di Maurizio Coccia
1 giu 2021 – La bici da corsa che andiamo a testare è di quelle autentiche, una bici da corsa vera, per intenderci una di quelle usate dai prof per correrci le grandi corse a tappe e le grandi classiche.
Non è cosa scontata, questa, in tempi in cui il mercato è fortemente sbilanciato verso le gravel, o se preferite ha segmentato la bici da corsa “classica” in categorie diventate molto popolari, che invece che alle prestazioni sono molto più orientate al comfort e alla facilità di guida. Modelli del genere hanno avvicinato alle due ruote praticanti nuovi o come minimo hanno rappresentato la soluzione perfetta per la grande maggioranza dei praticanti, quelli cui la bici “race” non serve, quelli che non hanno allenamento e fisico per godersela in pieno e che non riescono a tollerare l’assetto geometrico “estremo” che tipicamente hanno questi mezzi.
Ecco, la Wilier Triestina Filante SLR che abbiamo provato, è tutto meno che questo, è bici da corsa vera, bici senza compromessi sull’altare della prestazione, è un “bolide” con caratteristiche di performance incredibili (soprattutto se montata come fra poco vi andremo a dire), è una fuoriserie in grado di darti prestazioni superiori quanto più hai gambe, cuore e muscoli per tenerla a lungo ad alti – anzi altissimi – regimi, ovvero quelli che più le competono e che merita.
Più che le nostre modeste impressioni di guida (nella fattispecie quelle di un tester quarantacinquenne ex-agonista che fa diecimila chilometri l’anno e che in soglia ha un rapporto di 4.61 W/kg), quel che dà l’idea di quanto la Filante SLR sia stata subito apprezzata dai corridori, è che all’indomani della sua presentazione – lo scorso anno – è subito diventata modello particolarmente apprezzato dai team professionistici sponsorizzati “Wilier”, cui il marchio veneto mette a disposizione sia questa Filante SLR, sia la già nota 0 SLR. Così, se quest’ultima è generalmente la bici prediletta dai corridori leggeri o dagli scalatori puri, la Filante SLR si pone come opzione più adatta per i corridori veloci, i passisti o i passiti scalatori.
Non solo: la realtà dei fatti ha dimostrato che molti corridori alternano indifferentemente la “0” con la “Filante” in base al percorso (uno su tutti il danese Jakob Fugslang), e questo sia a conferma delle strettissime affinità geometriche tra i due modelli, sia della versatilità di entrambe le piattaforme.
La aero bike secondo Wilier Triestina
Per anni il requisito tecnico più richiesto sulle bici da corsa da competizione è stata la leggerezza, ricercata in stretta relazione con la robustezza e la rigidità; in questo senso i progressi sui materiali e sulle tecniche di lavorazione sui materiali compositi hanno raggiunto livelli notevoli già sette, otto anni fa; semmai la novità delle ultime stagioni è che i costruttori riescono a ottenere telai piuma anche se questi ultimi sono “disc”.
Tant’è: questo aspetto – congiuntamente al limite di peso che l’Uci impone alle bici dei prof – ha fatto sì che da qualche anno a questa parte il “pendolo” degli investimenti tecnici e ingegneristici applicati al segmento delle bici da strada “race” si sia spostato sempre più verso l’aerodinamica, la riduzione della resistenza al vento; allo stesso tempo il ciclismo prof ha conosciuto un significativo livellamento verso l’alto di tutti i suoi protagonisti; oggi il plotone viaggia sempre di più – e lo fa sempre più a lungo – a “gruppo compatto”, procedendo a medie folli dal primo all’ultimo chilometro di gara, ricercando spasmodicamente quei marginal gains che possono scaturire da dettagli minimi, fino a qualche anno fa inesplorati.
La bici ideale, in questo senso è stata per molto tempo quella cosiddetta “aero”, ossia quella che – data per acquisita la leggerezza – mette la riduzione della resistenza al vento in cima alle sue priorità. Ecco allora che sul mercato e in gruppo si sono viste arrivare bici incredibilmente “taglienti”, dai profili acuminati e dalle architetture estremamente integrate, bici che sì hanno segnato record in galleria del vento, ma che in fondo perdevano un po’ troppo di vista la realtà delle vere condizioni di una corsa in bici, ben diverse dalle condizioni “da laboratorio” che simula una galleria del vento.
Già, perché bici così concepite, in certe situazioni e condizioni, erano anche piuttosto difficili da guidare, da governare, poco adatte a gestire la grande varietà di situazioni – sia pratiche, sia climatiche – che il corridore deve trovarsi a gestire in corsa. In questo senso negli ultimi tempi la bici aero è rimasta tale, è sempre uno strumento per vincere il vento, ma lo fa con forme esterne e un’architettura tecnica che le assegnano maggiore versatilità a gestire le turbolenze o a “digerire” improvvise folate di vento laterale, ad assicurare la medesime prerogative sia quando il corridore è a tutta e pedala con in presa bassa sul manubrio, sia quando lo fa ma restando in piedi sui pedali. Oltre ad essere aero la moderna bici da gara deve anche essere versatile: Wilier Triestina, in questo senso, con la nuova Filante SLR, ha segnato un benchmark tecnicamente ragguardevole.
Come è fatta
La Filante SLR eredita parte del patrimonio tecnico che “Wilier” ha sedimentato negli ultimi dieci anni della sua storia produttiva attraverso le sue bici da corsa aero della sua collezione. La prima di questo filone fu la Imperiale del 2010, l’ultima in ordine cronologico è stata la Cento10 Pro del 2017, che appunto questa nuova Filante SLR va a rimpiazzare nella collezione del marchio di Rossano Veneto. Per sintetizzare, rispetto a quest’ultima, le forme del telaio abbandonano in parte gli spigoli “vivi” e le sagome particolarmente affusolate, per trovare fattezze meno voluminose e tubazioni che sono sempre modellate per far defluire al meglio l’aria, ma farlo con profili smussati, dolci, arrotonditi, che ottengono un risultato aerodinamico eccellente se questo parametro lo si considera nella totalità delle situazioni aerodinamiche che caratterizzano la marcia in bici ad altissime velocità.
Per Wilier l’obiettivo dell’ambizioso progetto “Filante” è stato ottenere caratteristiche di penetrazione all’aria comunque superiori, ma con un peso e con caratteristiche di guida simili a quelle della 0 SLR, che per intenderci è il modello che con questa Filante SLR condivide il vertice del segmento Competizione di Wilier, ma rappresenta il modello versatile per eccellenza, la bici superlight, teoricamente più adatta per i grimpeur.
“Filante” vs. “0”, il confronto in numeri
Numeri alla mano, il dato di peso dichiarato da Wilier ha dato ragione al grande sforzo tecnico e progettistico della Filante: 870 i grammi dichiarati per una taglia M verniciata, solo 90 in più rispetto al telaio 0 SLR. Se ci spostiamo dal peso assoluto al rapporto di quest’ultimo con la rigidità, Wilier informa che la STW (rapporto rigidità/peso) della Filante SLR è il 12,5% superiore a quello della 0 SLR. Sempre per rimanere in tema di pesi, agli 870 grammi del telaio vanno aggiunti i 360 grammi della forcella, i 165 grammi del reggisella e i 350 grammi del nuovo manubrio integrato dedicato a questo frame.
Allestimento esclusivo, di vertice, nuovissimo
La Filante SLR che abbiamo testato ancora non figura tra gli allestimenti “alla carta” di Wilier, visto che accoppia al Campagnolo Super Record Eps le nuovissime ruote Campagnolo Bora Ultra WTO 45, che la Casa veneta ha presentato lo scorso aprile e che Cyclinside ha testato in anteprima qui.
Wilier ha però già inserito in gamma un allestimento molto simile a questo, differente perché anziché da 45 mm, le Bora Ultra WTO montate sono quelle alte 33 mm. Il prezzo, in questo caso, è 12.600 euro.
La Filante SLR è poi disponibile in altri undici montaggi di serie, che partono da quello di “primo prezzo” con Shimano Dura-Ace Di2, in vendita a 7200 euro. Filante SLR è infine in vendita anche come frame-kit (telaio, forcella, scorrimenti di sterzo, reggisella, manubrio interato), a 5000 euro.
Ulteriori informazioni: www.wilier.com