17 mag 2018 – C’era da parlare di Bartali e della storia. E allora insieme ad un gruppo di ciclisti storici, in maglie di lana e biciclette anni 20/30, ho pedalato per qualche chilometro anticipando coreograficamente la partenza dei professionisti, nel contesto festoso della 11° tappa del Giro d’Italia Assisi-Osimo.
Ma prima di calarci nel clima di allegria e tensione che colora la partenza della Tappa, siamo saliti fino al meraviglioso centro storico di Assisi, per assistere – su invito dall’amica Gioia Bartali, nipote del grande campione Gino – all’apertura del nuovo “Museo della memoria, Assisi 1943/1944 e Cappellina Gino Bartali”, ora sito nei locali del Vescovado di Assisi – Santuario della Spogliazione dove, grazie al vescovo del tempo, Monsignor Giuseppe Placido Nicolini, furono nascosti e salvati oltre 300 ebrei.
Ormai tutti conoscono la storia di Gino Bartali, “Giusto tra le nazioni”, che salvò centinaia di ebrei trasportando documenti falsi nei tubi del telaio della sua bicicletta. Ma quel che di nuovo ho respirato oggi, è stata la sua spiritualità, la sua umiltà, la sua fede profonda che sono certa abbiano contribuito, insieme alle gambe e alla ferrea determinazione, a farne un grande campione. Al Museo, le sorelle Gioia e Stella Bartali, hanno donato la Cappellina che il nonno aveva in casa a Firenze ed in cui pur impegnatissimo in quotidiani allenamenti, trovava il tempo di recitare ogni giorno le sue orazioni.
La Cappellina – consacrata nel 1937 dal Cardinale e Vescovo di Firenze, Elia Dalla Costa – racconta, in assoluto silenzio, un grande uomo e una storia di profonda fede. E’ dedicata a Santa Teresina del Bambin Gesù, a cui Gino era tanto devoto da prendere i voti come terziario carmelitano nel 1937 con il nome di Fra’ Tarcisio di Santa Teresa di Gesù Bambino; ed è anche dedicata al fratello Giulio, morto nel 1936 per un incidente in corsa (come ricorda un lumino con un ‘incisione e dedica del campione al fratello) e che Gino raccontava essere più forte di lui. Ci sono entrata dopo che la rituale inaugurazione l’ha lasciata quasi deserta ed è stata una salita ripida di emozioni, perché gli oggetti che custodisce parlano silenziosamente e con discrezione di un campione diverso.
Tutto è molto semplice: il suo inginocchiatoio ai piedi della Santa, il Calice consacrato dal Vescovo di Assisi Monsignor Giuseppe Placido Nicolini nel 1937; la reliquia di S Francesco e S. Chiara; le ampolline ed il rosario con cui Bartali pregava; il libro in cui sono annotate le più di 300 Messe celebrate dal 1937 fino al giorno della sua morte; molte messe recitate prima della sua partenza per le grandi corse del tempo recano annotazioni di auguri anche da parte dei frati. E poi c’è un piccolo santino, la sua preghiera del 1937, un ringraziamento al Signore, alla Vergine del Carmelo e alla Santa prediletta per la grazia concessagli di “vincere il difficilissimo giro del 1937”. Mi è sembrato di vederlo Gino, lì inginocchiato a chiedere la grazia o a ringraziare, come tante volte lo hanno scorto le sue nipoti dalla porta appena socchiusa. Ho conosciuto l’uomo semplice, di grande carità e umiltà, che Gioia – con la stessa semplicità del nonno – mi aveva raccontato; l’uomo de “Il bene si fa ma non si dice” per cui “certe medaglie si appendono all’anima, non alla giacca”.
Alla fine di questa meravigliosa salita ho ripreso la bicicletta e sono scesa pedalando in leggerezza da Assisi a S. Maria degli Angeli, con l’anima arricchita da un grande campione del passato e pronta a festeggiare la partenza dei campioni del futuro.
Giada Bollati