18 mar 2017 – È un’alba diversa quella della Milano Sanremo. È quella che, ancora col buio di fuori, senti cantare gli uccellini che sentono il giorno e fiutano la primavera. Non ce ne sono altre così. Nel piazzale dietro l’albergo i meccanici sono già al lavoro, le biciclette pronte e i sacchetti del rifornimento da scriverci su il nome in attesa di essere afferrati al momento giusto, quando questo silenzio d’aria pungente sarà sostituito dal sole e dall’urlo di un tifoso.
Trecento chilometri davanti, quanti ne hanno fatti i campioni prima e ora c’è voglia di imitarli, magari seguendone le tracce.
Alba di tattiche e di pensieri sulla scacchiera di una corsa che a guardarla dall’altimetria sembra così facile e scontata. E invece sarà da seguire tutta, come sempre. Perché quel che accade nei primi chilometri sarà bagaglio o zavorra nel finale.
La Sanremo è la corsa di inizio stagione e chissenefrega se c’è gente che ha già un mese di gare nelle gambe. Le corse esotiche dall’Australia a quei posti che ancora non sai bene dove sono sulla carta. Erano le corse invernali, Costa degli Etruschi e Laigueglia, le gare dove si imparano le maglie nuove e dove si stropicciano gli occhi dal sonno invernale. Poi dritti fino alla Tirreno Adriatico a fare l’appello di chi vuole fare sul serio. Poi a letto presto che domani è Sanremo.
È già Sanremo, è già primavera. Presto, mettetevi in pista che c’è un anno di ciclismo da vivere di nuovo e da raccontare, dalle biciclette ai campioni.
RC