17 mar 2014 – Una cronometro si vince sui secondi, anche sui decimi se serve. E ci sarà sempre un primo ed un secondo, non importa la differenza.
È per questo motivo che i dettagli possono fare una differenza enorme se questa comunque significa una posizione sul podio o la vittoria di una corsa a tappe.
Negli anni il modo di affrontare le gare a cronometro è cambiato così come è cambiato lo studio sulla posizione del ciclista. Il corridore disteso in avanti è più aerodinamico, di qui l’utilizzo delle prolunghe che permettono anche alle braccia di assumere la caratteristica posizione aerodinamica. Ma non è detto che più ci si distende e meglio è. Il ciclista deve pedalare, non è fermo, per questo motivo anche gli studi in galleria del vento si sono presto evoluti: non più l’atleta fermo di fronte al vento, ma in movimento. E dopo la galleria del vento ci si è spostati in pista per verificare, strumenti alla mano, l’efficacia di quanto elaborato in galleria del vento.
Caschi più corti di una volta
E a cronometro i caschi si accorciano. Lo avete notato? Anche nella prova iniziale della cronometro a squadre, i caschi aerodinamici sono diventati più corti rispetto alle “pinne” che si potevano notare fino a un po’ di anni fa. Il motivo è nell’evoluzione della ricerca aerodinamica.
Scoperte clamorose? Niente affatto, si tratta solo di un’evoluzione dei test che hanno portato ad un maggiore realismo nell’analisi aerodinamica. Il corridore in galleria del vento, infatti, non va considerato solo nella posizione ideale assoluta del suo gesto atletico, ma deve essere considerato nella totalità del movimento. Mettere un corridore fermo in posizione, infatti, ha portato ad allungare le code dei caschi aerodinamici (visto lo spazio a disposizione qualcuno ci aveva infilato dentro anche la radiolina di comunicazione con l’ammiraglia). Ma nella realtà, ci si è resi conto presto, le cose sono un po’ diverse. La superficie della “coda” del casco può diventare un freno aerodinamico importante non appena il corridore si sposta dalla posizione ideale. Questo significa che come l’atleta fa un movimento che lo scompone dalla posizione ideale, rischia di perdere tutto il vantaggio che il casco aerodinamico gli ha dato fino a quel momento.
Ecco allora i caschi più corti e compatti, che non sono affatto meno filanti. Poi c’è il lavoro sui body. Anche il modo in cui l’aria colpisce e scivola via sull’abbigliamento può fare una bella differenza e allora chi produce questi capi si dà da fare a renderli sempre più efficaci proprio nella superficie offerta all’aria.
Intanto, però, vi mostriamo un documento inedito che avevamo avuto qualche tempo fa a seguito di un test in galleria del vento da parte di Fabrizio Macchi.
Nel video che segue si nota quanto il solo movimento della testa dell’atleta incida sul grafico sottostante che indica la resistenza all’aria.
Redazione Cyclinside