Domenico Muccioli da tutti conosciuto con il soprannome di Melo, nasce a Gambettola (FC) il 17/11/1940 da una famiglia di contadini con cinque figli.
La bicicletta è da subito una passione che lo porta a iniziare a correre nelle categorie esordiente, allievo, dilettante e professionista ottenendo sempre risultati importanti.
Preferiva le gare dalle lunghe distanze e gli piacevano le salite esattamente come al suo amico Marco Pantani.
Ai suoi tempi non si dava troppa importanza alle misure della bicicletta e all’alimentazione, aspetti che Domenico, da sempre curioso per migliorare, iniziò a studiare e a informarsi con i campioni che ebbe la fortuna di conoscere.
Da dilettante corse nel Team Ghigi dove ottiene nove importanti successi grazie anche a una bicicletta particolare.
In quel periodo la Ghigi acquistò a fine stagione le biciclette del team Ignis e Domenico ebbe l’opportunità di utilizzare la bicicletta che era stata di un grande campione degli anni ‘60 Miguel Poblet Orriols Team Ignis,
Questa bicicletta, prodotta da Masi, aveva caratteristiche tecniche differenti, il tubo obliquo era meno inclinato, il carro posteriore più raccolto e permetteva di spingere rapporti molto lunghi.
In quel periodo nel Team Ghigi iniziava la carriera da DS un giovane Luciano Pezzi che si dimostrò molto premuroso, infondeva fiducia e ogni tanto faceva fare al giovane Domenico l’allenamento lungo assieme ai professionisti. Imparò anche tramite il prof. Dall’Agata ad alimentarsi correttamente, cosa non scontata per l’epoca. Finì la sua carriera nel Team Amaro18-Isolabella (Svizzera) nel 1967 ma non terminò il suo amore per il ciclismo. Continuò a dare consigli ai ciclisti in erba della sua zona tra i quali iniziava a mettersi in mostra un certo Marco Pantani che correva alla S.C. Rinascita Ravenna per poi passare alla G.S. Giacobazzi e approdare alla Carrera.
In quegli anni Domenico incontrava occasionalmente il giovane campione e di tanto in tanto si imbarcavano sulla motonave “Pirata” dell’amico Bertozzi (il cui figlio aveva corso con Marco tra gli Junior) per cimentarsi nella pesca notturna, per rilassarsi e fare due chiacchere tra amici. Pantani era abbastanza taciturno ma ascoltava attentamente i consigli del Melo.
Pantani alla G.S. Giacobazzi si era trovato molto bene con la bicicletta Dosi grazie anche alle attenzioni particolari ricevute da Walter Dosi che aveva creato il primo telaio su misura per lui, utilizzando tubazioni in acciaio Columbus EL (extra Light) detto “Leggerino” con saldature a tig.
Quando arrivò alla Carrera non si trovò subito a suo agio con i nuovi telai e con le nuove scarpe. In quel periodo Domenico si era fatto fare un telaio su sue specifiche indicazioni senza farlo verniciare da un telaista pesarere e un giorno si fermò alla Gelateria di Manzelli a Cesenatico dove casualmente arrivò Pantani. Il giovane “pirata” chiese di provare quella bicicletta che aveva geometrie molto particolari. Partì e tornò dopo circa tre ore stupito delle prestazioni, si era trovato benissimo, il salita si alzava sui pedali, non aveva necessità di utilizzare frequentemente il cambio e chiese che cosa avesse di speciale quel telaio.
I due ciclisti avevano le stesse caratteristiche tecniche e la stessa altezza quindi Domenico prese un foglio e fece uno schizzo delle geometrie.
Pantani diede indicazioni alla Carrera di realizzargli un telaio con quelle caratteristiche lasciando, inizialmente, un po’ perplessi i suoi telaisti. Ma alla fine il campione venne accontentato e la utilizzò quel telaio con soddisfazione. A fine stagione portò il telaio dal suo amico Germano Lelli che era stato il suo meccanico alla G.S. Giacobazzi, che aveva un negozio di biciclette, per esporlo.
Domenico finì col chiedere a Marco se poteva prendere quel telaio come ricordo ma anche per utilizzarlo. Marco, da generoso qual è sempre stato, lo regalò con piacere al suo amico che lo fece montare da Lelli e lo utilizzò per un breve periodo. Successivamente per paura di poterlo rovinare depose il telaio nell’armadio della sua camera da letto dov’è rimasto sino a oggi. È sempre stato un uomo di grande umanità “Melo” e alla fine quel telaio è stato dato per essere messo all’asta e poter ricavare dei soldi per supportare i giovani ciclisti.
Redazione Cyclinside con Sergio Biunno