Allenarsi in altura serve. Non è solo una ricerca di fresco, anzi, in altura si cerca l’aria povera di ossigeno per stimolare il fisico ad un recupero più veloce in maniera naturale e anche per rigenerarsi.
Ecco, anche stavolta, i consigli di Davide Martinelli durante un periodi di lavoro a Livigno.
Cominciamo dall’inizio: che cosa significa allenarsi in altura?
«Vuol dire star su almeno 15 giorni e a un’altitudine sui 1800-2000 metri. In altura si lavora bene perché ci si scarica anche mentalmente e allora si affrontano anche meglio gli allenamenti.
«Uno dei motivi che aiutano a lavorare meglio è anche perché questo tipo di allenamento si fa in un periodo dell’anno in cui si hanno obiettivi a breve e medio termine.
– Inoltre si segue anche correttamente il regime alimentare perché ci sono poche cose su cui si deve stare concentrati e non ci sono molti altri pensieri oltre a pedalare e recuperare bene.
– La condizione va a migliorare perché in altura si finisce con l’allenarsi comunque su dislivelli importanti. Attenzione però a non esagerare con l’intensità, cosa in cui parecchi tendono a eccedere».
Eccedere può essere andare ancora più in alto, ma si corre il rischio di andare incontro ad alcuni inconvenienti, come non dormire bene o il cosiddetto mal di montagna che porta mal di testa, malumore e recupero non ottimale tra un allenamento e l’altro. Tutti inconvenienti dovuti alla minore presenza di ossigeno che è proporzionale all’altitudine in cui ci si trova.
«La mia località è a 1.800 metri – spiega Martinelli – e mi ci vogliono tre giorni per l’adattamento. Nelle prime uscite non arriviamo mai al medio di battito cardiaco. È i fisico che si deve adattare alla minore presenza di ossigeno».
Ci sono diverse teorie e convincimenti sull’altura. Per Martinelli vale la scuola di pensiero. Per Martinelli vale quella dello ”Sleep high and train low,” ossia passare la giornata e dormire in quota ed allenarsi a quote minori, al di sotto dei 1.200 metri.
«Solitamente mi alleno a Maniva, a 1.800 metri. In allenamento scendo per 8-9 chilometri e, a valle, trovo percorsi ideali con salite per tutti i tipi di lavoro che devo fare. Dormendo in quota e allenandomi in basso ho i vantaggi dell’alture ma senza gli svantaggi di non poter fare lavori ad alta intensità, sconsigliati – appunto – sopra i 1.600-1.800 metri.
«Inoltre ai piedi del passo Maniva posso anche preparare le cronometro, perché ad altitudini poco elevato si può fare ogni tipo di allenamento e anche la simulazione della corsa».
L’adattamento all’altura dell’Alta Valtellina, invece, è diverso.
«Quando vengo già da qui mi rendo conto di essere meno brillante nella prima settimana. Facciamo lavori di forza e resistenza e difficilmente superiamo il medio. Niente sedute ad alta intensità, ecco perché bisogna essere bravi a regolarsi in allenamento così che il fisico possa recuperare adeguatamente tra un lavoro e l’altro. Una volta scesi, poi, si riprende con sedute dedicate alla qualità e alla velocizzazione (dietro moto a ritmo di gare a allenamento ad alta intensità come 40″-20″ o accelerazioni violente di 2-3′ minuti vicino al mio massimale.
«Lavori di questo tipo, insomma, mi permettono di incrementare subito la condizione ed essere pronto a una corsa di un giorno.
Insomma, per allenarsi in altura non basta andare in un posto a una certa altitudine. Occorre sapersi programmare e avere un piano ben chiaro della preparazione da svolgere. L’altura, spiega ancora Martinelli, permette di rigenerarsi e di alzare l’ematocrito. Oppure rimane costante e si può fare quantità.
«L’importante e è non avere obiettivi agonistici a breve scadenza (3-5 giorni), perché quando si scende non si è subito al 100 per cento della condizione. È molto vantaggioso se si hanno obiettivi a una quindicina di giorni, invece, magari inserendo due o tre gare nel mezzo che fanno ritrovare la brillantezza del ritmo di corsa».
“Richiami” in altura
Alcuni atleti, però, effettuano sessioni in quota con costanza e non sempre con permanenze di due settimane. Che differenze ci sono?
«È un tipo di preparazione diverso che ho fatto anche io. Due o tre sessioni nel giro di 40-50 giorni. Se nel mese precedente si è fatto del lavoro in altura di un paio di settimane si sarebbe pronti subito a un lavoro intenso. Il fisico “ricorda” la sessione precedente ed ha bisogno di un tempo minore per adattarsi. È un fatto provato scientificamente e in questo caso possono essere redditizi anche 8-10 giorni a livello di produzione di globuli rossi».
E ancora più su?
«Una cosa che non ho mai fatto, ma che so essere efficace – spiega Martinelli – è passare una settimana in altitudine, sui 1.800 metri e poi spostarsi in quella seguente ancora più in alto. Ci si adatta più rapidamente e per il fisico lo shock è minore rispetto al passare da zero a 2.500 metri. Magari in futuro proverò anche io questa tecnica.
Quando andare in altura?
Ovviamente per i corridori dipende dal calendario delle corse che si hanno in programma ma anche dalle caratteristiche atletiche.
«I corridori che puntano ai Grandi Giri in altura hanno anche l’opportunità di fare salite lunghe, penso in particolare agli Olandesi e ai Belgi.
«Chi punta alle Classiche va in altura a febbraio e marzo. Sembra una moda ma c’è il rischio di perdere in esplosività. Per le gare di un giorno credo sia più utile allenarsi su percorsi vallonati senza salite lunghe. E poi a inizio stagione si è ancora freschi e non si sente necessità di rigenerarsi».
«Prima del Giro d’Italia o del Tour de France, invece, può essere più utile. Ogni corridore, in base al proprio programma di gare, fa almeno due o tre sessioni in quota durante l’anno. Ad esempio molti vanno anche a metà stagione, quando il calendario è più leggero e non ci sono gare in programma.
Alimentazione
Allenandosi in altura l’aspetto alimentare non è certo secondario. Martinelli pone l’accento sul rischio di mangiare troppo poco.
«È necessario aumentare la quantità di proteine, altrimenti si rischia di perdere massa muscolare. Il consumo energetico in altura è più elevato perché aumenta il metabolismo basale necessario per mantenere le funzioni vitali (respirazione, sistema nervoso, circolazione sanguigna, e così via), soprattutto nei primi giorni di permanenza in quota. Occorre inserire un po’ di calorie in più rispetto a quando ci si trova a quote inferiori.
Attenzione a non esagerare
«Il rischio di perdere massa muscolare porta alla condizione di superallenamento e ci si gioca una bella parte della stagione. Una volta “entrati in catabolismo” ci si deve fermare per almeno 15 giorni. Alcuni atleti si sono giocati un anno di carriera per questo motivo.
Quindi, niente diete restrittive quando si rimane in alta quota.
Redazione Cyclinside (con Pietro Illarietti e sportplushealth.com/)