7 ott 2017 – Li ha fatti fuori tutti Vincenzo Nibali, avversari e malasorte. Ha iniziato a festeggiare all’ultimo chilometro, quando ormai era certo della vittoria del suo secondo Giro di Lombardia, pardon: Il Lombardia, nome “nuovo” a cui il ciclismo della cultura non riesce ad abituarsi e di cui si vorrebbe vantare, come se cambiando il nome la corsa fosse più bella.
L’ultimo appuntamento della stagione (che in realtà è il penultimo: manca la Parigi Tours, domani) ha visto Nibali scatenato di forza e di tattica, lasciarsi dietro avversari come Quintana, Pinot (scatenato e partito forse troppo presto) e anche Alaphilippe, uscito poco prima del culmine della salita di San Fermo della Battaglia che invece a Nibali è servito da trampolino perfetto. Proprio su questa salita il siciliano ha consolidato il suo vantaggio preso nella discesa precedente e si è potuto permettere di controllare anche lo scatenato francese, fortissimo in discesa. Una cavalcata trionfale che ha ricacciato indietro Pinot e tutti gli altri che pure provavano a scattare cercando di recuperare qualcosa. Attaccanti contro il campione. Tutti messi d’accordo senza speranza, compreso Pozzovivo, compreso Uran che l’altro ieri ha vinto la Milano Torino.
Sul traguardo Nibali segna 50 con le dita: sono le vittorie conquistate in carriera con questo Lombardia. Mentre Nibali appena passato il traguardo festeggia con moglie e figlia, anche il ciclismo italiano tira un respiro di sollievo: c’è u campione che dobbiamo tenerci stretto e che, prendiamone atto, non può essere vincente tutta la stagione. È il ciclismo moderno e dobbiamo farcene una ragione, ma un campione così ci piace anche se si fa aspettare un po’ e le sue vittorie si diluiscono negli anni, ma sommate tutte ne fanno un campione di razza, da prima pagina della stora del ciclismo. E una Classica così per qualcuno vale una carriera, per uno come Nibali anche una stagione. Ed è già la seconda che si porta a casa dopo la vittoria di due anni fa.