Temi caldi che a volte ritornano: che valore hanno le vittorie nelle gare amatoriali? Può davvero venir fuori un campione vero da competizioni nate per il ragioniere, l’avvocato e l’operaio? E se le aziende investono troppo sugli amatori che fine fanno le categorie agonistiche? È una questione di visibilità, che evidentemente rende, oppure di pensare anche al ciclismo del futuro?
Iniziamo con questo articolo che porta a una riflessione interessante. Oltretutto da parte di un addetto ai lavori che vede parecchi amatori in cerca di sponsorizzazioni.
Ho trovato l’aggettivo “Campione” riferito ad un ciclista che ha vinto svariate Granfondo, e mi è venuto un pochino da sorridere. Cerco la sua storia su internet e trovo un copione simile a tanti altri: inizia nelle categorie giovanili fino agli Under 23 della Federazione guadagnandosi quel colpo d’occhio e di pedale che difficilmente un ciclista che inizia la sua avventura sulla bici a 30 anni riesce a ottenere, poi lascia e passa alle Granfondo, ritrovandosi da mezzano del gruppo a vincente.
In Italia questo fenomeno è molto più accentuato che nel resto d’Europa, semplicemente perché all’estero puoi continuare a fare l’Elite, il “dilettante”, fino a 40 anni, dopo la categoria Under 23, mentre qui da noi a 27 anni sei costretto ad abbandonare. All’estero chi ha la pretesa di farsi chiamare campione può benissimo confrontarsi con gli Elite, e può persino fare qualche corsa con i pro di secondo piano, confrontandosi con il ciclismo vero, visto che le Granfondo tecnicamente potremmo definirle un altro sport.
I dislivelli delle Granfondo sono spesso superiori a quelli delle corse in linea dei professionisti. L’altimetria molte volte assomiglia a quella di una tappa di un Giro di media durezza, ma si tratta sempre di una gara di un giorno. La tecnica e tattica di gara non sono nemmeno paragonabili: se nei professionisti abbiamo 200 partenti tutti molto vicini a livello prestativo e tutti con il coltello fra i denti per vincere, nelle Granfondo dopo pochi chilometri la gara è trainata dai soliti 30 – 40, più o meno pagati per correre, che sono notevolmente superiori ai rimanenti 1000 o 2000 partenti che di lavoro invece fanno tutt’altro.
Risorse economiche e materiali destinati a corridori che vincono davanti al fornaio, all’avvocato o al meccanico creano un danno a tutto il movimento ciclistico che viene poco considerato, ma che sta minando le basi del nostro ciclismo nazionale. Molti sponsor rimangono abbagliati dal lustro di avere un vincente in gare di migliaia di partenti e addirittura con dirette televisive come per la Maratona delle Dolomiti, mentre le squadre giovanili arrancano sempre più. Il nostro ciclismo giovanile è economicamente non sostenibile in questo momento: il numero di gare è sceso del 70 per cento rispetto a qualche anno fa, costringendo squadre, atleti e genitori a trasferte lunghe. Non ci sono più i soldi per i materiali, e i rimborsi spese dati agli Juniores di una ventina di anni fa ora sembrano il racconto di una favola Disney. Il nostro futuro ciclistico in questo momento non ha ossigeno per vivere.
Con questo scenario ha senso valorizzare e definire campione un atleta che vince le Granfondo quando ci sono fior di Juniores che hanno livelli di prestazioni assoluti superiori ai granfondisti ma che stanno in silenzio a farsi la loro gavetta per cercare di realizzare il loro sogno di diventare un giorno professionisti?
Ha senso enfatizzare la competizione in queste manifestazioni? Ha senso anche per le aziende sponsorizzare gli amatori stessi, cioè quelli che dovrebbero essere gli acquirenti finali, anziché supportare il ciclismo giovanile? Non è una questione di regolamenti. Le Granfondo – eccetto poche eccezioni – non sono nemmeno prese in considerazione dall’UCI. Il problema parte da questi abbagli, da troppi aggettivi dorati che troviamo sui social e dalle persone che ne enfatizzano le qualità. Dovremmo impegnarci tutti invece a condividere ed applaudire i risultati dei nostri Allievi, Juniores e Under 23.
Stefano Boggia (www.daccordistore.it)
NB
La pubblicazione di questo articolo ha portato diverse reazioni. Tra le tante segnaliamo un appunto che ci hanno inviato gli amici Specialized che tengono a precisare il loro impegno in tutti i settori del ciclismo, oltre che quello ben conosciuto dei professionisti e l’attenzione al mondo amatoriale e granfondistico l’azienda americana segue, tramite la filiale italiana, tutte le categorie agonistiche: dagli esordienti, agli allievi per finire con juniores e Under 23.
Come Specialized anche altre aziende del ciclismo sono impegnate su più fronti e certamente non considerano quello amatoriale come un punto di arrivo.
Grazie Stefano per questa bella riflessione.
Dopo 20 anni di gare amatoriali mi fa ridere vedere questi ragazzi sprecare il loro tempo per piccole sponsorizzazione vincendo o a volte neanche gare amatoriali illudendo di essere veri professionisti, le case che sponsorizzano questa situazione devono correggere il tiro e dedicarsi al giovane dandogli la possibilità di crescere l aspetto tecnico con un range di stimoli dal off road tipo pump track al ciclismo su pista polivalenza, per completare l atleta affinché trovi presto la strada che è più vicina alla sua predisposizione naturale.. Lasciamo le gare amatoriali al impiegato al operaio o avvocato che sia con tutto il rispetto e formiamo il professionista ciclista…
Concordo con te
Il problema, Stefano, è legato al giro d’affari che creano le gare amatoriali. Alcune sono veri e propri eventi con migliaia di partecipanti. Inoltre il mondo degli amatori è costituito da appassionati economicamente indipendenti che acquistano attrezzatura, abbigliamento, servizi vari per loro e per i loro famigliari. Le aziende mirano giustamente al profitto e concentrano su questo settore la loro attenzione. La Federazione, a mio parere, deve intervenire sostenendo in prima persona le società giovanili e le manifestazioni a loro dedicate. I metodi per raccogliere i fondi necessari ci sarebbero.
30/40? al massimo 10 e sempre gli stessi. e aggiungo anche che secondo me non ha senso fare una gara destinata agli amatori con 5000 metri di dislivello e 200 km di lunghezza. ma quale amatore, se non quelli che sono praticamente prof travestiti da amatori, e quindi fanno solo quello nella vita, può avere un allenamento tale da permettersi di essere competitivo in una gara di 5/6 ore di corsa? ma scherziamo?
Ormai per organizzare gare giovanili ci vogliono molti soldi per cercare di mantenere i parametri imposti della federazione,al contrario nelle gare amatoriali si paga e non poco per poter solo partecipare….
Concordo in pieno ,io ho fatto le prime due Campagnolo e Pinarello c’erano quelli che se non avevano l’ammiraglia dietro con quattro ruote ne avevano due…e dell’impiegato o operaio non avevano niente, però c’erano perfino riviste dedicate a loro.
Purtroppo è il business tutti a comprare l’ultimo modello di bici o di ruote perchè così speri di limare cinque minuti a e poi pure le aziende dei trasponder perchè non bastava più il numero sulla schiena.
Daniele
Relativamente a quanto accade negli altri stati, e cioè che si corre dilettanti sino a 40 anni (come tra l’altro era da noi sino a metà degli anni 90), bisogna rilevare che il limite più restrittivo è stato inserito perchè le classifiche di rendimento si riempivano, nelle prime posizioni, di 35/40-enni sfaccendati, che facevano punteggi alti solo perchè avevano fatto del ciclismo la loro ragione di vita (evidentemente potendoselo permettere) a discapito dei giovani Under che, trovandosi in un momento particolare della propria vita da studente o lavorativa, non riuscivano ad esprimersi agli stessi livelli dei vecchi.
concordo pienamente con lei Stefano il ciclismo amatoriale ha fatto piu danni che vantaggi al ciclismo , qui in veneto piu della meta delle societa giovanili hanno chiuso o stanno per chiudere ,mio figlio e esordiente primo anno alla domenica sono costretti a partire piu di 150 corridori perche ce una gara sola in tutto il veneto o adirittura a volte devono uscire fuori regione .
Togliete premi togliete classifica togliete tutto fate estrazione premi date premi a sorteggio il cambiamento alle Granfondo deve iniziare dopo la gara spettacoli premi tutto lì e pensare più ai giovani Juniores dilettanti più gare basta con atleti leggermente più forti di quelli che rubano il tempo per allenarsi investite sui ragazzi gli adulti andassero a lavorare
Complimenti per l’articolo approvo in toto.
Peraltro in effetti la maggior parte dei granfondisti vincenti sono i “falliti” del mondo agonistico dilettantistico nonché drogati fino al midollo. Ridicoli sponsorizzati fanno pena pure gli sponsor.
Da qualche parte avevo letto di creare una divisione per categorie simile al tennis. Ognuno si confronta con chi va in maniera simile alla propria.
Vieterei altresì le sponsorizzazioni alle categorie amatoriali lasciandole solo alle categorie giovanili e professionali.