8 ott 2017 – Alberto Contador ha smesso di correre e ha detto la sua. Con stile però, niente dichiarazione d’effetto come corridori che usciti di scena si aggrappano alla notorietà di denunce che prima si guardavano bene dal fare.
Contador, in fondo, ha detto quel che sempre più amanti del ciclismo pensano: basta con i misuratori di potenza in gara.
E questa affermazione è perfettamente in linea con il suo modo di pensare e anche di correre. Negli ultimi anni ci ha spesso sorpresi con attacchi fuori dagli schemi del ciclismo moderno e per azioni anche andate a buon fine ma che, a prescindere dal risultato, hanno avuto il pregio assoluto di movimentare anche tappe noiose, sulla carta. Attacchi contro vento, attacchi da lontano: sono cose che leggiamo nella storia del ciclismo, meno in quello moderno. Per questo, al di là di come la pensiate su Contador, ci mancherà certamente il suo modo di correre.
Sui misuratori di potenza potrebbe avere ragione. Se si corre sapendo esattamente quanto spingere per non andare in fuori giri le corse si ridurranno a una misura sceintifica delle capacità di ciascuno. Se il corridore più debole attacca il più forte questi saprà che, andando al massimo delle sue capacità, non potrà che battere l’altro e la tattica si fa più complessa, col risultato che spesso si assiste a corsa noiose senza niente di fatto fino agli ultimi(ssimi) chilometri.
Via i misuratori allora, secondo Contador, e si tornerà a misurarsi sulle capacità mentali di ciascuno. Perché il campione, oltre che essere forte di gambe, è forte di testa. Ma se troviamo strumenti che si sostituiscono alle sensazioni dell’atleta, sapremo solo che ha vinto il più forte. E nel ciclismo, questo, non sempre basta.
RC