12 nov 2017 – Iniziano quei pomeriggi invernali che viene voglia di starsene al caldo in casa e magari, con la coscienza a posto di una pedalata di mattina, aprirsi una birra e lasciare andare vecchi filmati, di quelli che parlano di storia del ciclismo e del fascino che ha ancora oggi. Oppure sfogliare qualche vecchio articolo, le foto.
Una volta mi capitò di entrare in un bar nelle Fiandre. Con l’amico e collega Lorenzo Franzetti stavamo facendo un lavoro in occasione del centenario della “Ronde”, una corsa che da quelle parti vale come una finale del campionato del mondo di calcio da noi. C’era il proprietario, da solo, a sfogliare nella memoria guardando la registrazione della vittoria di una Roubaix di Tom Boonen in tv.
Sembrava fatto apposta per noi che eravamo lì a chiacchierare del Giro delle Fiandre che girava il secolo e la gente aveva voglia di raccontare. Era una giornata di gennaio, fredda come ancora non è qui.
Ma poi capita un filmato e ti metti a pensare.
Oggi hanno aperto il Vigorelli per farci girare gli appassionati, non importa che fossero corridori, purché in possesso di una tessera, e parecchi ciclisti di scatto fisso si sono divertiti passando una giornata meglio che un bambino sulle giostre.
Ci avete mai girato in pista?
Anzi, la domanda migliore sarebbe: avete mai visto una giornata di gare su pista?
Ma sarebbe da rivolgere anche e soprattutto a chi il ciclismo non lo segue abitualmente o non lo segue affatto. Perché anche quello era (ed è) il pubblico delle Sei Giorni. Gare di un ciclismo che sposa lo spettacolo, perché tra una gara e l’altra c’è intrattenimento, ci sono pranzi e cene in un velodromo che tifa un ciclista oppure l’altro.
Certe sfide poi prendono. Brevi e veloci oppure più lunghe ma mai noiose, perché i corridori sono tutti lì, espressione di forza e furbizia che ti appassioni anche se non hai mai visto una bicicletta, come ci si appassiona allo short track alle Olimpiadi pur non avendolo mai visto prima. Anzi di più.
In quella stessa trasferta, “col Franzetti” capitammo pure nella presentazione della Quick Step di allora, con Boonen e Cavendish. Una presentazione nel velodromo di Gand, con tutta la squadra a simulare un torneo su pista con tanto di testate tra i due campioni e volate a fil di pubblico, invece che sulla “linea dei velocisti”.
Le immagini di un film in bianco e nero girato sullo sfondo di un velodromo che corre veloce e la signora che cerca Moser, perché nei velodromi ci sono le star della pista e quelli della strada che attirano il pubblico “altro”. Lo sfondo di una canzone, forse Joe Cocker oppure gli Eagles, magari cantati da un corridore che sa essere uomo di spettacolo come è stato il grande Danny Clark che tra una corsa e l’altra si permise un’interpretazione favolosa di “Desperado”. Era la Sei Giorni di… e chi lo ricorda più, una delle tante.
Allora vale la pena vedere un filmato che ha rispolverato il grande Silvio Martinello su Facebook. Parla dell’addio di Danny Clark. Un saluto al suo pubblico a modo suo.
Mettetevi comodi e magari stappatevi quella birra che ne vale la pena. Nei velodromi la birra è meno peccato che mai. Anzi, è un inno.
Buona visione (solo un consiglio: alzate il volume ché nel video è basso e vale la pena ascoltare):
GR