21 apr 2020 – «Il World Tour? Rischia di sparire in questo modo». Non ci va giù leggero Silvio Martinello. Nella nostra chiacchierata, partita dalla pista, si è andati a finire inevitabilmente a parlare della situazione più generale del ciclismo mondiale. Situazione che Martinello vede con preoccupazione già da diversi mesi a dire il vero. “Si sta spingendo troppo sull’acceleratore dell’economia – aveva detto ben prima del problema coronavirus – i costi delle squadre stanno lievitando e rischiano di diventare insostenibili, bisogna ragionarci su”.
Ora, con il “lockdown” a livello mondiale di tutto lo sport, anche il ciclismo sta soffrendo una crisi economica senza precedenti e già diversi team si trovano in difficoltà.
«Stanno venendo al pettine tanti nodi – ci ha detto Martinello – problemi che erano prevedibili. Ci sono già cinque o sei squadre in difficoltà, alcuni hanno già ridotto il personale. Per i corridori ci sono maggiori garanzie ma se manca la liquidità il problema arriva».
– Da dove parte il problema?
«Ci sono troppi corridori e i costi sono elevatissimi per stare nel giro World Tour. L’idea iniziale era pure buona: garantire i corridori migliori nelle gare di alto livello. Inoltre ha portato garanzie per i ciclisti professionisti che prima non c’erano. Non era infrequente trovarsi in difficoltà a pagare gli stipendi prima della fine dell’anno – spiega Silvio – ma per partecipare a tute le gare i team si sono dovuti strutturare con tanti corridori, ormai un team World Tour ha 30corridori, per 20 squadre fanno 600 corridori, mettici altri 300 corridori e più nelle Continental e si arriva a sfiorare i mille ciclisti professionisti. Troppi».
– Troppi?
«Ma sì, alla fine quelli buoni sono sempre 300, come una volta tutto sommato. Gli altri sono onesti pedalatori, ma quelli forti sono gli altri. Tutti insieme, però, hanno portato a un aumento dei costi esagerato».
– Come lo vedi quest’anno 2020?
«Per ora sono state stabilite solo le date del Tour de France e dei Mondiali, ma anche per questi eventi sicurezze, in realtà, non ce ne sono. Brailsford (il team manager della Ineos, ndr) ha già fatto sapere di non essere intenzionato a portare la squadra se le condizioni sanitarie non saranno più che garantite, e per ora non ci sono segnali di un reale rientro alla normalità anche per il Tour de France pure con lo spostamento di data»
– E l’anno prossimo che succederà?
«Nel 2021 le squadre saranno ridimensionate. Saranno poche le realtà che non saranno toccate dalla crisi economica. A questo punto forse bisogna rivedere l’organizzazione, pensare a un sistema che sia sostenibile nel lungo periodo. In questa situazione, se uno sponsor decide di rivolgere le sue energie altrove, perché si è concluso un ciclo, o per altro motivi, rischia di mettere in crisi tutto il sistema».
– Pensi agli investitori mediorientali?
«Ma sai, guarda anche quel che succede con la McLaren, che è proprietà sempre della famiglia reale del Bahrain, anche loro hanno dovuto chiudere gli stabilimenti e ridurre gli investimenti, non è che spendano soldi se non c’è un ritorno economico. Bisogna creare una cerchia ristretta di team manager che non devono ogni anno rincorrere gli sponsor per chiudere il budget».
– Che succederà quindi?
«Se non si pensa qualcosa si continuerà ad andare al ribasso. Poi quando ci sono dei problemi la situazione rischia di toccare tutti. Tanto più ora con le linee di produzione ferme. Il mondo è globalizzato e i problemi saranno condivisi tra tutti. Questa situazione, comunque, ha solo accelerato una dinamica che in questo momento non si può più ignorare. A tutti i livelli».
Guido P. Rubino