9 gen 2017 – È una campagna elettorale infuocata quella che sta decidendo le sorti della Federazione Ciclistica Italiana e non priva di sgambetti e qualche veleno.
I candidati sono quattro, a partire dal presidente uscente Renato di Rocco, esperto di politica del settore se non altro per essere al vertice della FCI da diversi anni ormai e anche ad alto livello nell’organico dell’UCI. Gli sfidanti hanno nomi conosciuti nell’ambiente e si sono trovati spesso in discussione in dispute di regole e regolamenti. Da loro dovrebbe uscire il nuovo presidente il prossimo 14 gennaio (ma non è detto, dipende dalla percentuale di voti del vincitore – e si potrebbe avere uno slittamento).
Eccoli qui:
Angelo Francini
È un profondo conoscitore della Federazione e delle dinamiche del ciclismo. È un uomo preparato che spesso si è trovato in polemica con l’attuale presidenza e molti vedono la sua come una candidatura di disturbo. Si presenta con una candidatura rocambolesca inizialmente respinta e poi accettata una volta accertato il rispetto del regolamento. Il suo programma si basa soprattutto su regole da rispettare e coerenza e, come si legge dal documento che ha presentato, ristabilire l’ordine e le priorità di gestione di alcuni settore della federazione: la funzione presidenziale, le carte federali, la giustizia sportiva, l’antidoping, il mondo amatoriale con il fine di riconoscere la centralità delle società e dei tesserati rispetto alle alla funzione dei dirigenti. Ha le idee chiare e la fermezza per imporsi.
>>> Il programma di Angelo Francini
Carlo Roscini
È il candidato che viene direttamente dalla presidenza – storica – della sezione umbra. Non a caso al centro del suo programma c’è l’importanza dei comitati regionali e una sensibilità verso problemi pratici che certamente conosce molto bene. Pone anche attenzione alla comunicazione del ciclismo, sia interna, appoggiandosi alla rete e a strumenti moderni per lavorare tutti insieme, che verso l’esterno, quindi una cura al modo in cui il ciclismo viene comunicato (e di questo c’è sempre bisogno). C’è anche la volontà di rivedere l’organizzazione della Federazione per un contributo corale di tutti i partecipanti al fine di coinvolgere il più possibile.
>>> Il programma di Carlo Roscini
Norma Gimondi
Un cognome importante, ma sarebbe un errore di superficialità giudicarla partendo da quello. La Gimondi è un avvocato che ha avuto spesso a che fare col ciclismo nel quale è cresciuta umanamente e professionalmente. Il suo programma è dettagliato e tiene conto di tutti gli aspetti dell’attività ciclistica da un punto di vista molto pratico con particolare attenzione alla sicurezza, all’attività giovanile e a quella amatoriale, alle donne e con idee per rivalutare il movimento italiano in un momento di forte depressione (quest’anno non ci sono squadre world tour italiane e i corridori sono in drastico calo). Parla anche di ristrutturazione importante laddove si sono evidenziate le maggiori debolezze (ad esempio il problema economico).
>>> Il programma di Norma Gimondi
Renato Di Rocco
Il presidente uscente ha pure un programma ampio è dettagliato. Renato Di Rocco è al vertice della FCI dal 2005 e, nel corso del suo mandato, l’Italia del pedale ha ottenuto risultati importanti in molte discipline fino al culmine dei successi della pista ottenuti alle Olimpiadi di Rio. Di Rocco prende in considerazione tutti gli aspetti dell’attività ciclistica e, ovviamente, si potrebbero opporre puntualmente molte critiche partendo dalle difficoltà oggettive che si sono registrate in questi anni. D’altra parte sarebbe pure ingiusto visto che l’attuazione di un programma avrebbe comunque le sue difficoltà e, alla fine, i risultati hanno il loro peso.
>>> Il programma di Renato Di Rocco
Il futuro della Federazione Ciclistica Italiana
Difficile fare previsioni su chi sarà il nuovo presidente della FCI, di certo un compito tutt’altro che facile. Avvantaggiati appaiono il presidente uscente e Norma Gimondi alla luce di programmi ampi e particolareggiati che pure dovranno confrontarsi con la realtà dei fatti (e delle possibilità pratiche). Ma è importante ripristinare l’importanza della Federazione italiana anche a prescindere dai successi sportivi ottenuti che, a onor del vero, troppo spesso appaiono come il risultato di impegni e talenti individuali (di tecnici e atleti, rispettivamente) più che un successo di un’organizzazione pensata da lontano.
I risultati ottenuti da diverse federazioni estere (pensiamo alla Gran Bretagna o all’Australia, ad esempio, ma non solo) sono la dimostrazione che lavorare con programmi seri, affidati a personale qualificato (e in Italia ce n’è!) porta inevitabilmente a traguardi importanti. Per questo ovviamente ci vuole una sicurezza economica che una federazione forte può ottenere anche con sponsor importanti. Ma gli accordi non possono essere solo di convenienze immediate, quanto di programmi ben realizzati e rispettati senza rimandi e scuse. Purtroppo in Italia, in tutti i campi, ragionare a lungo termine paga poco (e ritorniamo ai problemi di cui sopra).
Anche il settore amatoriale ha bisogno di una sferzata. Ci vuole una federazione forte su cui poggiare le basi di regole chiare e precise che non lascino spazio alla confusione che troppe volte si è generata in questi anni. Se la Federazione allenta l’attenzione è normale rivolgersi altrove. Gli enti spesso hanno lavorato bene ma se arrivano a sostituirsi alla figura della FCI c’è un cortocircuito in partenza che non possiamo più permetterci. Di quello che sta succedendo nelle granfondo, d’altra parte, abbiamo parlato più volte ed anche del moltiplicarsi ridicolo di maglie di campione nazionale e similari che registriamo ogni anno.
Cose strane e che non fanno bene al nostro ciclismo, come la “questione Sicilia” di cui parla CyclingPro in maniera preoccupante (cliccare qui per leggere) e per cui c’è da augurarsi che il confronto elettorale possa avvenire in maniera trasparente e senza recriminazioni.
Dalla nuova presidenza ci aspettiamo punti fermi, a costo di scontentare qualcuno, ma con la lungimiranza di un bene comune che potrebbe riportare l’Italia a un peso politico importante. Le potenzialità ci sono. Magari recuperando a livello internazionale quelle discipline in cui il tricolore ha spesso sventolato come bandiera più alta del podio.
E ci aspettiamo anche una maggiore difesa del “nostro” ciclismo. Quello delle corse storiche italiane che troppo spesso vengono sacrificate a un calendario internazionale discutibile. La federazione francese, proprio per difendere le sue corse, ha minacciato di portare l’UCI in tribunale. Non faremmo brutta figura a metterci a ruota dei cugini d’Oltralpe per una volta e nemmeno a fare squadra comune. Ecco, la difesa del nostro ciclismo è un punto che qualche candidato ha messo nel programma, non sottovalutiamolo, soprattutto se ha le capacità e gli strumenti per sostenere il proposito.
Caro Nuovo Presidente: avrà in mano un’arma di una potenzialità pazzesca. Riuscirà a puntarla nella direzione giusta?
GR