22 nov 2019 – Oggi è la giornata delle donne, ma non in senso positivo. È di stamattina la notizia dell’investimento di Letizia Paternoster mentre era in bicicletta. Colpa di un’auto su una rotonda a quanto pare e per la nostra azzurra una frattura allo scafoide, botte e uno spavento.
“Solo” uno spavento, a quanto pare, per Vittoria Bussi. Sempre oggi, sempre per colpa di un’automobile che le ha tagliato la strada ad un incrocio. Caduta, paura di una frattura che sembra scongiurata a vedere le lastre (ma domani l’attende un’altra visita ortopedica). Altra rabbia, un altro spavento, copioni simili.
Qualche giorno fa un grido di disperazione da parte di Alessandro De Marchi, sfiorato da un’automobile con la fretta di andare a fare una commissione.
Andando ancora un po’ indietro la segnalazione di un altro Alessandro, Ballan stavolta, che si era trovato in una situazione di pericolo ingiustificato. Sempre in bicicletta. Sempre trattati con sufficienza, distrazione, intolleranza nel peggiore dei casi.
La cosa più brutta di questi incidenti è che non ce ne stupiamo quasi più. Guardate le cronache di qualsiasi città, i giornali locali, quelli che riportano le notizie “minori” degli incidenti che vengono comunicati soprattutto perché danno problemi al traffico. Quelle notizie che i quotidiani nazionali ormai ignorano a meno che non ci sia di mezzo un nome famoso, qualcuno per cui “valga la pena” parlare. Perché, appunto, fa notizia.
Gli altri mille signor nessuno subiscono e sperano almeno in un risarcimento, se hanno la fortuna di poterla raccontare. Agli altri mille signor nessuno corrispondono almeno diecimila incoscienti che guidano al di sopra delle proprie capacità. Quelli che pensano che tanto sono attenti e un’occhiata al cellulare si può dare. Quelli che quella curva la conoscono e allora danno un po’ più gas, tanto non c’è mai nessuno.
Solo che succede che poi su quella curva è un po’ bagnato, quel messaggio sul cellulare prende l’interesse per una frazione di secondo in più e la strada passa. Avevamo già fatto il conto, lo riportiamo ancora: a cinquanta chilometri orari si percorrono 13 metri in un secondo. Tredici metri di cecità se si guarda il cellulare per un secondo, per non parlare se i secondi sono due o la velocità maggiore e così via. Volereste su un aereo dove il pilota facesse l’atterraggio bendato?
È quello che state facendo nella vostra auto ogni volta che guardate il cellulare.
Per dire solo uno delle cause che appaiono più diffuse, attualmente, come causa di sinistri.
Ma i ciclisti sono troppe volte vittime di superficialità che diventa odio. Quello che leggiamo in troppi commenti.
E in questo pezzo abbiamo parlato di ciclisti e cicliste che pedalano di professione, sono perfettamente coscienti dei rischi che corrono e rispettano il Codice della Strada. Quindi, per favore, evitiamo i commenti che “però i ciclisti”. In questo caso sono fuori luogo. Ma anche negli altri, abbiamo visto
Ci vuole civiltà, non solo da parte di chi guida, ma anche da parte di chi amministra. Un regolamento non serve quasi a niente se non ne viene controllata l’applicazione. Inutile anche aggiungere nuove regole più restrittive. E non si può più neanche uscire in bicicletta con questa sensazione di precarietà.
Occorrono i controlli. Ne occorrono tanti.
Guido P. Rubino
Rispetto tra ciclisti e automobilisti: impariamo dalla Spagna