23 mag 2019 – Ci dovrebbe essere una regola (e sarebbe facile da pensare), nelle gare ciclistiche, che ne salvaguardi l’immagine. Perché al bar oggi qualcuno chiederà: perché si è ritirato Viviani, stava male?
Invece bisognerà spiegare che il ciclismo moderno è così. Che il Giro d’Italia è fatto di tante tappe per corridori diversi e ieri, i velocisti, si sono giocati l’ultima che consideravano adatta a loro. A ben vedere ce n’è anche un’altra, e forse un’altra ancora in cui avrebbero potuto dire la loro, ma quelle sono riservate ai campioni che digeriscono le montagne, non ci rimbalzano sopra.
E poi guarda che si è ritirato anche Ewan, quello che ha vinto ieri, mica solo Viviani.
Ma è brutto ritirarsi così se non stavano male?
Sì, molto. E questa è difficile da spiegare. Il ciclismo moderno ha i suoi ritmi che spesso sanno di follia. Tutti in fila a festeggiare in corse nel deserto e poi si permette che il pubblico del ciclismo non possa applaudire la maglia tricolore, che sì, non ci piaceva, ma era pur sempre quella del Campione Italiano.
Viviani però era saltato di testa, dopo il declassamento in quella volata. Peccato.
E il Giro d’Italia che fa?
Incassa e passa oltre. Ormai è avvezzo a questi comportamenti. Basta ricordare tre anni fa, quando Greipel lasciò la carovana in Maglia Ciclamino perché il suo programma prevedeva così e c’era un Tour de France da preparare nel modo migliore (dove poi non vinse neanche una tappa). D’altronde quando scegli di mettere tutta la prima settimana di tappe piatte e poi un’altra laggiù, al di là delle montagne, può succedere.
In genere è così al Tour, pensa, e una volta un corridore ebbe l’idea di fare la stessa cosa. Mario Cipollini vinceva le prime tappe e poi guardava le salite della storia dalla spiaggia.
E al Tour andava bene?
Si arrabbiarono tantissimo. Al punto che decisero di non avere più Cipollini in corsa. La corsa più importante del mondo non ci stava a farsi snobbare così.
Quindi anche al Giro potrebbero fare la stessa cosa?
A dire il vero le squadre World Tour, come quelle di Viviani ed Ewan, partecipano di diritto, e ogni team poi porta chi ritiene più opportuno. Ma certo, qualcosa potrebbero pure fare, volendo.
Dunque ci aspettiamo provvedimenti?
No, Il Giro d’Italia non è il Tour de France.
In realtà, potrebbe essere meglio. Ma quest’ultima parte, il nostro interlocutore, non avrà tempo di sentirla. Si sarà già parlato troppo di ciclismo a questo punto. Arriverà un altro, con la Gazzetta aperta nelle prime pagine, a parlare di sport diversi, ritenuti più importanti anche da chi organizza il Giro. Il ciclismo è nelle pagine dopo.
Guido P. Rubino