17 mag 2015 – Bici a motore al Giro d’Italia? Certo che detta così e buttata lì da un ex campione come Mario Cipollini la cosa fa discutere. Ora, senza stare a giudicare l’opportunità o meno delle uscite di Cipollini, torniamo sul discorso motorino sulle biciclette da corsa.
Assunto che un motorino in una bicicletta da corsa possa essere inserito (ne avevamo parlato già cinque anni fa – qui l’articolo) e ovviamente chi produce questo oggetto dice che ne vende “molti” (numeri tutti da verificare, ma non c’è alcun problema a credergli), il sospetto è il risultato di un ragionamento ovvio: se ne vende tanti, qualcuno li usa. Tanto più che si è già detto come questo sistema, piuttosto rumoroso nel kit messo in vendita, possa essere silenziato abbastanza facilmente (basta sostituire gli ingranaggi metallici con altri in teflon, meno durevoli, ma perfetti allo scopo dell’inganno). Anche la batteria può essere facilmente nascosta nel telaio.
Il sospetto, però, non fa prove, solo chiacchiere, e andarci dietro è affascinante per molti, ma giornalisticamente parlando, pure se fa vendere di più, non è accettabile. Anche perché c’è da fare un ragionamento inverso che rende chiaro come il “doping tecnologico” non sia paragonabile a quello chimico. Al di là della differenza evidente, quello chimico, che agisce sull’atleta, fa parte solo della sua sfera personale. Benché possa essere discutibile che un atleta possa fare tutto da solo e la squadra non si accorga di nulla, è comunque un ragionamento accettabile.
Cosa ben diversa, invece, è truccare una bicicletta. Anche di questo si era già parlato ai tempi pure dei sospetti infondati e fantasiosi della bici di Cancellara alle Classiche. La bicicletta di un corridore va in mano ai meccanici, sicuramente più di uno, per cui il coinvolgimento non è più solo del corridore. Difficile immaginare che i meccanici si accordino col corridore, all’insaputa degli altri e, soprattutto, del resto della squadra. Ammettiamo che si possano corrompere, chissà, ma ci vogliono parecchi soldi immaginiamo, visto quel che si rischia. Poi, se un campione utilizza una bici truccata è inimmaginabile che lo faccia all’insaputa del direttore sportivo. E così, probabilmente, si può salire nel ragionamento con tutto il team, o quasi. E già la cosa appare decisamente più difficile rispetto alla banalità dei discorsi buttati lì al bar.
E ancora: bici truccata, corridore, meccanici, team… ne dovrà essere molto probabilmente al corrente anche il costruttore della bici se, a quel che si dice, alcune modifiche riguardano anche la parte strutturale del telaio. Potremmo provare a immaginare un lavoro “casalingo”, con la complicità di qualche artigiano e di un verniciatore bravo, tutto si può fare, tutto si può immaginare, ma probabilmente siamo già, e da parecchio, nel campo della fantascienza. Anche perché se una cosa del genere fosse pure possibile coinvolgendo meno persone, il rischio che qualcuno parli, prima o poi, è alto. I danni sarebbero devastanti, molto più di un corridore dopato. Perderebbe in credibilità una squadra intera e anche uno sponsor che di soldi ne dà parecchi per promuovere il proprio marchio. E non stiamo parlando di biciclette sconosciute, ma di marchi leader nel mercato mondiale. Insomma, la bici truccata è fattibilissima, ma è improbabile che venga usata.
La bici di Contador
Il rilancio del doping meccanico è avvenuto in seguito al cambio di bici fatto da Alberto Contador prima della salita dell’Abetone. Ha senso cambiare la bicicletta prima di una salita?
Qui ci addentriamo in altri ragionamenti. Pur senza voler cambiare telaio ci potrebbero essere modifiche nella scelta di ruote e rapporti (anche sulla guarnitura) diversi. Modifiche che è più facile fare cambiando bici, che non sostituendo le ruote (tanto meno la guarnitura).
Poi, di questo cambio, non sono troppo convinti nemmeno in Specialized. «Si tratta più di un effetto placebo per il corridore – ci fanno sapere dalla casa madre – anche perché se si parla di cuscinetti più scorrevoli e cose di questo tipo, il vantaggio che ci può essere in laboratorio è difficilmente rapportabile all’uso su strada dove i fattori in gioco sono molti di più. E in ogni caso si paga con gli interessi il tempo di andare in fondo al gruppo, fermarsi, prendere la bici e ripartire e recuperare la posizione dopo aver pure perso il ritmo della pedalata. Ammesso pure che nessuno scatti si paga con gli interessi quel poco che si guadagna.
«Può avere più senso se c’è un discorso di cambio rapporti, certamente non conta il peso della bici, visto che il limite dei 6,8 chili non si può abbassare. Anche sulle gomme: per molti meccanici maggiore pressione è sinonimo di più scorrevolezza. Abbiamo già dimostrato che non è così. La pressione della gomma deve essere in base alla sua struttura e al peso del corridore. Gonfiarla il più possibile, senza tenere conto degli altri fattori, significa rendere la ruota meno scorrevole perché assorbe meno le rugosità della strada e fa perdere potenza».
Tutto sommato ha ragione Contador quando dice che il motorino lui lo ha nelle gambe. E possiamo perdonargli pure quell’umanità di cercare convinzione in un cambio bici. Ma il motorino, alla luce di queste cose, sembra decisamente fantascienza per un corridore e un team di questo livello.
Guido P. Rubino