9 lug 2019 – Ha fatto clamore, ieri, la pubblicità di Colnago per la vittoria nella Maratona delle Dolomiti di domenica scorsa di un cicloamatore. Tommaso Elettrico.
Ha senso, è giusto spendere tanti soldi per celebrare una vittoria in quella che resta pur sempre una granfondo?
Di primo acchito vengono i brividi: come si saranno sentiti, vedendo quel paginone sulla rosea, tutti quei corridori professionisti che militano nelle Professional e si dannano l’anima per vincere gare che fanno fatica a essere organizzate per poca visibilità e (quindi) difficoltà economiche?
Ma anche tutti quei gregari al minimo sindacale che portano a spasso la bici per il mondo con il sogno di una vittoria impossibile?
Sono professionisti, altra roba. Dovrebbero esserci loro, si dice.
D’altra parte si può incolpare un cicloamatore forte che, fortuna sua, ha un bel motore e vince fior di granfondo, e arriva un bel marchio a fargli una proposta in qualche modo economica? (anche solo regalargli una bicicletta lo è, sia chiaro). Se ha tempo di andare in bicicletta e di allenarsi per bene si deve sentire in difetto verso chi lavora? Beato lui bisogna dire (e lasciamo da parte le invidie, per favore).
E si può fare una colpa al grande marchio (Colnago, in questo caso) che decide di supportare un amatore forte, che ha, ci piaccia o no, una certa visibilità in manifestazioni che fanno migliaia di partenti e tanto più in un evento che può permettersi la diretta Rai per buona parte della giornata?
Sia chiaro: la Maratona delle Dolomiti è un evento praticamente unico, in un posto pazzesco e che la diretta Rai rende perfettamente qualsiasi investimento in termini di ritorno turistico. Quante occasioni abbiamo durante l’anno per ammirare quei posti così bene?
Quindi tutto giusto così e dobbiamo aspettarci una logica transumanza di corridori professionisti verso il mondo amatoriale con buona probabilità di “vincere” il prossimo paginone pubblicitario e uscire dall’anonimato che, nel migliore dei casi, è un gregariato onesto?
Dov’è l’inghippo se tutto funziona bene (nel senso di economicamente favorevole)?
E no, signori, non vale nemmeno la pena recriminare su eventuali investimenti mancati tra i giovani. A dire il vero molti di quelli che sponsorizzano gli amatori, poi investono anche sui giovani. Ma tutti, ammettono, lo fanno per amore del ciclismo, non per ritorno economico. Le gare giovanili, semplicemente, non convengono. Pochi partecipanti cui vendere il proprio prodotto (spesso frutto di sponsorizzazioni, poi – mentre tra gli amatori, tolti quei pochi sponsorizzati, sono, letteralmente, il mercato).
Pubblico, poi, ancora di meno. E spesso, tolti parenti e addetti ai lavori, non c’è praticamente nessuno in molte gare giovanili.
Convenienze
Onestamente, aveste un’azienda in cui dover far quadrare i conti, investireste sul ciclismo giovanile o nelle granfondo?
Allora occorre fare un passo indietro. Evitare di attaccare chi pedala in un certo modo potendoselo permettere e non fargli carico di un meccanismo di cui lui è, evidentemente, solo una parte.
Ma che funziona perfettamente.
Badate, non stiamo rinnegando quanto detto in passato su queste pagine. Il paragone tra amatori e professionisti resta inutile e inaccettabile. Così come diventa ridicolo vantarsi di una maglia iridata paragonandola a quelle di Merckx e Binda. Non scherziamo. Anzi, magari tiriamo le orecchie a chi si occupa di comunicazione. Basterebbe vedere il risultato ottenuto da tale paragone per mandarlo via a calcioni. Ma in fondo questi restano dettagli che pure sui social sono serviti a portare alla luce il problema.
Ma qual è il problema
Bisogna risalire su, alla fonte. A sentire il 99 per cento dei partecipanti alle granfondo, il risultato è l’ultimo dei pensieri. Anche perché pensare di confrontarsi con chi ha tempo per allenarsi come e quanto vuole (e certamente anche la voglia) non ha senso per chi la giornata la deve bilanciare tra lavoro, famiglia, normalità e bicicletta.
Per intenderci, e purtroppo ci rendiamo conto che non è scontato affatto, tra i professionisti il confronto è tra atleti che, almeno potenzialmente, hanno tutti le stesse possibilità di allenarsi e gestirsi in funzione dell’agonismo. La differenza è qui ed è anche per quello che il “signor Rossi” non si sente sminuito affatto di fronte a chi percorre i 138 chilometri del lungo della Maratona delle Dolomiti, con i suoi 4.230 metri di dislivello, in un quarto del proprio tempo.
Certo, stupisce un po’ trovare le telecamere Rai, l’elicottero e i commentatori a seguire i primi raccontandoli come una gara professionistica.
Oh, la Rai.
Roba che un profano che accende la tv non saprà distinguere tra quegli amatori e quelli che si disputano il Tour de France. Al massimo commenterà sulle bellezze estreme dell’Italia rispetto a una Francia che ancora deve tirare fuori il meglio dal Tour. Ma perché Nibali non ha fatto questa corsa? Guarda che bella, con così tanti partecipanti…
Confusione
Il pericolo è proprio la confusione: tra valori assoluti e valori “amatoriali” se pur di tutto rispetto in confronto a quel mondo.
C’è qualcosa da fare allora? Soprattutto, ne vale la pena?
Stando così le cose no. Si va dove sono i soldi. I soldi sono dove c’è visibilità.
Ecco, il lavoro è proprio qui allora: visibilità.
Visibilità
Il lavoro di visibilità, valorizzazione ed esaltazione di uno sport è compito di chi amministra quello sport: in Italia è la Federazione Ciclistica Italiana.
Bisognerebbe andare a bussare qui e chiederne conto. Tutti in fila, dagli esordienti che non trovano squadra ai professionisti che vincono gare con la data di scadenza. Ma vi risponderebbero con la logica di cui sopra: la convenienza è altrove. Anche se da una federazione ci aspetteremmo una direzione da seguire a prescindere dalla convenienza economica. Discorso lungo questo, magari ci torneremo.
Ma non serve neanche fare rivoluzioni, sia chiaro. Si potrebbero cominciare a martellare i media locali per dare visibilità alle gare di categoria in provincia. I campioni partono da qui, ma per i media locali spesso c’è indifferenza (provate a chiedere ad Alessandro Covi, Unfer 23, profeta in patria ignorato quasi da tutti quelli che saranno pronti a farsene belli appena le cose andranno come sembra davvero promettere questo ragazzo).
Sarebbe il caso di nominare gli esordienti nelle regioni e, via via, tutte le categorie. Che poi a seguirle, queste corse, si scopre anche che sono divertenti.
Noi, da qui, lo sappiamo già. E anche i nostri lettori.
Ecco, aspettando la Federazione intanto potremmo cominciare da qui, dal basso. Andiamo a vedere le manifestazioni dei giovani. Prendiamoci l’impegno: una domenica al mese si fa la gita fuori porta e si applaudono giovani ciclisti che pian piano si imparerà a conoscere.
Coinvolgiamo gli amici. Poi sentiremo alla radio le partite. Ma intanto promuoveremo il ciclismo come merita la nostra passione.
Magari regaliamo anche un libro che sappia di storie di ciclismo. Ci sono romanzi affascinanti che coinvolgono anche chi non ne sa niente di due ruote.
E creeremmo cultura.
Scommettiamo che poi, gli amatori, torneranno ad essere amatori (secondo definizione federale, per altro).
E senza cortocircuiti che, tutto sommato, non hanno nemmeno senso.
Guido P. Rubino
Gli amatori sono il peggio del ciclismo, campioni mancati o campioni per forza.
Giusto.
E’ tutta una questione di spirito.
I professionisti partono tutti già preparati per vincere.
Gli amatori partono tutti sparpagliati per partecipare.
Alla fine lo spirito si inverte, i primi partecipano senza vincere i secondi vincono senza partecipare.
Eh sì, partecipano ad un’altra gara!!!
Bravo hai azzeccato il punto..ma ho una proposta,, facciamo le categorie in base al peso che forse porto un salame a casa
Diciamo che l’articolo è dichiaratamente dalla parte di un amatore che vorrebbe essere come quello citato. Poi alla fine ci si tenta di salvare in calcio d’angolo, però addossando il tutto sulla FCI e sulle persone che non vanno a vedere le gare dei ragazzi. Una cosa che condivido pienamente: i campioni escono dagli esordienti, nonostante il 100% dell’esercito degli amatori non riesca a farsene una ragione. E io aggiungerei un’altra cosa, che dovrebbe far riflettere: i polli da spennare escono dagli amatori.
Ho criticato senza dare soluzioni. Soluzione: obbligare gli amatori a fare qualcosa per le altre categorie. Pian piano ci si arriva, non preoccupatevi.
Ragazzi il discorso è semplice le grandi aziende hanno capito che il movimento amatoriale tira tantissimo .Dispiace solo che molti amatori conoscono Tommaso Elettrico ,Pisani e compagnia (nulla contro di loro io personalmente conosco Tommaso ed è una persona squisita)e non sanno di gente come Adam Hansen ,Masnada ecc….ecc..
Perché non pensare ad un avvicinamento del mondo dei giovani a quello degli ama
tori?
In qualche GF si potrebbe riservare la prima griglia ai soli giovani: Juniores o Under 23, con tutte le GF che ci sono c’è spazio per tutti.
(In MTB in qualche manifestazione Marathon ci sono anche i professionisti, se non sbaglio?!)
Questo permetterebbe una maggior VISIBILITÀ’ al mondo del ciclismo pre-agonistico e avvicinerebbe gli Amatori al mondo del ciclismo dilettantistico, anticamera di quello professionistico.
Credo che gli sponsor potrebbero essere contenti, perché potrebbero concentrare gli investimenti.
Infine, ma non ultima, toglieremmo un po’ di fama e gloria a questi “amatori” che vanno come dei professionisti , riassegnando al ciclismo amatoriale la sua dimensione non competitiva.
Certo, questo potrebbe essere un modo per unire l’utile al dilettevole. Si renderebbero utili (e non solo fine a sè stessi) gli amatori, e gli si toglierebe – giustamente – la troppa visibilità che hanno attualmente. Solo una precisazione rispetto a quanto hai scritto, Emanuele: le categorie sotto i dilettanti non sono “preagonistiche”. SOno agonistiche a tutti gli effetti. Agonistiche Giovanili sino agli allievi, categoria internazionale gli Juniores.
Maaa campioni nelle granfondo mezze seghe da dilettanti, il Signore in questione nn ha mai finito una gara quando gareggiava con una squadra Ligure,adesso nn sente la catena,vorrei tenerlo sotto osservazione con controlli a sorpresa a casa come i professionisti, poi vediamo quando arriva sia lui che gli altri che fanno classifica nei 20.
Esatto. E non solo mezze seghe da dilettanti: tanti di loro – cosiddetti forti tra gli amatori – difficilmente hanno avuto piazzamenti di rilievo anche nelle altre categorie :-))))
A me personalmente non frega nulla, anzi, sono felicissimo che i due mondi siano distinti e separati. Che facciano le pagine di giornale, le maglie iridate tarocche, le classifiche, i ritiri a Tenerife. Il pubblico va educato, quando ti appassioni a uno sport, devi essere in grado di riconoscere chi fa una tappa al giro in meno di 6 ore e la stessa tappa come granfondo in mezz’ora di più.
Neppure a me frega molto, sinceramente, trattandosi di una categoria inesistente, e nonostante tutto il baccano che fanno, assolutamente autoreferenziale. Il problema è quello di educare il pubblico. Questo è veramente difficile. Come educare le pecore. In Sardegna, ad esempio, ormai l’unico ciclismo che si vede è quello amatoriale. Il pubblico vede solo quello e crede che il ciclismo sia quello (ampiamente dipinto come l’unica alternativa alle categorie dei dilettanti). In pratica si tratta di un gruppo di persone (e la FCI non c’entra) che – ampiamente in malafede – si è impadronito del ciclismo. Tutto per vendere qualche bicicletta, attrezzature, sedicenti preparatori a pagamento e nutrizionisti. Vergogna. Si spendono migliaia di euro per organizzare una gara di amatori, mentre egli esordienti fanno 12 gare l’anno (a fronte di 3-4 ogni fine settimana degli amatori).
Non è che brucia un po’ ai professionisti questa storiella.
Intanto complimenti a Elettrico.
Sai qual’è il problema? te lo dice un proverbio: tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino. Avrai sicuramente avuto modo di notare l’alto numero di positivi all’antidoping nelle categorie amatoriali, superiore alle altre, soprattutto di questi tempi: guarda il sito della NADO ITALIA. Se si continua così succederà una cosa molto semplice: toglieranno le classifiche dalle gare amatoriali. E così il fenomeno verrà definitivamente ridimensionato e riportato al suo valore reale.
Il problema è che tommaso Elettrico e compagnia non sono Amatori ma professionisti.O meglio loro traggono profitto da quello che per altri è solo un hobby. Poi sappiamo tutti come funzionano queste sponsorizzazioni gonfiate : io ti do 100 e te me dai indietro 75 , cosi non pago le tasse su 100 e spendo solo 25……Non è solo questione di averci tempo per allenarsi, questi personaggi ci vivono con le granfondo e la cosa non è corretta……..Come si puo’ mettere in una stessa classifica uno che è stipendiato per fare il ciclista e quindi lo fa di professione e uno che a mala pena riesce a fare 200 km a settimana ?
Certo Paolo. In pratica succede così: dato che no ho avuto soddisfazioni dal ciclismo vero, ti faccio vedere io. Se non mi hanno fatto passare professionista, ci sono passato io da solo :-)))))) Casi clinici (varrebbe anche la pena studiarli seriamente, dal punto di vista medico), purtroppo sempre più frequenti, soprattutto in Italia, dove la regola ormai è che tutti possono fare tutto, fregandosene di merito, regole ed altro. Quanto alle classifiche, è sufficiente che tutti gli altri li lascino perdere. Si sgonfieranno da soli.