Roberto Bettini è uno dei fotografi decani del ciclismo. Uno dei più esperti, oltre che tra i più bravi. La sua agenzia fornisce fotografie ad alcuni dei più importanti media nazionali e tra le biciclette, sulla sella di una moto, ci è cresciuto, così come il figlio che ora segue le sue tracce. Tra ieri e oggi si sono lette tante dichiarazioni sulla presenza delle motociclette al seguito delle corse. Troppe? Piloti inesperti?
Ieri, via Twitter, anche la giornalista Rai Alessandra De Stefano poneva l’accento sulla facilità con cui vengono date le licenze. Roberto Bettini è un uomo molto equilibrato e raramente parla senza aver ponderato le parole. Ecco il suo punto di vista, lo ha scritto su Facebook, leggetelo attentamente. C’è poco da aggiungere:
Mi capita molto spesso e da parecchi anni di essere in mezzo al gruppo a praticare il mio lavoro di fotografo. Quello che sta succedendo sempre più spesso nelle varie gare disperse per il mondo è dovuto in parte agli organi ufficiali.
Cerco di spiegare in poche parole.
Prima di poter entrare al seguito del Giro d’Italia nel 1986 come fotografo in moto, avevo già seguito quasi un migliaio di gare dalle categorie giovanili fino ad arrivare, dopo 10 anni, ai professionisti. Molte di queste gare seguite in moto.
Poi per seguire il Tour e il Giro ho dovuto dimostrare alle organizzazioni per chi lavoravo e soprattutto mostrare le foto pubblicate da giornali e riviste.
Oggi non è così. Basta richiedere un accredito e dichiarare di lavorare per un sito o per Facebook e quasi sempre vieni accreditato, cerchi un motociclista che magari si paga anche la benzina da solo e ti presenti alle gare. Il motociclista magari ha anche fatto la tessera dell’UCI richiesta, però facendo “solo” e ripeto “solo” il corso teorico indetto dalle federazioni. L’importante è che PAGHI l’iscrizione e la tessera e poi via in mezzo ai campioni a sfidare la sorte.
L’incidente può sempre capitare purtroppo, ma se in gruppo si fanno entrare ad occhi chiusi anche quelli che fino a poche settimane prima erano a spasso con la loro moto, sicuramente capaci, ma che delle corse in bici non conoscono neanche l’ABC… il rischio arriva.
Mi si stringe il cuore per il giovane Antoine e in questi momenti non posso che pensare anche al grande Fabio Saccani che anche lui in un incidente, nonostante 35 anni passati tra le due ruote, ci ha lasciato. Spero che questi ultimi eventi non servano solo a togliere un numero di moto dal gruppo, ma alle federazioni chiedo di non pensare solo ad incassare soldi delle tessere ma a far entrare in gruppo solo motociclisti che abbiano almeno un’esperienza consolidata a partire dalle piccole gare!Roberto Bettini
Pubblicato da Redazione Cyclinside, 29 mar 2016