Tempo fa abbiamo seguiro una discussione su Facebook partendo da una foto dove un ciclista mostrava rassegnato il suo telaio in fibra di carbonio rotto, si dice, a seguito di una banale caduta, ma soprattutto non sufficientemente robusto perché falso.
Al di là della corrispondenza al vero della foto e del suo commento, la discussione che ne è nata tra altri avventori del social network si è focalizzata sulla reale qualità dei telai palesemente falsi. Cioè, non si diceva che falso è male, ma che falso è bene e magari anche meglio dell’originale. E se non è meglio è almeno uguale e poi costa meno di un quarto e così via.
Se a qualcuno la cosa appare assurda, ad altri no e, anzi, vengono affermate con veemenza le ragioni del falso che di solito (anche in altre situazioni mi è capitato di leggere cose simili) sono che telai di questo tipo sono uguali agli originali, solo che non passano per la catena del marketing ufficiale ed ecco il risparmio importante.
Il problema è che quei telai non solo passano per la linea di vendita ufficiale (e già basterebbe, perché si è al di fuori della legge, che ci piaccia o no), ma non passano nemmeno per i percorsi di sicurezza che ogni telaio deve avere per essere venduto sul nostro territorio. Non basta che un telaio sia uguale esteticamente a un altro per essere lo stesso. Il composito può essere diverso (e spesso il peso cambia, infatti), lo stampo utilizzato per la realizzazione può non avere più le specifiche richieste (c’è un ciclo vitale anche per gli stampi) e i controlli di produzione e qualità sono probabilmente saltati a pie’ pari, visto che avrebbero un costo che nei telai falsi non c’è.
Che vuol dire in parole povere?
Che telai e componentistica falsi (ma anche in quelli anonimi di provenienza non certificata da un importatore ufficiale) non hanno alcuna garanzia legale né copertura in caso di danni o incidenti. Non si tratta solo di vendere la scatola col mattone dentro, ma di mettere in sella qualcuno, consapevole o meno, che rischia la sua incolumità. E in caso di incidente sia chi ha montato quel telaio (prima) che chi lo ha venduto (poi) sono penalmente responsabili. Sicuri che ne valga la pena?
Il ricarico delle aziende
Ecco, la scusa principale di chi giustifica i comportamenti illegali è proprio la “colpa” della aziende accusate di ricarichi esagerati sui prodotti che, anzi, essendo prodotti in oriente, costano molto meno di quanto sarebbero costati “una volta”. È vero, le biciclette costano tanto, anche troppo. Una volta una bicicletta costava più o meno quanto uno stipendio medio, oggi ha doppiato quel valore, anche triplicato e oltre. È vero, c’è il marketing da sostenere, la pubblicità e quant’altro faccia di quel telaio un qualcosa di appetibile per l’utente finale. Sì, non è un segreto che si paghi anche questo e non è neanche il male questo: è normale avere il piacere di pedalare sulla stessa bicicletta del campione piuttosto che sul telaio sconosciuto. Si esagera? Non è detto: in una bicicletta di oggi c’è pure molta tecnologia in più.
In realtà progettare un telaio moderno può costare un bel po’. Dal progetto, alle simulazioni, ai test, alle prove in galleria del vento, alle certificazioni e poi magari la personalizzazione della produzione: tutti costi da ammortizzare e spalmare sui pezzi che si immagina di andare a produrre di quel modello. Qualcuno ci marcerà un po’ sopra, raccontando di più di quel che fa, ma il marketing segue la sua strada. D’altra parte non è nemmeno un segreto che il nome importante si paghi più del piccolo artigiano senza costi promozionali da recuperare. Non vale così anche nella moda e in altri beni di consumo? Così come il cellulare di grido costa una cifra folle se rapportata all’effettivo valore del materiale che lo compone. Pure qui sarebbe errato non considerare tutto quel che c’è dietro a quel semplice oggetto che tiriamo fuori dalla scatola.
Nella foto d’apertura una fase del controllo qualità in un’azienda di selle italiana
Quindi?
Attenzione. Perché, va ribadito a costo di essere noiosi, qui ne va della nostra incolumità prima ancora che della fedina penale. E se vi dicono che non è così e che la sicurezza c’è e vi vogliono solo far spendere di più, sono in cattiva fede. Giocano con la vostra vita.
Guido P. Rubino
Biciclette e componenti falsi? Ecco come difendersi e cosa si rischia
Sarebbe bello leggere un articolo su questo stesso tema supportato da dati reali e fatti accertati, piuttosto che da opinioni.
Come si può affermare che i produttori orientali che vendono direttamente all’utente (occidentale) non eseguono controlli di qualità e non progettano a dovere i loro prodotti avendo come riferimento solamente i prezzi finali?
E no, non sono opinioni. I telai sequestrati in operazioni di controllo spesso vengono testati e i risultati sono disastrosi in termini di resistenza a rottura e a cicli di carico. Altri vengono aperti e dentro ci si trova di tutto (lo strato superiore “bello” è solo quello esterno, ma non è quello che fa la differenza tecnica.
Si badi bene: qui non è questione di saltare la dogana e qualche passaggio per togliere dei costi (come si fa con gli oggetti elettronici e far arrivare prodotti destinati ad altri mercati ma comunque funzionanti – pur se con problemi di garanzie non riconosciute ecc), ma proprio di produrre un falso, un’imitazione che non è l’originale senza i controlli qualità degli originali (i controlli qualità costano e anche chi produce in oriente ha un bel po’ di scarto – e sono costi che deve mettere in conto) e così via.
Quello che volevo dire è che con discorsi qualitativi non si potrà mai giungere ad una conclusione definitiva che descriva globalmente la realtà. Soffermandosi solamente su certe possibilità non quantificabili, ognuno può continuare col suo punto di vista girando il discorso come vuole.
Non mi riferivo solamente ai falsi (che comunque non si dovrebbero comprare per principio), ma pure a tutti i telai “no-brand” che si possono facilmente comprare online direttamente dai produttori orientali ad una frazione (anche un decimo) del prezzo dei brand occidentali.
Qual è la percentuale di questi telai falsi e no-brand che presenta un comportamento a rottura e una durata a fatica inferiori a quanto richiesto dalle normative occidentali?
Quant’è invece la percentuale dei telai marchiati da brand occidentali che presentano la stessa struttura interna “fatiscente” dei telai no-brand?
Finché non si riportano almeno questi dati, è impossibile avere una visione chiara della situazione e si può girare il discorso sia a favore dei marchi occidentali che dei produttori orientali.
Per esempio, se volessi favorire i telai no-brand, potrei far notare che i controlli qualità sfruttano per la maggior parte tecniche non distruttive di gran lunga più veloci del processo costruttivo in sè, quindi poco costose anche se venissero controllati tutti i telai prodotti. Pertanto, i costi di qualità stanno negli scarti. Però, per diminuire il numero di scarti basta semplicemente sovradimensionare il design del telaio (cioè aggiungere più materiale) in modo che anche una struttura con qualche difetto in più possa comunque soddisfare i parametri di sicurezza occidentali. I telai risulteranno mediamente più pesanti, ma comunque ci sarà più margine di affidabilità nel caso in cui ci siano dei difetti, quindi ci saranno meno telai da scartare. Questo giochetto le case occidentali non lo possono fare perchè sono ossessionate dai pesi ultra leggeri dei loro prodotti, quindi anche un minimo difetto può risultare in uno scarto. Ora, un tal sistema rigido di controllo che produce molti scarti, può giustificare un prezzo finale anche dieci volte maggiore? Beh, potrebbe esserlo solamente se la percentuale di telai scartati è uguale al 90%! Praticamente impossibile. Un divario di prezzi così alto lo si può giustificare solo introducendo i costi di marketing e progettazione dei marchi occidentali.
Comunque, finché non si riportano dati statistici, tutte le nostre osservazioni rimangono solo chiacchiere.
Magari fosse così semplice. In realtà questi numeri difficilmente si possono ricavare con una statistica degna di questo nome. Però ci sono anche telai “no brand” che arrivano in Europa e in Italia e seguono il normale iter dei controlli. Il problema dei falsi non è solo la costruzione che può esser fatta aggiungendo peso in più, ma anche le metodologie utilizzate che non hanno garanzia di sicurezza. Allo stesso modo non dovrebbero essere acquistati telai no brand, pure se no imitazione di altri, che non vengano dai canali ufficiali.
Uso da anni componentistica After market con estrema soddisfazione,senza problemi.certo bisogna saper scegliere.sono fatti talmente bene,che a chiunque verrebbe il dubbio di dire,perché spendere il triplo x un prodotto ugualmente valido? Io condanno chi acquista prodotti falsi con marchio originale,questo si,ma il resto purtroppo no. Troppi soldi ci fanno pagare x prodotti giustificati da ricerca.progetti è Bla Bla bla.la gente è stanca di essere spennata
Purtroppo la colpa è nostra. Dove c’è domanda il prezzo sale.le bici attuali non valgono tutti quei soldi,il prezzo è da folli. Pedalo ormai da una vita,ho visto ruote di marca rompersi sotto i miei occhi,è ruote diciamo false torturate senza avere problemi.questo dimostra che il prezzo pagato è ingiustificabile.le aziende dovrebbero meditare.capisco che devono guadagnarci ma a tutto c’è un limite.rimane una mia opinione
Stanno riducendo il ciclismo a uno sport da ricconi.come si fa a pagare un qualsiasi telaio x fare un esempio mediamente 3000 euro in su? Non a senso. Se costassero 500 600euro nessuno si sognerebbe di acquistare un falso.