«Compàttati compàttati. Lo vedi il gruppo là. Raggiungilo, almeno ti metti in scia. Compàttati, compàttati altrimenti non ci arrivi alla fine!»
La tappa di oggi, anche vista dall’ammiraglia è comunque faticosissima. Sempre meglio che essere in bici però. La nona e penultima tappa di questo giro donne, che va da San Michele all’Adige a San Lorenzo Dorsino, con i suoi più di tremila metri di dislivello in poco più di cento chilometri e una partenza sui 15 chilometri in salita della Paganella, è davvero una prova durissima per tutte, specialmente messa così alla fine del Giro. Persino il clima si impietosisce e oggi il caldo sembra fare un passo indietro come per rispetto di queste ragazze già bollite di loro.
Dario al volante fatica quasi quanto le ragazze. Parla più del solito, nel tentativo di assicurar loro un meritato traguardo. La minaccia è il tempo massimo. Le “nostre” ragazze, del Team Servetto – Makhymo – Beltrami TSA, sono stremate, ma non mollano.
E lui meno ancora. Ce la mette tutta per farle andare. E già che c’è se per caso se ne trova di fianco una di un’altra squadra, incita anche lei, le offre supporto come fosse una delle sue.
Conforto e borracce. Perché per quelli come lui la passione e la solidarietà non conoscono divise.
Questo ci riporta al divario che si vede, anche a occhio nudo, tra squadre piccole e big. Non bisogna essere “del Giro”, per saperlo, basta guardare i mezzi: bus smisuratamente grandi di fianco a furgoncini e auto.
E così come convivono atlete dai divari considerevoli, quelle come la Van Vleuten e la Longo Borghini che hanno già vinto di tutto e fanno tempi da fare invidia a qualche collega maschio, insieme alle ragazzine alla loro prima esperienza, così ci sono squadre enormi, internazionali e squadre minuscole, dai mezzi propri o poco più. Per dirlo in cifre, la forbice spannometrica è tra i 3 milioni e i 300 mila euro. E tutto il materiale è proporzionato.
Le dimensioni della Servetto: un pullmino, un’auto, 2 persone di team, 2 biciclette a testa più una per la crono, 3-400 borracce, 4 divise ciascuna, si triplicano per le major che, a volte, viaggiano con 15-20 persone di staff, con tanto di pool di massaggiatori, nutrizionista e medico sportivo al seguito.
E poi rulli per sciogliere l’acido lattico, giubbetti rinfrescati a ghiaccio per tutte.
Parlo di questo con Dario, gli chiedo il perché della scelta della squadra piccola, sua e degli sponsor.
«Il vero appassionato sceglie di lavorare, o sponsorizzare, le squadre piccole – dice – hai molti meno ritorni economici e di visibilità, ma hai la soddisfazione impagabile di far crescere delle giovani promesse» È questo sogno che ha unito lui e Ezio Terragni all’inizio di tutto.
Gli chiedo se se la prende quando gli “soffiano” le atlete più promettenti o le persone dello staff dopo che lui le ha tirate su. Mi risponde che è parte del gioco, e se tutto si svolge in trasparenza e correttezza, è contento per loro.
Gli domando se vorrebbe lavorare per una delle grandi. Mi guarda come se facesse persino fatica a capire la domanda.
«Questa è la mia squadra, sono le mie ragazze. Forse, mi piacerebbe diventare la squadra development di una grande, ma io loro non le lascerei mai».
Anche la qualità del lavoro e dei rapporti umani cambia con l’aumentare dei mezzi economici.
«L’ambiente nelle squadre piccole è familiare, si è in pochi, tutti amici e non c’è competizione. Mentre nelle grandi c’è eccome, com’è naturale che sia».
E se è difficile trovare atlete delle squadre minori nei primi posti, capita a volte che quelle di una big siano molto indietro.
«Il denaro non fa necessariamente la competenza – commenta Dario – Prima di tutto una squadra deve essere equilibrata, una scalatrice, una brava nelle volate, due che stanno loro di fianco e due giovani da far crescere.
«In più – aggiunge – le tattiche di gara nelle squadre grandi vengono fatte all’inizio, sono computerizzate e definite prima a tavolino. Le atlete, invece bisogna guardarle in faccia alla mattina, per capire davvero cosa possono fare. Bisogna avere la sensibilità e l’attenzione per adattare la tattica e strategia al momento».
Comunque, la tappa ha avuto un lieto fine per la Servetto: tutte le atlete hanno tagliato il traguardo sulle loro gambe e in tempo utile. Domani potranno correre la tappa 10, la finale, che al confronto di questa sembrerà una passeggiata.
10 mag 2022 – Riproduzione riservata – Cyclinside