4 ago 2018 – C’è un qualcosa che molti, sia fra i corridori che fra chi segue da fuori, fa fatica a capire nei risultati delle gare. Non basta sommare watt, controllare le calorie, seguire le tabelle come un computer. Nello sport e nel ciclismo c’è qualcosa di più, e non parlo degli imprevisti: parlo di quel feeling tra persone, di quello che viene spesso definito l’ambiente giusto per fare risultato. L’ambiente all’interno di un team.
Molti corridori trovano questo mix pregiato di rapporti interpersonali e lo abbandonano in cerca di gloria personale o di una maggior retribuzione economica. Non capendo che l’ambiente giusto è difficilissimo da replicare, a volte quasi impossibile.
E così a questo Tour abbiamo visto che chi ha cambiato squadra in linea generale ha finito per fare flop. Partendo da uno dei più attesi, Landa, che ha lasciato la Sky per provarci. Lo spagnolo è stato anche sfortunato, è vero, ma lo era stato anche l’anno scorso a volte. Eppure l’anno passato aveva palesemente un’altra condizione, in salita e soprattutto a cronometro. Opaco, anche se non il peggiore fra quelli che hanno cambiato squadra. Il premio di peggior cambio di casacca infatti lo vince Kittel, che alla fine guarda il Tour in TV, e addirittura è criticato dal suo stesso team per il comportamento che tiene giù dalla bici.
La scommessa più grossa l’aveva fatta Barguil, andando a correre per un team Professional. Scommessa persa. E non perché si tratti di un team Professional: Barguil avrà avuto sicuramente uno staff dedicato pari a quello dei Team World Tour. Ed avrà seguito gli stessi metodi di preparazione. Ma qualcosa non ha funzionato.
A questo gruppo di delusioni possiamo aggiungere anche Cavendish: non ha cambiato colori quest’anno, ma sicuramente da quando ha lasciato la Sky non è più stato quello di prima.
Insomma bisogna smettere di pensare che il ciclismo sia uno sport individuale. Forse non è un gioco di squadra come il basket o simili, ma sviluppa comunque situazioni dove la squadra è fondamentale, e non solamente per i giochi di scie e gli aiuti in gara. I corridori sono un po’ come i piloti di Formula 1. I campioni sono loro, ma se non hanno tutta una “macchina” preparata prima non possono essere competitivi. E quando tutto fila liscio, quando la macchina funziona, cambiare è sempre un rischio.
Stefano Boggia
Penso sia stato confuso Greipel con Kittel..
Grazie Nagio. Hai ragione. Abbiamo corretto!