È abbastanza buffo pensare che in questo particolare momento storico dove l’evoluzione della tecnologia dello sport ha raggiunto nel giro di pochi anni livelli altissimi, e dove l’applicazione di queste tecnologie non solo ha modificato il nostro modo di allenarsi, ma anche il nostro modo di pedalare, a dominare il grande ciclismo è un corridore sgraziato, scomposto, brutto a vedersi come Chris Froome. Per di più facente parte della squadra che si considera la numero uno – e non ne fa mistero – in fatto di tecnologia e stile.
Lo stile può anche influire sulla prestazione, sulla resistenza, ma non è sempre così, e Froome ne è la dimostrazione. In passato un grande scalatore come José Maria Jiménez, brutto a vedersi ma vincente, quando ha provato a rivedere il suo assetto ed a configurarsi bene in bici, non ha più ottenuto le stesse prestazioni di prima. Probabilmente ci sono caratteristiche personali non modificabili quindi. Certo però che a tutti piacerebbe essere un pochino più “guardabili” in bici, al di là delle prestazioni. Quindi quali sono le differenze fra un ciclista bello a vedersi ed uno che invece non lo è assolutamente?
Innanzitutto la posizione delle gambe. Avete mai visto quei signori cicciottelli che pedalano con le ginocchia in fuori? È il primo tratto del ciclista brutto. Le ginocchia devono andare a sfiorare il tubo orizzontale del telaio, in un esercizio di stile ma anche di miglioramento dell’efficienza aerodinamica del proprio corpo. Rimanendo sulla parte bassa delle gambe, eventuali talloni troppo in fuori o troppo in dentro non sono nemmeno più problemi stilistici bensì problemi di postura, da controllare non per il fatto che sono brutti a vedersi, ma perché possono portare problemi alle articolazioni.
Il busto deve essere immobile, anche sotto massimo sforzo. Sono le gambe che si muovono, e basta. Qui bisogna fare un distinguo fra generi di corridori: il passista pesante e potente solitamente non ha problemi a stare fermo col busto. Lo scalatore leggero e scattante spesso dondola a destra e sinistra, e gli è concesso questo soprattutto pedalando in piedi. Da seduti si sta fermi. Questo non è solo stile, ma anche un significativo risparmio di energie, che si calcola addirittura intorno ai 2 – 4 battiti di “risparmio” del cuore.
In ottica di risparmio di energie, fateci caso: i professionisti quando osservano qualcosa ai lati muovono solo gli occhi. La testa rimane ferma. Famoso era Maurizio Fondriest perché sotto massimo sforzo inclinava la testa su di un lato. Non il massimo a vedersi, ma era la fatica a dettare questo movimento.
Seguendo il ragionamento di aerodinamica e risparmio energetico, che è poi il sistema che porta ad uno stile corretto, parliamo delle braccia, che non devono essere troppo larghe come le teneva il russo Pavel Tonkov quando lottava per vincere il Giro d’Italia.
In definitiva non sono molti punti. Eppure viaggiando in macchina la domenica mattina non si può non incontrare centinaia di ciclisti brutti, che si concentrano sulla potenza ma non pensano minimamente all’estetica. Per avere un’idea di cosa parlo, andate a rivedervi un video di quello che è stato il Re dello stile in bici: Gianni Bugno.
Stefano Boggia (www.daccordistore.it)
Concordo in pieno e confermo che Gianni Bugno fin da ragazzo (ci ho corso insieme, anzi, “contro”…) aveva uno stile ed una eleganza irraggiungibile per noi!
Stile e eleganza di Bugno pure sul Mortirolo(se non sbaglio……)cmq direi che pure il Panta era un gran bel vedere quando scattava mani basse sul manubrio :-)
Oltre a Gianni Bugno, anche Michele Bartoli aveva uno stile impeccabile e difficilmente raggiungibile in bici.
Michele Bartoli per me era uno spettacolo !