di Guido P. Rubino
9 mag 2021 – Se il ciclismo avesse un copione, quello della prima tappa lo ha scritto il pubblico. Almeno in parte. Perché mettere lì davanti Filippo Ganna ed Edoardo Affini, tutti e due, in fila di dieci secondi, fa parte di quelle opere che potresti immaginare da un librettista fantasioso si teatro. Oppure da un tifoso. Altrimenti, meglio ancora, da un osservatore attento.
Perché Ganna la sua marcia di avvicinamento al Giro l’ha fatta con cura. E Affini forte a cronometro lo è sempre stato. Immaginarne una crescita appare, oggi, anche logico.
Solo che non lo era fino a che, tutti e due, sono partiti nella corsa. Certo, al cronista che scrive appare difficile avere già tante certezze dopo appena otto chilometri e seicento metri di un Giro d’Italia che ne conterà ancora 3.471.300 (sì, lo abbiamo scritto in metri).
Eppure, da quei primi 8.600 metri abbiamo capito alcune cose:
- Che Filippo Ganna sta bene
- Che Remco Evenepoel non è venuto a fare la comparsa e che, anzi, guarda pure alla classifica: ieri faceva considerazioni di classifica generale, non di vittorie di tappa.
- Che la Jumbo Visma è agguerrita e pericolosa. Meglio dell’anno scorso.
- Che Filippo Ganna sta così bene che lungo il percorso si è permesso anche di salutare amici e parenti, come ogni bravo corridore che passa vicino casa. Ma almeno non si è fermato. E ci ha lasciati col dubbio che forse avrebbe vinto lo stesso.
PS
Sì, lo sappiamo che probabilmente quel gesto è servito ad avvisare l’ammiraglia sul problema alla radio di cui ha detto subito dopo il traguardo, ma ci piace pensare che fosse come abbiamo immaginato all’inizio.