21 lug 2017 – Un arrivo a 9 è una delle cose più belle e caratterizzanti del ciclismo. In quale altro sport troviamo uno sparuto drappello che è riuscito ad evadere da un grosso gruppo e deve riuscire a gestire il distacco sugli inseguitori e allo stesso tempo giocarsi la vittoria? È un qualcosa di veramente difficile e tecnico, dove però non possiamo negare che anche la componente fortuna è molto pesante.
La suddivisione per caratteristiche fisiche – velocista, passista, scalatore – è una caratteristica strettamente Italiana. All’estero invece non badano molto a queste cose e i velocisti non vanno per il sottile: se c’è da provare in solitaria, provano, come ha dimostrato Boasson Hagen. Un velocista da solo è impensabile per la nostra mentalità, e ricordo ancora il mio stupore la prima volta che trovatomi in fuga con Thor Hushovd, fortissimo velocista norvegese, lo vidi partire in testa al drappello con un’azione di forza ed andare a vincere da solo. Se si gareggia a livello mondiale non dobbiamo pensare che il più veloce aspetterà la volata e sottovalutarlo.
Per gestire una fuga di ben nove componenti nel finale bisogna avere delle ottime capacità di calcolare lo spazio e chi si muove in questo spazio. Bisogna sempre ricordare dove sono tutti, ogni singolo componente del gruppetto. Se per sbaglio ci troviamo dopo uno scatto ad essere in seconda posizione, e non ci siamo accorti che il nono corridore è 15 metri più dietro, rischiamo tantissimo. Questo nono corridore nel rientrare molto probabilmente partirà in contropiede, e sarebbe impossibile accodarsi a uno lanciato in piena velocità.
Per un momento oggi si è parlato di Albasini come favorito, mentre lo Svizzero è poi finito ultimo dei fuggitivi. Il calcolo delle forze dopo svariati chilometri di fuga è inutile e deleterio: qualcuno è riuscito a risparmiare di più, qualcuno non ha la condizione che vorrebbe, qualcuno si ritrova svuotato nel finale. Tutto può essere, le carte sono messe in gioco in modo molto scompigliato. Imperniare la propria tattica su di un solo atleta dato per favorito è rischioso e personalmente è una strategia che non ho mai apprezzato.
L’imprevisto è sempre in agguato.
Oggi una rotonda presa dal lato giusto ha fatto la differenza. Ha offerto quello spunto per l’attacco decisivo. Essere svegli è fondamentale. La posizione migliore da mantenere forse è tra la 5° e la 7°, per mantenere un buon controllo su tutti senza essere troppo indietro per recuperare. Il momento più difficile è quando il gruppetto si allarga e tutti si guardano. A quel punto chiunque potrebbe partire con pari opportunità di riuscita. Dipende da chi è nella posizione favorevole per poter sorprendere gli altri. La sorpresa va servita fredda: il rumore di una cambiata può destare l’attenzione, o in caso di ruote ad alto profilo il semplice dondolarsi troppo a destra e sinistra può creare quel suono tipico della bici durante uno scatto, e svanisce l’effetto sorpresa. Ovviamente avere birra è sempre un valore inestimabile: oggi Boasson Hagen ha azzeccato la rotonda, ma poi ha fatto una “trenata” incredibile. In questi casi, dove un corridore attacca da davanti di forza, bisogna avere la lucidità di capire se quello davanti sta “per fare il buco”. Se perde tre metri è finita.
È una sorta di partita a poker dove tutti devono avere bene a mente quali carte sono già state servite e quali potrebbero uscire a breve. Una situazione dove il cuore batte a mille non per lo sforzo ma per la tensione nervosa e chi riesce a mantenere lucidità può veramente azzeccare il colpo, e a volte anche ribaltare un pronostico.
Stefano Boggia (www.daccordistore.it)