18 ago 2019 – Chi conosce Beethoven sa che la sinfonia numero 9 è stata la “corale” più apprezzata, più classica del suo repertorio, più completa e patriottica. Occupandosi della cronaca della Granfondo San Gottardo, ci piace riproporre questo accostamento a una grande realizzazione musicale in quanto, come già raccontato negli anni precedenti, l’evento avrebbe un potenziale immenso anche di tipo “artistico”: potrebbe essere infatti una “lode” ad alcune delle montagne più belle della Svizzera, ma anche una vera “opera d’arte” fra gli eventi del ciclismo alpino. Dopo la Maratona dies Dolomites, non esiste infatti quasi altra grande classica così d’alta quota, così bella nel suo tracciato, spettacolare nello scenario che attraversa (incluso l’importante ghiacciaio del Rodano), e così ambita anche solo per le singole vette superate. L’arte, da non dimenticare, è poi il tema della Maratona 2020: non a caso, visto che è tracciata intorno al Gruppo del Sella e ad altri capolavori delle Dolomiti che, universalmente, sono ritenuti fra i monti dal “tratto” più bello e riconoscibile al mondo. Le vette più belle del mondo, insomma, oltre a essere arte divina, meriterebbero anche lo “stato dell’arte” dell’organizzazione, per offrire il meglio al ciclista e al turista che vorrebbero senza dubbio godere della visione di questi magnifici monumenti rocciosi in santa pace, cioè in assenza di traffico.
IL PROBLEMA SICUREZZA, OVVIATO CON LA NEUTRALIZZAZIONE
– Solo che, di fatto, la Gran Fondo San Gottardo un capolavoro non lo è, perchè fatica a crescere, a partire da problemi “intriseci”. Si parte dall’ospitalità, affidata in buona parte agli spazi offerti per camper e roulotte: non c’è molta collaborazione né troppo interesse da tutti i “Cantoni” attraversati (ricordiamo che si parte dal Ticino, ma si sconfina negli Uri e nel Vallese. Partendo e arrivando in Ticino, tuttavia, non possono essere interessati da atleti e accompagnatori che vengono apposta per gareggiare).
Poi, sopratutto, incombe un ostacolo che per certi aspetti pare quasi insormontabile, al capitolo “sicurezza”: è troppo impegnativo, visti anche i numeri non da “gigante”, chiudere le strade in una domenica di piena stagione estiva, poiché, fra l’altro, si tratta di collegamenti molto importanti e dalla alternative molto problematiche. In quanto a possibilità di ottenere permessi, luglio e agosto sono out per “eventi e manifestazioni”, anche se quando è passato il Tour de France nelle regioni più “interne”, ovviamente, l’eccezione è stata fatta. Soluzione? Un palliativo: si rallenta la foga agonistica, dando importanza solo ai tempi cronometrati delle tre salite. Ciò però non toglie la mancanza di “esperienza nella natura” che si era cominciata ad assaggiare sulla prima ascesa, quando sulla Tremola, di mattina presto, si poteva sentire qualche marmotta senza il disturbo dei veicoli a motore.
LA ROUBAIX DI MONTAGNA – E quindi anche quest’anno il suo pubblico affezionato c’era. Dall’Italia, dalla Svizzera e una bella fetta di “stranieri”, anche da molto, molto distante. Il richiamo del San Gottardo, della Furka e della Novena è irrefrenabile. Si parte con una delle strade più monumentali e meglio conservate fra le montagne europee. Negli “ultimi” seicento metri di dislivello, infatti, si apprezzano ancora 24 tornanti in pavé di granito, completamente distanti dalla nuova “superstrada” che arriva in vetta. Un fondo non semplice, con pendenze in alcuni casi anche impegnative, che fa sentire immersi però sin un’atmosfera unica, pensando alla storia di quella strada: determinante per lo sviluppo dell’Europa, ricca di persone famose che l’hanno solcata con diligenze di super lusso. Un “monumento” dicevamo e, soprattutto, anche l’unico tratto, solo in salita, che è stato chiuso al traffico. L’unica salita possibile da fare “in santa pace” prima di reinfilarsi insieme ai veicoli a motore, a prescindere dal percorso scelto. Già, perchè ci sono anche un corto e un medio che consentono di restare in Ticino e chiudere la gara entro pochi chilometri, ma richiedono di passare in una discesa molto larga ma che, negli ultimi chilometri a valle, è considerata “ad alta velocità” e quindi interdetta alle biciclette, tanto che a un certo punto è necessario rientrare nella “strada vecchia” onde evitare multe e rischi. Fattibile per chi ha esperienza, da evitare per famiglie con ragazzi troppo giovani o ciclisti poco esperti.
CON IL METEO A FAVORE COME QUEST’ANNO, È UNO SPETTACOLO RARO – Con i tre passaggi sopra a 2-000 metri (2.106 il San Gottardo, 2.436 del Passo della Furka e 2.478 del Passo della Novena), questa Granfondo / randonnée elvetica ripaga degli sforzi messi in campo e, forse unica del suo genere, vista propria l’eccezionale bellezza del percorso, registra una schiacciante maggioranza dei partecipanti come accennavamo proprio nel percorso “lungo”, che è di ben 113 chilometri e 2900 metri di dislivello da affrontare. A questo proposito, il 2019 è stato un anno davvero buono: per molti maniche corte già in partenza alle 8 da Ambrì, a 1.000 metri, e mai fresco più di tanto: il sole ha premiato i più e nessun disagio per il tempo.
IL PASTA PARTY COME A CORVARA – Di necessità è stata fatta virtù nel migliore dei modi possibile. Pur restando disponibile la pista dell’ex aerodromo di Ambrì come parcheggio e campeggio, visto che l’hangar precedentemente utilizzato è stato demolito pochi mesi fa a causa dei necessari lavori di costruzione di un nuovo impianto sportivo, l’organizzazione ha “traslocato” nella vecchia Valascia, ovvero lo stadio del ghiaccio di montagna più famoso di tutta la Svizzera. Per chi non lo sapesse, la struttura che ha ospitato, senza ghiaccio a terra, la logistica e il party della Gran Fondo San Gottardo, è un impianto davvero “mitico” nella Confederazione, perchè sede da tanti anni di una squadra di hockey che è stata un po’ l’equivalente del “Chievo” per il calcio italiano: l’HCAP Ambrì Piotta. La più piccola, dal paesello a 1.000 metri di altitudine con poche anime, che ha sfidato i ricchi e grandi team delle ricche e grandi città, togliendosi spesso grandi soddisfazioni.
I RISULTATI, DOVE CONTANO SOLO LE SALITE
– Visto che la classifica generale si stila, da sempre in questo evento, solo con la sommatoria dei tempi delle salite, i classificati meritano ancora di più di essere citati, perché si sono distinti più per lo sforzo che per i rischi. Nel percorso lungo (113km e 2.900m di dislivello) ha quindi trionfato Raphaël Addy, seguito da Luca Morelli e Graziano Bricalli. Nel medio (53km di lunghezza e 1.330m di salita), invece l’ordine del podio è stato: Marco De Filippis, Filippo Delponte e Davide Cattori. Sul corto (42km e la “sola” ascesa della Tremola di 930m), il più veloce è stato Alfredo Colombo, seguito da Andy Styger e Tobia Ackermann.
Tra le donne, nel lungo si è distinta l’atleta di Coira Nina Zoller, che ha segnato il miglior tempo su tutte e tre le salite ai passi, seguita da Eva Lindskog e Janine Meyer. Nel medio Samanta Massarenti, Paola Prioni e Alexandra Beckstein. Il corto è stato vinto da Nicoletta Giannecchini, poi Michela Paglia e Tijana Gonja.
LA MAGLIA PIÙ BELLA DI SEMPRE, RICHIAMA UN’ESPERIENZA TURISTICA DI GRAN CLASSE
Sviluppata ormai da alcuni anni da Santini, la scelta grafica è andata ancora su una bellissima immagine di una diligenza tirata da bellissimi cavalli bianchi, che non è solo una retrospettiva, ma una vera “pubblicità” di un “giro” turistico attuale e antico allo stesso tempo. Grazie all’impegno delle organizzazioni turistiche locali, è infatti ancora possibile partire da Andermatt la mattina e, salendo verso l’Ospizio dove avverrà il pranzo, si scenderà il pomeriggio verso Airolo. È una proposta divertente, rara e di cui la regione può andarne fiera perchè ben pochi possono offrire qualcosa del genere, capace di coniugare lusso, tradizione e bellezza ambientale. Operativo da metà giugno a fino agosto, meteo permettendo, per massimo otto persone (minimo sei), questo viaggio nel tempo sulla Tremola costa, soste incluse, 680 franchi a testa.
Alex D’Agosta