8 ago 2019 – La tragedia occorsa al Giro di Polonia, pochi giorni fa, con la scomparsa tragica di Bjorg Lambrecht ha riportato in alto il discorso relativo alla sicurezza delle gare.
Una ricerca di sicurezza che si vorrebbe assoluta (e di fronte a queste tragedie è difficile pensare all’idea di “compromesso”) e che quindi coinvolgerebbe organizzatori e non solo a più livelli. Anche in maniera trasversale.
In una riflessione interessante, come sempre, Silvio Martinello fa considerazioni importanti: nei tracciati di gara spesso vengono lasciati troppi tratti a rischio e l’accento dell’ex corridore e commentatore tv è posto proprio sull’attenzione che gli organizzatori devono implementare sul percorso.
Certo diventa difficile immaginare una copertura totale dei rischi sule strade, lunghissime, di una gara ciclistica. Se si scende nelle gare di categoria, poi, le cose si complicano ancora di più e la richiesta organizzativa rischia di diventare insostenibile per chi già fa fatica a sostenere gare storiche che rischiano di scomparire.
Sicurezza e gare ciclistiche sembrano un contrappasso irrinunciabile per il fatto stesso che l’agonismo si pratica su strade nate per il traffico automobilistico. Qualcosa si fece per le motociclette, quando ci si rese conto che certe protezioni salvavano le auto ma diventavano assassine per i motociclisti, qualcosa si modificò, troppo poco.
Ora sarebbe il caso, magari, di pensare di pensare di più alle biciclette nella realizzazione di strade che, al di là delle parole, continuano a essere per un solo mezzo e basta. Ne beneficerebbe, ovviamente, anche l’agonismo in bicicletta.
Al Tour – sottolinea ancora Martinello – abbiamo visto zone di arrivo non adeguate per una competizione di quel livello e in più di un’occasioni i corridori hanno sfiorato o impattato con le “solite” braccia protese a impugnare cellulari. Per non parlare dei pericoli continui delle tappe di montagna dove in troppi continuano a correre in mezzo ai corridori. Difficile trovare una soluzione comune e, soprattutto, efficace al 100 per cento.
Doveroso, però, ragionarci anche quando la spinta emotiva della tragedia di Lambrecht sarà passata. I corridori, gli ex corridori, possono essere i primi a dare i consigli giusti: sono quelli che hanno visto da vicino pericoli e potenziali tali.
A piccoli passi si può migliorare molto.
https://www.facebook.com/Sil.Martinello/posts/2347322592181933
RC
Mi pare pericolossissimo sostenere che tutti i punti pericolosi vadano protetti.
Il rischio zero non esiste e mettere in sicurezza nelle gare in linea più di 150 km di strada non è possibile.
Pensiamo a tutti i cartelli stradali, pali semaforici, ecc.
Per non parlare delle bici stesse e dei corridori che si possono urtare.
Diverso è il tema spettatori, conncentrato in genere in punti specifici.
Ed è chiaro chi il primo a non volere incidenti è l’organizzatore, ma se passa il concetto che ogni impatto a bordo strada, se non adeguatamente protetto è colpa dell’organizzatore di questo passo non ci sarà più una corsa.
G.