«Moser? Avevo capito subito che, fisicamente, poteva valere meno di Merckx. E con la stessa tecnologia avrebbe potuto fare poco per battere il Belga. Bisognava trovare qualcosa di diverso. Lui non lavorò sulla preparazione specifica (Merckx il Record lo fece di slancio, senza un avvicinamento dedicato come Moser, ndr), ma si affidò solo alla sua forza, che fu sufficiente. Con Moser bisognava lavorare su più livelli. Io mi occupai della bicicletta e partii da un assunto: una volta lanciata, la bicicletta, non importava il suo peso: era su pista, quindi pianura assoluta, potevo concedermi di fargli perdere un po’ nel primo chilometrò, se poi si poteva recuperare dopo».
È nata così l’idea di rivoluzionare completamente la bicicletta che il campione trentino avrebbe utilizzato nel Record dell’Ora battuto due volte a Città del Messico nel gennaio 1984. Ma non era esattamente quella che poi venne utilizzata la bicicletta che Dal Monte disegnò nel suo studio. C’è lo ha mostrato, tirandolo fuori dal suo archivio “segreto”.
Un documento inedito e, per questo, eccezionale. È il disegno della bicicletta del Record dell’Ora utilizzata da Francesco Moser nel 1984. Si tratta del progetto ideale, piuttosto diverso, dalla realizzazione finale su cui il campione trentino avrebbe pedalato a poco più di un mese da quel disegno.
Non è proprio come poi sarebbe stata la bici, dicevamo, ma l’idea di come avrebbe dovuto essere. Poi è stata modificata per adattarla meglio e sfruttare anche quel che, al tempo, la tecnologia metteva a disposizione. Notate il manubrio, ad esempio, il Prof. Antonio Dal Monte, autore del disegno, lo aveva immaginato a doppia ala, “come un biplano”, visto che la sua esperienza deriva proprio dall’aeronautica (è pilota civile).
Poi c’è anche il progetto delle ruote lenticolari e anche uno studio del comportamento aerodinamico nelle varie situazioni di sollecitazione. Per prevedere tutto anche in caso di vento (come poi, in parte, è successo durante il secondo tentativo – comunque positivo – di Moser).
La nascita delle lenticolari
Anche qui c’è un aneddoto di Dal Monte: «Le ruote lenticolari erano completamente innovative rispetto a quanto utilizzato in gara fino allora. La mia concezione di “raggio unico, che comprendesse tutta la ruota”, venne considerata poco. Pensavano più che fosse un modo per mettere in evidenza le scritte. In ogni caso andò bene e l’approvarono. E non sono stato a specificare ulteriormente.
«In realtà – continua Dal Monte – la mia idea prendeva ispirazione dagli aerei Awacs, quello con il radar a disco montato nella parte superiore della fusoliera. Una forma perfettamente aerodinamica».