I Mondiali di pista di quest’anno dovranno essere ricordati per due fattori principali: il primo la conferma (se ce ne fosse stato ancora bisogno) del ritorno fra i big dell’Italia. Non è solo un fenomeno singolo ad essere davanti con i primi, ma è tutta la squadra, in diverse discipline. Il secondo fattore memorabile saranno gli stacchi incredibili della Rai perpetuati a danno delle gare più emozionanti. Se avete seguito, spesso nel momento clou della gara le immagini sono saltate su altri argomenti, come allenamenti di calcio o pubblicità, infischiandosene bellamente della gara del mondiale su pista.
Tralasciando questo aspetto che conosciamo purtroppo tutti molto bene, dobbiamo dire che il lavoro della Federazione di anni e anni sulla pista ha portato i suoi frutti. Quello che è bello vedere è che questi risultati arrivano sia dal settore maschile che dal settore femminile. E sono risultati assoluti e oggettivi, cioè sono vittorie e piazzamenti di prestigio, ma sono anche, tempi alla mano, di tutto rispetto. Segno che il team sta funzionando.
La riscoperta della pista può essere anche un fattore sociale: il traffico sta aumentando e sta aumentando la distrazione di chi guida. Gli incidenti non diminuiscono, e negli ultimi anni siamo arrivati a morti drammatiche di personaggi famosi, come quella di Scarponi o del motociclista Hayden e molti altri incidenti gravi. La pista quindi, assieme al fuoristrada, deve segnare un passo importante nel futuro, perché per la sicurezza di tutti dovremmo avere più gente in pista e più piste a disposizione.
E qui subentrano anche le note dolenti del ciclismo Italiano, perché se andiamo a ben guardare nel complesso il movimento è ancora poverissimo. Tutte le energie e le risorse sono state spese agli altissimi livelli per avere atleti di punta, immagine, medaglie. In realtà però i nostri velodromi sono vuoti. Il numero di persone attratto è ancora pochissimo rispetto a nazioni come il Regno Unito, dove affianco a vari record mondiali degli atleti di punta ci sono migliaia di persone che vanno in pista anche solo per tenersi in forma. Dov’è il problema allora in Italia? Primo c’è un fattore culturale: la pista dovrebbe essere intesa come un percorso dedicato alle biciclette, anche per chi non vuole gareggiare.
Invece da noi la pista è o competizione o niente. Seconda cosa la gestione dei velodromi, spesso veramente carente: quante piste hanno un sito internet aggiornato, con orari delle riunioni e aperture libere agli amatori? Pochissime, e con un grande divario territoriale: le piste che “funzionano” sono quasi tutte la Nord. Terzo fattore sono gli impianti stessi, tutti aperti. Non so se vi rendete conto che mentre ci sono i mondiali su pista qui da noi in Italia le piste sono quasi tutte chiuse per pausa invernale. L’unico velodromo coperto in Italia è Montichiari, con un buco nel tetto da cui piove dentro da anni.
Prendere atto di questa situazione è assolutamente necessario se vogliamo veramente porre delle basi forti al movimento della pista. I risultati della nazionale sono belli e incoraggianti, ma periodicamente abbiamo avuto buone nazionali in grado di portare a casa medaglie, come fu anni fa nel periodo di Collinelli e Bellutti, ma poi tutto si è afflosciato in poco tempo: non c’erano basi. Ora siamo rinati a livello mondiale, e l’obiettivo dichiarato è Tokyo 2020. Ma il vero obiettivo invece dovrebbe essere consolidare le radici della pista, altrimenti rischiamo di ritrovarci fra una decina d’anni punto e a capo. E per radici non intendo solo i giovani, come siamo sempre portati a pensare in Italia, ma a valorizzare tutto il movimento. La pista è l’Olimpo del ciclismo, e deve essere aperta ai ciclisti. Tutti.
Un altro problema rimane quello espresso in questi giorni durante la polemica per l’esclusione di Michele Scartezzini dal quartetto. Tralasciando la polemica in sé stessa per la convocazione, Michele ha detto una cosa tremenda ma purtroppo vera: il suo futuro dopo un argento Mondiale? Se non entra in un gruppo sportivo militare probabilmente smetterà. Perché in questo momento non ci sono sponsor che sostengono gli atleti; stanno nascendo ora le prime squadre che hanno come attività principale la pista ma sono meno delle dita di una mano. In pratica intorno a questa splendida Nazionale che ci fa gioire si crea terra bruciata. Ed è su questo che bisogna lavorare ora, subito, senza perdere tempo. Perché è ora che si decide se la pista decollerà per tutti e se si riuscirà a darle un futuro stabile.
Stefano Boggia
Tutto vero e condivisibile ciò che scrivi, caro Stefano!
Oggi la pista (ri)vive momenti esaltanti, a breve/medio termine porterà ancora soddisfazioni, ma poi?