27 lug 2018 – Si potrebbe definire l’ottava sinfonia delle Alpi: un ronzio di bici da corsa irrobustito dalle vibrazioni sulla mitica “Tremola”, dai cigolii delle bici d’epoca e dal sibilo delle bici elettriche che, quest’anno, hanno tentato di arricchire i partecipanti di un evento sinora solo spiccatamente agonistico.
Si dovrebbe rimarcare la qualità dell’ambiente circostante, la rarità di superare con tre su tre passi dalle altitudini ben superiori ai 2.000 metri, roba davvero per pochi. Un fatto che costituisce un fattore attrattivo che è capace di richiamare atleti dalle nazioni “ciclistiche” più importanti: non mancavano ovviamente svizzeri, tedeschi, olandesi, belgi, danesi, inglesi ma anche americani e australiani.
Si apprezzerebbe anche il lato musicale, quando, come in un concerto delocalizzato, i corni delle alpi hanno distribuito note in totale sintonia con i monti, tre a tre come da tradizione e anche per garantire una certa presenza sul percorso.
Si confermerebbe uno status ormai consolidato di “classica”, di appuntamento irrinunciabile per gli specialisti della montagna, per chi non teme scalate impegnative e vuole mettersi alla prova su un campo di gara prestigioso e impegnativo.
Si tratta insomma di un’edizione numero otto all’insegna della maturità, quasi della saturazione del proprio potenziale: senza il circuito del “Prestigio” che aveva alzato non poco il numero degli iscritti nel 2016, nel 2017 era tornata nell’ordine degli 800 iscritti anche per quest’anno, che probabilmente sarebbero stati molti di più con un meteo più gradevole nei giorni precedenti e sopratutto per quanto riguardava quello previsto per la stessa domenica 22 luglio. Fresco ma senza rovesci significativi. Non malissimo (anche se alla partenza i gradi erano a una cifra e la nebbia sulla Furka ha impedito la visione del paesaggio), non pericoloso, ma indubbiamente incerto e non gradevole come lo scorso anno.
Bene così, ma la crescita è dura. La chiave di lettura di questo evento sta quindi nelle aspettative del ciclista che vuole venire a viverlo. L’organizzazione è compente e preparata sotto tutti gli aspetti più importanti. Gli spazi al villaggio e di parcheggio sono notevoli, trattandosi di intere corsie dell’ex aerodromo di Ambrì. La “macchina”, insomma, gira per quello che è: non si tratta di una vera e propria gran fondo come intesa in Italia, ma di un qualcosa che assomiglia in parte a una randonnée, perchè dopo la prima salita del San Gottardo si viene immessi definitivamente nel traffico stradale sino all’arrivo, indipendentemente dal fatto che il percorso scelto sia stato il corto, il medio o il lungo.
A causa delle severe restrizioni federali, infatti, anche quest’anno non è stato auspicabile chiudere completamente alla circolazione i passi alpini interessati per la durata della gara. Il principio fondamentale è di garantire le valide alternative al traffico stradale considerando i diversi assi di collegamento che interessano il percorso di gara: Ticino verso gli Uri, Uri verso il Vallese e viceversa. Trattandosi di una domenica di grande esodo da Nord verso Sud, con code che raggiungevano in mattinata anche i 14 chilometri al portale Nord di Goschenen, è chiaro che le autorità non si sentono in grado di autorizzare una manifestazione sportiva ad occupare interamente la sede stradale, visto che sia per l’economia delle località di montagna, sia per costituire un’alternativa valida al traffico autostradale, non possono venire rilasciate autorizzazioni nel mese di luglio e di agosto a meno di eventi particolarmente eccezionali.
Le strade aperte sono il suo vero limite. Perciò pure in questa edizione, una volta superata la meravigliosa ascesa storica della Tremola, giunti all’Ospizio bisognava immettersi nella circolazione stradale arrivando al secondo punto di cronometraggio alla base della Furka, e così pure prima di salire al Passo della Novena. La formula di questo evento infatti conferma intelligentemente la redazione delle classifiche sulla base dei soli tempi registrati in salita, evitando almeno di trovarsi a lottare contro il tempo in mezzo alle auto pure in discesa: non ha più senso e, contemporaneamente, si dà il buon esempio per altri eventi di carattere amatoriale.
La causa però è nella data. A oltre 2.000 bisogna ricordare che può nevicare anche a luglio! Risulta difficile da cambiare per non andare incontro a condizioni meteo ben peggiori. È di conseguenza il grande problema di questo evento: poiché la strada per chiudere per bene il traffico non sembra facilmente percorribile, occorrerà accontentarsi di questo format. Che, come accennato all’inizio, si è voluto arricchire anche di altri tipi di utenti, tuttavia con scarsi risultati. La parte “classica” ha avuto comunque un certo numero di partecipanti, fra i quali è spiccato Andrea Bellati, il Vice Presidente del Velo Club Mendrisio che con l’occasione ha sottolineato il suo impegno a valorizzare le bici “classiche” in Ticino, annunciando di riproporre anche quest’anno “La Belvedere” per il 25 e 26 agosto.
Poteva essere un tripudio di e-bike. Ma non lo è stato: la partecipazione nella categoria non cronometrata, prevista anche per bici “normali” per chi avesse scelto di iscriversi al programma “Ride the Alps”, si è rivelata estremamente sotto alle aspettative, forse anche per scarsa informazione o per il deterrente del costo di partecipazione, seppure scontato rispetto a quello della gara. Un problema anche di percezione da parte del territorio: la pregevole iniziativa di Svizzera Turismo in collaborazione con Coop Svizzera era mirata a promuovere il godimento dei passi alpini più belli in assenza di traffico e sta riscontrando un grande successo in tutta la confederazione. Mentre in Ticino, nonostante sia un cantone con moltissime e-bike, non è stato ancora apprezzato il privilegio di poter percorrere, almeno una volta all’anno, un passo così importante e iconico senza la presenza delle auto e delle moto.
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Alex D’Agosta
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