30 gen 2020 – Cannondale Topstone Carbon: ancora lei? Sì, proprio così: dopo averne parlato sia in occasione della presentazione ufficiale avvenuta lo scorso anno, dopo averla recensita in versione stradistica lo scorso mese, torniamo su questa full carbon della linea Cannondale per dimostrare quanto versatile sia questa bici della Casa Usa, e in genere quanto eclettiche possano essere le bici “gravel”, le stesse che alcuni continuano – a torto – a reputare come una semplice moda.
Il set up che abbiamo utilizzato questa volta è esclusivo, nel senso che non appartiene agli allestimenti di serie previsti dal produttore: è un allestimento che declina al meglio lo spirito della Topstone Carbon, visto che abbiamo sostituito gruppo e coperture con cui esce di serie la versione che ci è pervenuta in redazione qualche mese fa con della componentistica decisamente più gravel e “adventure”.
Come l’abbiamo montata
Allo Shimano Ultegra 2×11 con cui questa Topstone Carbon esce di serie abbiamo sostituito un reparto trasmissione Grx quasi al completo, ovvero il gruppo che Shimano ha introdotto lo scorso anno, pensato prevalentemente (ma non esclusivamente) per il gravel biking. In particolare abbiamo montato un reparto Grx di classe 600, che nella piattaforma prodotto è secondo alla versione elettronica di classe 810). Alle impressioni su questo reparto dedicheremo uno spazio apposito a breve; qui è importante segnalare che gli standard dimensionali della scatola movimento della Topstone Carbon (con struttura asimmetrica che serve una pedaliera ad hoc) non ci hanno consentito di montare la guarnitura del gruppo Grx, che dunque abbiamo degnamente rimpiazzato con un corona singola da 40 denti della Cannondale, montata sulla pedaliera di serie della Topstone Carbon e accoppiata ad una scala 11-40 alla ruota posteriore.
A proposito di ruote: dalle Schwalbe One da 30 mm utilizzate per provare questa gravel su asfalto siamo passati a più generose ed artigliate Schwalbe G-One Ultrabite da 38c (1.5”), coperture che Schwalbe dedica espressamente al gravel biking, con un’impronta caratterizzata da piccioli e fitti tasselli in grado di ben figurare sia sui fondi asciutti, su quelli bagnati e sia sul fango. Le G-One Ultrabite hanno una sezione ampia, che è entrata bene su un telaio capace di gomme dalla sezione maggiore (addirittura fino alla 40 mm utilizzando ruote da 28”).
Il peso complessivo della bici così montata ha fatto segnare 8.8 chilogrammi, ossia solo 4 etti in più rispetto alla configurazione stradistica della Topstone Carbon che avevamo provato lo scorso mese. L’aggravio di peso indotto dalle coperture artigliate (circa 400 grammi) è infatti stato compensato bene dal risparmio (circa 200 grammi) connesso all’impiego di una corona singola al posto della doppia e all’abolizione del deragliatore.
Assetto ed accessori
Dai componenti passiamo all’assetto e agli accessori: nel primo caso, per rendere più consona la guida all’uso gravel, abbiamo prima di tutto portato più in alto la curva manubrio, serrando l’attacco sin quasi alla sommità del cannotto sterzo. In questo modo abbiamo ottenuto una stazione più eretta, più consona al fuoristrada e alle discese con pendenze elevate; per la stessa ragione abbiamo inoltre orientato un poco di più la curva manubrio in senso antiorario, sia per trovare un po’ più in alto il sostegno dei comandi cambio, sia per offrire un appoggio più comodo ai palmi; ancora, per avere maggiore controllo rispetto alle insidie del fondo in fuoristrada, abbiamo portato la sella un poco più avanti, in modo da facilitare quegli avanzamenti/arretramenti del peso corporeo che in fuoristrada servono a risolvere eventuali e improvvise perdite di aderenza. Sono adattamenti, questi, che noi abbiamo messo in pratica sul questa Topstone Carbon sotto i riflettori, ma che sono estensivamente validi per tutta la guida off road.
Infine gli accessori: dopo aver provato per qualche uscita la Topstone Carbon in versione “nuda”, per rendere questo modello ancor più votato all’avventura ci abbiamo montato un set di tre validi articoli da bikepacking della tedesca Ortlieb, in particolare la borsa da manubrio Accessory-Pack, la borsa su telaio Frame-Pack e la borsa sotto sella Seat-Pack 11 L. Si tratta di borse capienti, impermeabili e che soprattutto sono pensate per inficiare il meno possibile sullo stile di pedalata, in particolare quando si procede in piedi sui pedali.
Impressioni in prova
Speriamo di non confondervi troppo le idee se ai tanti segmenti che caratterizzano oggi il panorama delle bici da corsa ne andiamo ad aggiungere un altro, oseremmo dire un “sottosegmento”: sì, più che di generica gravel bike questa Topston Carbon la potremmo etichettare meglio “gravel racing”, a ricorda quanto la sua geometria sia direttamente derivata da quei modelli della Cannondale pensati (anche) per la competizione su asfalto. Ci riferiamo in prima istanza alla Synapse, da cui questa Topstone Carbon ricalca – “ammorbidendole” solo un po’ – le quote dell’angolo di sterzo e quelle dello sviluppo del carro posteriore (parametro, questo, fondamentale nel determinare le caratteristiche di guida che avrà una bicicletta).
Tradotto in pratica, anzi, tradotto in fuoristrada, tutto questo genera una guida frizzante, che predispone bene allo scatto e alla variazione di ritmo, ma che come contrappasso impone un po’ di attenzione e padronanza per essere governata, tenuta “a bada”. Proprio le qualità di cui stiamo parlando sono quelle che ci avevano permesso di apprezzare in pieno questo modello nella guida su strada, che è stato un terreno dove qualità la reattività e la prontezza sono emerse subito. A tutto questo si aggiungono i pregi dell’originale sistema di smorzamento delle vibrazione che ruote attorno al punto di infulcro chiamato Kingpin: nella guida in fuoristrada i benefici di questa tecnologia si possono godere ancora di più, in particolare nelle situazioni in cui si transita su buche ampie, su depressioni che diano al carro e al triangolo il tempo per compiere quella che su una vera sospensione sarebbe la fase di compressione e poi quella di ritorno.
Sì, perché quello della Topstone Carbon non è un vero ammortizzatore, ma un sistema elastico insito nella struttura del telaio. Questo soltanto per dire che sugli ostacoli ad alta frequenza non aspettatevi dalla Topstone Carbon capacità di assorbire le vibrazioni assimilabili a quella di una full da mtb (e ci mancherebbe, se cercate caratteristiche del genere la tipologia di bici che vi serve non è certo una gravel). Al contrario, ad assorbire bene le sconnessioni meno profonde ma più frequenti funzionano al egregiamente le coperture Schwalbe G-One Ultrabite da 38 mm che abbiamo montato, loro che con l’accoppiata perfetta con il cerchio ampio delle ruote in carbonio Hollowgram 22 creano un mix in grado di far brillare il comfort , la guidabilità su tutti i tipi di fondo (anche sul fango la tenuta è buona nonostante tasselli piccoli e ravvicinati) e non da ultimo la maneggevolezza e la reattività (merito prima di tutto della leggerezza complessiva di questa coppia). Chiaro è che nella guida gravel fondamentale è indovinare la pressione giusta a cui gonfiare le coperture: in questo senso aumentare o diminuire di solo mezzo bar la pressione di anteriore e posteriore modifica nettamente le caratteristiche di guida del mezzo (questo ovviamente non vale solo in questa fattispecie, ma in genere per tutte le bici, ancor più se si parla di guida in fuoristrada). Dunque, nella guida off road le G-One Ultrabite vanno sicuramente gonfiate sotto i 3.5 bar, altrimenti la bici letteralmente rimbalza sulle sconnessioni: ancora maggiore saranno grip, assorbimento e trazione gonfiando a meno di 3 bar, ma in questo caso sui tratti più scorrevoli la velocità ne risente un po’ troppo, inoltre aumentano le possibilità di offrire le “spalle” a sassi taglienti che potrebbero tagliarle.
Decisamente buona è la guidabilità nelle porzioni di percorso tecniche, anche grazie alla “prontezza” di sterzata di cui dicevamo prima. Una piccola critica in senso gravel la riserviamo invece alla curva manubrio, perché troppo “stradistica”: la forma aerodinamica che la Hollowgram Bar ha nella porzione alta serve a poco nel fuoristrada, così come per avere più manovrabilità nelle situazioni molto tecniche farebbero più comodo due “code” basse di tipo “rise”, ovvero con parti terminali orientate verso l’esterno aperte”.
Qualche nota infine sulle impressioni di guida con gli accessori Ortlieb da bikepacking che abbiamo utilizzato. Sulle tre borse abbiamo caricato un bel po’ di oggetti ed accessori per farci un’uscita di mezza giornata, non certo un grande raid: due giacche antipioggia, una maglia intima di riserva, un copertone di scorta, due camera d’aria, un multiattrezzi, due levagomme, barrette energetiche e ovviamente chiavi di casa e documenti.
Una volta alloggiato tutto questo, di capienza ulteriore le tre borse in oggetto ne hanno lasciata almeno il doppio… Quel che conta ancor di più è che – a parte i due chili e mezzo di peso prodotti che naturalmente non possono non sentirsi in salita – la presenza di tutte queste borse ha penalizzato pochissimo lo stile di pedalata, soprattutto quello fuorisella. Un feeling di guida un po’ diverso è solo quello che si percepisce a causa del peso sulla borsa a manubrio, ma per ovviare al problema basta caricare in quel punto gli accessori più leggeri. Inoltre, se si montano e se poi si alloggiano per bene gli accessori all’interno, le borse non “ballano” affatto e non fanno troppo rumore neanche sui tratti fuoristrada particolarmente ostici. Basta fare qualche chilometro e di avere tutta quella zavorra ci fai presto l’abitudine, quasi non te ne accorgi più.
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Maurizio Coccia