi comandi
L’elettronica aiuta, l’idraulica punisce. Si potrebbe riassumere così la situazione tecnica delle biciclette di oggi o almeno di quelle che abbiamo visto alla Roubaix. Grazie ai sistemi elettronici molti corridori hanno potuto montare i comandi aggiuntivi per cambio e deragliatore. Non essendoci fili meccanici, con l’impianto elettrico è facile aggiungere un pulsante in più. C’è chi lo mette nella parte alta del manubrio, vicino all’attacco, chi sulla curva manubrio, nella zona dove si fissano le manopole dei freni. Un modo per cambiare senza problemi nella posizione che dà più sicurezza e senza togliere le mani dal manubrio magari in un momento complicato sulle pietre. Non poco.
Per contro, proprio questa maneggevolezza, non è dei sistemi idraulici. Chi usa i sistemi a disco idraulici si deve “accontentare” delle leve freno tradizionali. Altrimenti si deve andare sui normali caliper, meccanici, per poter mettere la leva aggiuntiva in posizione alta. Potrebbe essere questo il motivo della scelta di Van Aert, ma va pure detto che la sua squadra è una evidentemente delle più restie a utilizzare i dischi (pur avendo a disposizione i telai in entrambe le opzioni).
7 – Sella
Sembrerà strano, da fuori, ma la sella è forse l’elemento meno toccato quando si parla di Parigi Roubaix. Qualcuno ha provato soluzioni con pantaloncini dotati di imbottitura diversa, ma la sella rimane quella preferita dal corridore e non si cambia. Non avrebbe neppure senso perché si andrebbe a incidere sulla tipologia di appoggi. Al più c’è chi la abbassa un po’ e la arretra rispetto alla posizione tradizionale. Un modo per mantenere la stessa distensione della gamba ma pedalando in maniera più comoda. Poi c’è la capacità di assorbire le vibrazioni del reggisella (come nella nuova Roubaix di Specialized che, tra l’altro, era la bicicletta utilizzata da Gilbert che ha vinto la corsa).
8 – Manubrio
Doppio nastro manubrio e imbottiture da posizionare nei punti di maggiore contatto: sono le soluzioni classiche. Ma i manubri, intanto, sono cambiati. La fibra di carbonio è il materiale che, più di tutti, si può plasmare con le caratteristiche che si vogliono. Può assorbire le vibrazioni e assumere forme diverse senza doversi complicare con pesi eccessivi o rigidità esagerate (pensate a quanto erano rigidi alcuni manubri aerodinamici in alluminio, ad esempio).
I manubri moderni, oltre che nelle caratteristiche del materiale, variavano pure nelle geometrie. Alla Roubaix abbiamo visto diversi corridori con la piega più aperta nella parte inferiore, roba da gravel quasi e infatti le biciclette della Roubaix, quelle che abbiamo definito come softail, sono molto vicine alla tipologia gravel.
9 – Rapporti
Ecco, se c’è una corsa in cui la rincorsa all’aumento dei rapporti non serve è proprio la Parigi Roubaix. Pazienza: i corridori partono comunque con scale da 11 e 12 rapporti, però lavorano sulla guarnitura anteriore che vede due moltipliche molto più vicine tra loro. Si parte col 53 ma come moltiplica inferiore spesso c’è un 47 o giù di lì. Di meno, in effetti, non serve proprio qui.
10 – Gruppi elettronici
Fino a qualche anno fa erano il fumo negli occhi: polvere e fango terrorizzavano (letteralmente) molti corridori rispetto ai gruppi elettronici. Oggi sono scelti dalla maggior parte di loro e con il cambio meccanico ci corrono in pochi. Questione di gusti ma anche di funzionalità ormai acquisite e anche perfezionate. Non si scaricano, funzionano bene anche in condizioni meteo difficili e così via. Qualcuno ha combattuto un po’ con le vibrazioni, che a volte innescavano cambiate indesiderate, ma ormai anche a questo si è trovato rimedio. E sono tutti concordi sull’affidabilità.
Redazione Cyclinside
Riguardo al punto 5, l’utilizzo alla Roubaix dei freni a disco, ed in particolare al mancato impiego da parte della UAE, ritengo che il problema non sia Colnago ma bensì Campagnolo. Mi spiego meglio. Osservando le squadre che montano Campy, nessuna di esse ha mai provato in gara la versione disc, a differenza di Shimano e anche di Sram. La mia deduzione è che Campagnolo sia in netto ritardo rispetto ai concorrenti, e che il funzionamento idraulico dei suoi sistemi non sia all’altezza. Io non ho esperienza diretta , ho solo letto molte recensione che ne parlano anche bene, ma dalle dinamiche che vedo in gruppo penso proprio che i prof non li apprezzino molto. Sarebbe interessante un commento di Guido che sicuramente ha provato i sistemi frenanti di tutti i marchi citati.
Ciao Giandomenico,
ho avuto modo di provare a più riprese i freni a disco Campagnolo ma, al di là del mio parere modesto (ovviamente sono risultati perfetti, ma non posso dire di aver fatto un test di lunga durata) va registrato il parere di chi li ha provati a lungo, tra cui Alessandro Ballan e altri ex professionisti che collaborano con marchi diversi – mi viene in mente Giuseppe Guerini, ad esempio. Tutti molto soddisfatti anche sul lungo periodo.
Non direi che ci sia un discorso di poca affidabilità, piuttosto vedo che Campagnolo ha politiche diverse sui freni a disco. Li hanno fatti (peraltro appoggiandosi a un produttore già di lunga esperienza sui sistemi idraulici) e li hanno immessi sul mercato ma senza spingerli sui professionisti che, probabilmente tradizionalmente, sono rimasti ai freni caliper. Il lavoro di convinzione, mi sono convinto, è da fare sui meccanici (ne abbiamo parlato su Cyclinside). Una volta appurato che non fanno perdere più tempo e acquisiti gli automatismi di intervento non ci sono problemi e infatti, anche altrove, ho visto parecchi meccanici pro’ convinti (anche quelli scettici al primo momento).