22 apr 2017 – Una persona che sorride non dovrebbe morire mai. E quando capita si nota di più. Perché associare il suo nome, il suo ricordo, alla parola “morte” è ancora più innaturale. Soprattutto in questa giornata bella di primavera color verde forte.
Una giornata perfetta per uscire in bicicletta, di quelle che non te le immagineresti diversamente e non l’aveva pensata diversa nemmeno Michele Scarponi al via col fresco della mattina per un bell’allenamento fatto di serenità. Quella di una bella corsa appena conclusa alle spalle (il Tour of the Alps, dove ha pure vinto una tappa), quella di una corsa da sognare davanti: il Giro d’Italia che si apprestava a correre come capitano del suo team orfano di un Fabio Aru alle prese con un problema fisico.
Un’uscita tranquilla, senza strafare, come quando studi ma sai già la lezione e allora apri i libri ma sei già a posto con la coscienza. Ce la immaginiamo così la sua pedalata nel fresco di questa primavera che ci ha ripensato per un attimo.
In bicicletta ci sono tanti pericoli si dice, ci sentiamo un po’ eroi a parlare di quelli scampati perché il traffico fa male per quello che respiri e può fare peggio quando c’è indisciplina. Quanti pericoli scampati troppo spesso. Oggi non è andata così, ma nel modo peggiore e un “non l’ho visto” di chi non ha dato la precedenza.
Una risposta che dà degli imbecilli a tutti quelli che iniziavano a commentare che i ciclisti hanno sempre torto ché tanto non rispettano mai le regole. Sarà pure vero a volte, ma i ciclisti sono quelli che hanno sempre la peggio quando la maleducazione si mette alla guida di qualsiasi mezzo.
Ma non dev’essere neanche una resa il dolore di oggi. È quello che capita di continuo in troppe famiglie durante l’anno e non si arrendono e non ci arrendiamo neanche noi con loro. Stavolta c’è il nome importante, ma tanti dolori privati rimangono in fondo ai pensieri di chi pensa alla sicurezza. Sicurezza che dovrebbe essere fatta di controlli, oltre che di regole. Non serve aggiungerne altre e neanche servirebbe rinchiudere i ciclisti nelle riserve delle ciclabili. Le strade sicure sono anche quelle tenute con civiltà. A che serve mettere un limite di 30 all’ora su una statale a doppia corsia devastata dalle radici? Chi lo rispetterà mai quel limite che serve solo a far lavare le mani a chi avrebbe la responsabilità di tenerla come dovrebbe. E si rischia di abituarsi a un rispetto delle regole personale.
Neanche ci sono tifoserie cui appartenere. Quando c’è un incidente è da stupidi pensare che sia colpa di uno o dell’altro a priori. È un ragionare allo stesso modo di chi ha provocato l’incidente, anzi peggio pure. Perché l’errore può capitare a tutti. Il rispetto delle regole dovrebbe limitare l’errore a una frenata un po’ più brusca e basta o a uno spavento. La tragedia è andare oltre.
Neanche, e non sia mai, deve passare il messaggio che il ciclismo sia pericoloso. Le strade lo sono per colpa dei distratti e dei maleducati. Ma si può fare e si può migliorare. Altrimenti tutti i Michele Scarponi che conosciamo sono morti ancora peggio.
Questa è la responsabilità che ci lascia Scarponi.
GR