Nell’elenco degli sport individuali c’è il ciclismo, in tutte le sue specialità. Nell’elenco degli sport di squadra non c’è il ciclismo. Nella quattordicesima tappa del Tour de France 2023 ha dimostrato che quell’elenco andrebbe aggiornato, il ciclismo deve stare anche lì.
Se qualcuno sobbalza sulla sedia contrariato leggendo questo articolo, anche a distanza di anni, lo rimandiamo subito al 15 luglio 2023, quattordicesima tappa del Tour de France.
Uno scontro per la conquista della maglia gialla già duro ma ancora tutto da definire. E allora entrano in gioco le squadre ad accudire i campioni prima dell’epilogo, quando più di tutti gli altri.
Le squadre trasformano la corsa in un gioco di tattica più che mai, con capovolgimenti di fronte. La Jumbo, della maglia gialla Vingegaard, controlla istituzionalmente la corsa ma poi cerca di fare la selezione con un passo sufficiente a far staccare tutti.
Tranne la squadra dell’avversario predestinato con le pedine giuste nel posto giusto e pronta, sul più bello, a rivoltare la situazione, accelerando e facendo saltare, uno per uno, i componenti del team avversario. Un capovolgimento di fronte e poi un altro ancora. Perché le squadre sono composte da individualità eccezionali della stregua di Wout van Aert. Uno che si stacca dopo aver terminato il suo lavoro ma, quando si accorge (o meglio, gli urlano per radio) che la sua squadra è in inferiorità numerica, pesca energie residue e, dopo essersi staccato riprende a pedalare. Riprende i migliori e fa un ritmo impressionante, quel tanto che basta per far staccare i gregari avversari e riportare la partita in parità numerica.
“Quattro pedalate e li ripiglio” diceva il prof. Casamandrei dopo aver fatto un patto col diavolo in “Totò al Giro d’Italia”. Era una piece comica che Van Aert ha reso quasi reale. Lui che aveva già mollato, prendendo il passo di chi punta solo ad arrivare su col minor dolore possibile.
Ma nessun patto col diavolo qui, solo l’immensità di un campione e di uno scontro agonistico che ricorderemo per anni.