- La saga dello Shimano Dura-Ace. Prima Parte – Gli albori
- La saga dello Shimano Dura Ace Seconda Parte
- La saga dello Shimano Dura-Ace. Terza Parte – 2004/2017
1 mar 2021 – Se li ripercorriamo dal punto di vista dell’evoluzione tecnica i primi anni del terzo millennio sono stati epocali, ciclisticamente parlando: i materiali compositi a base di carbonio hanno sottratto progressivamente spazio ai metalli, sia per quel che riguarda la costruzione dei telai, ma anche dei componenti, o di parte di questi ultimi; in carbonio cominciavano ad essere costruiti telai e forcelle, in molti casi anche le guarniture e le leve freno dei comandi cambio. I comandi cambio, appunto, quelli che già da qualche stagione erano perfettamente e elegantemente integrati nel manubrio, o almeno così succedeva alla principale e storica azienda italiana della componentistica.
E Shimano? Per Shimano no, anche per il suo gruppo di vertice destinato alle competizioni, nei primi anni Duemila il materiale d’elezione continuava ad essere l’alluminio; da parte loro i cavi che partivano dai comandi cambio continuavano ad essere instradati esternamente, completamente “a vista”. E che il marchio nipponico temesse per questo di essere meno appetibile rispetto ai concorrenti non si direbbe proprio: già all’epoca Shimano aveva da tempo acquisito una posizione di vertice tra le aziende di settore, nel 2003 equipaggiava più della metà dei team professionistici grazie al suo gruppo diventato una specie di icona dell’agonismo: il Dura-Ace, il “reparto” del quale stiamo ripercorrendo l’affascinante storia a puntate. Dopo aver scandagliato il Dura-Ace degli esordi e poi quello degli anni Ottanta e Novanta andiamo allora a concludere la “saga” di questa rinomata componentistica con il periodo più recente, appunto dal 2004 ad oggi.
La strada del Dura-Ace e di Shimano
Il Dura-Ace di inizio Duemila non teme dunque la concorrenza, o quantomeno non si preoccupa di arrivare tardi sul piano delle innovazioni e delle implementazioni tecnologiche: l’atteggiamento della Casa di Osaka in questo senso è peculiare, Shimano continua a procedere lungo la strada che ha costruito il successo del suo apprezzatissimo gruppo in “duralluminio” (abbiamo visto che il nome Dura-Ace deriva proprio da questo). “Carbonio per le componenti trasmissione”? No grazie, meglio l’alluminio, perché è sufficientemente leggero, è più resistente …e aggiungiamo noi, magari ti permette anche di contenere i costi; la fiducia nella lega leggera è esemplare in questo senso, così come quella per i cavi trasmissione esterni al manubrio: è così anche per l’”aggressivo e tagliente” (così all’epoca lo definiva la rivista “La Bicicletta”) Dura-Ace di classe 7800, che nella stagione 2004 manda ufficialmente in pensione l’apprezzatissimo reparto 7700.
Ancora in un’ottica comparativa, il 7800 arriva ben cinque anni dopo il principale concorrente in merito alla “sfida” sul numero delle velocità: la Campagnolo – perché è chiaro che è a questa che ci riferiamo – alle 10 velocità era arrivata nel ’99, quando invece Shimano compie questo passo solo nel 2004, appunto con il 7800, ma nel frattempo la Casa nipponica non aveva certo perso fette di mercato e tantomeno la fiducia dei corridori.
Benvenuto 7800
Ripercorrere in senso storico i contenuti tecnici del Dura-Ace 7800 ci fa scoprire un gruppo che segna rivoluzioni nel solco della tradizione: se è così è sia perché la visione strategica e la filosofia di Shimano continuano ad essere quelle che abbiamo spiegato, sia perché i progressi compiuti nel tempo da questo celebre reparto erano stati tali da rendere sempre più difficili le migliorie sul piano tecnologico. Certo è che il 7800 colpisce prima di tutto per le sue linee moderne, completamente rivisitate per tutte le componenti: unico nel suo genere – e ai tempi assolutamente di rottura – è il design della guarnitura forgiata a freddo: su questa per la prima volta scompare il bullone di chiusura sul movimento, asse e corpo destro sono in un pezzo unico che si incastra strutturalmente con il braccio sinistro. Oltre all’estetica incredibilmente “pulita”, una soluzione simile è amica della robustezza; quest’ultima è a sua volta corroborata da un nuovo concetto di movimento a cartuccia: addio calotte interne alla scatola, e spazio a cuscinetti inglobati in calotte avvitate ai margini della scatola: l’interdistanza degli scorrimenti passa dai 53 millimetri precedenti agli 82 attuali, con un grande guadagno in rigidità.
Cambiate mai così fluide
Quella dei cavi che rimangono esterni al manubrio («L’instradamento sotto il manubrio migliora l’estetica ma compromette quantomeno in parte la scorrevolezza», dicevano all’epoca gli ingegneri Shimano) è il solo punto comune tra i nuovi comandi ST-7800 rispetto ai predecessori. Il resto è tutto nuovo, a cominciare dai complessi meccanismi interni, mututati dai comandi della mtb: ora, per azionare le cambiate e le deragliate occorre meno forza, ed entrambe le leve deputate alla risalita della catena disegnano non più una linea retta, ma un porzione di circonferenza dallo sviluppo minore, che necessita di una forza costante lungo il suo arco. Si tratta di dettagli piccoli, ma fondamentali per i corridori, dettagli che migliorano non poco l’ergonomia delle parti: andatelo a chiedere al “dannato” Lance Armstrong, che il 7800 è il primo a testarlo, addirittura dall’ottobre 2002, quasi anni prima che fosse introdotto in catalogo.
Ancora in tema di ergonomia: seppur più generosi nella porzione prominente, i comandi cambio sono stati snelliti nella parte destinata all’impugnatura. Tutte nuove sono anche le guaine nelle quali sono destinati a scorrere i cavi, sia quelli di cambiata che di frenata: l’iniezione di uno speciale grasso siliconico (e assieme a questo anche il design dei nuovi deragliatori) produce un incremento di scorrevolezza nelle cambiate del 10 per cento rispetto al passato. È grazie a caratteristiche simili che nel tempo il 7800 si guadagnerà presso i corridori e praticanti la fama di gruppo trasmissione più fluido nella storia dei reparti trasmissione stradistici di Shimano, una fama che a detta di tanti neanche il gruppo successivo (con cavi interni al manubrio) riuscirà a scalfire.
La leggerezza secondo Shimano
Sul 7800 i pignoni diventano dunque dieci, nonostante questo il gruppo nella sua interezza risparmia ben 125 grammi rispetto al 7700. Ma lo ripetiamo: più della leggerezza i punti di forza del nuovo reparto sono la rigidità laterale e la scorrevolezza delle deragliate, ovvero quei requisiti che, esaurita la ricerca (o forse la moda?) dell’alleggerimento a tutti i costi tipico di qualche anno prima, diventano invece gli argomenti tecnicamente prioritari in questo avvio di secolo: i corridori sanno bene quanto contino in corsa simili prerogative. Del resto investire sulla leggerezza estrema non conviene, tanto più che da tre anni a questa parte c’è anche una nuova norma Uci, che ha imposto a 6.8 chili il limite minimo di peso delle loro bici….
Anche con il 7800, in effetti, Shimano conferma la sua filosofia che la porta a non sacrificare neanche un briciolo di efficienza, sicurezza e affidabilità sull’altare del guadagno (a volte solo “maniacale”) di grammi. Certo è che da quel 2004 ad oggi la tecnica ha fatto ulteriori grandi progressi – e anche la successiva storia del Dura-Ace lo confermerà – ma nonostante tutto il limite di peso imposto dall’Uci è ancora oggi di 6.8 chili. Ma questo, si sa, è un altro discorso…
Leader anche sui pedali
Con il “7800” Shimano fa un altro piccolo grande passo avanti in un segmento che fino a qualche anno prima non era certo il suo forte, quello dei pedali da strada: nel 2004 la Casa giapponese dice addio alla microtacchetta dei pedali stradisti di precedente generazione e abbraccia una tipologia di pedale con ampia superficie di appoggio: Il PD-7800 – e la sua tacchetta – saranno l’archetipo di una generazione di pedali ancora oggi ispirata a quella architettura (seppur con implementazioni relative ai materiali e in parte alla forma), diventando il primo mattone che nel mondo delle corse porterà Shimano quasi a superare un famoso marchio francese che suoi pedali da strada ha storicamente costruito il core business.
Gruppo? Di più: un pacchetto
Il 7800 rimane in gamma quattro anni, durante i quali il gruppo è talvolta oggetto di importanti implementazioni, prime tra tutte quelle che riguardano il segmento ruote, ormai diventato un “asset” di primo piano di quello che già da anni non è del tutto corretto chiamare gruppo trasmissione, ma più propriamente “pacchetto” Dura-Ace.
Quella guarnitura in carbonio del 2007
Degna di nota, in un’ottica cronistorica del Dura-Ace 7800, è la fugace apparizione nelle corse 2007 e poi qualche tempo dopo nelle fiere di settore di una guarnitura – udite udite – tutta realizzata in carbonio: stesse forme e stessa architettura tecnica della FC-7800, ma corpo in fibra composita internamente cava. Un coup de theathre? Un pesce di aprile? Nulla di tutto questo: il pezzo non entrerà mai in gamma, piuttosto rimarrà nella storia del Dura-Ace come un esercizio tecnico (e pezzo ambitissimo per i collezionisti… ) con il quale a quei tempi gli ingegneri giapponesi intendevano dare questo messaggio: «Noi una guarnitura in carbonio la sappiamo e la possiamo fare eccome, ma preferiamo comunque credere nell’alluminio, che è materiale decisamente migliore in quanto a robustezza e rigidità». In effetti, la ragione di essere di quella pedaliera esposta più volte nelle fiere di quella stagione, era anche e soprattutto costruire un esemplare prototipo che potesse essere messo direttamente a confronto con il modello di serie, appunto quello in alluminio con tecnologia Hollowtech II, per poi mettere nero su bianco i risultati della comparazione direttamente nei cataloghi della Casa, come documenta la foto seguente.
2009, l’anno del 7009
Il 2009 è ufficialmente l’anno della rinnovata serie 7900, che i corridori sponsorizzati “Shimano” cominciano ad utilizzare più o meno in incognito già dal Giro d’Italia della stagione precedente.
In un’ottica comparativa rispetto al precedente 7800, fatto salvo il design decisamente differente, l’innovazione tecnica che risalta per prima è sui comandi: la struttura della presa è più snella, quella della leva di frenata e della gestione delle deragliate è più corposa, e tra l’altro impiega un leggerissimo composito che unisce carbonio e alluminio. Ma soprattutto, la novità principale dei Dual Control di generazione ST-7900 è la scomparsa dei cablaggi esterni al manubrio: anche Shimano passa al cablaggio interno e lo fa grazie ai nuovi comandi con architettura interna rivoluzionata.
Piccola grande rivoluzione anche sulla guarnitura, che risparmia qualche grammo grazie al suo asse movimento integrato in alluminio laminato di carbonio e che estende persino alla corona grande la tecnologia Hollowtech II, ovvero con parti internamente cave.
A proposito di guarnitura; degna di nota è l’introduzione del plateau cosiddetto “compact” come scelta opzionale rispetto al classico 53-39. Proprio così, ora chi sceglie Dura-Ace può anche optare per l’accoppiata 50-34, che consente anche a chi è meno allenato di godersi efficienza e prestazioni di questa componentistica. Altre Case alla compact erano arrivate prima è vero, ma di certo l’“invenzione” della compact non esprime un primato tecnologico, e anche se così fosse Shimano una compact ce l’aveva eccome, già dal 2005, solo che si trattava di un componente di gamma inferiore (la FC-R700), non certo di un componente di classe Dura-Ace, che prima di tutto deve essere piattaforma per corridori di altissimo livello e molto, molto dopo, per cicloturisti…
A proposito di rapporti e moltipliche: nonostante il concorrente italiano fosse arrivato alle “11v” già da un anno, Shimano e il suo 7900 preferiscono rimanere un gruppo “10v”, che però si pregia di un cambio più capace, adatto a lavorare anche sul nuovo pacco pignoni 11-28. Assieme all’opzione compact, questo dettaglio manda definitivamente in pensione la guarnitura tripla, che per anni aveva rappresentato una possibilità in più offerta dal Dura-Ace.
Infine, anche se la leggerezza non è mai stata la priorità del Dura-Ace, questo non impedisce al 7900 di risparmiare ben 181 grammi rispetto al predecessore 7800. L’intero reparto va per la prima volta sotto i due chili di peso, con appena 1995 grammi.
Di2, generazione elettronica
La percezione, nel 2008, di un sistema di gestione elettronica della trasmissione era per i più quella di cosa poco utile, per alcuni addirittura bizzarra: che senso poteva avere, in un periodo in cui le trasmissioni meccaniche – e nella fattispecie quelle Shimano – avevano raggiunto una precisione e una affidabilità sopraffina, stravolgere tutto con l’elettronica, affidare tutto a delicati fili al posto dei più robusti cavi in acciaio e poi provvedere a una batteria che evidentemente andava ricaricata? Ancora, che senso aveva “contaminare” la vera essenza meccanica della bicicletta? E infine, che senso aveva investire su un sistema che non era una novità assoluta e che durante gli anni Novanta aveva avuto due pessimi precedenti di un produttore europeo che con i suoi gruppi elettronici aveva clamorosamente fallito sia sul piano della velocità che della affidabilità?
È per questa serie di ragioni che nel 2008, quando i “rumors” avvisano che Shimano introdurrà a breve una trasmissione elettronica, i tradizionalisti della bici da corsa storcono il naso e anche tra i corridori la notizia è accolta con un misto tra curiosità e diffidenza. Ripensare adesso al clima in parte “ostile” di quella stagione fa sorridere, se solo pensiamo che oggi quello elettronico rappresenta il sistema di gestione presente su tutte le trasmissioni dei professionisti, se pensiamo che tutti quelli che passano all’elettronico al meccanico non vogliono più tornare, e se infine pensiamo che questo tipo di trasmissione è una costante su tutte le bici di alta gamma (non solo quelle montate Shimano). Appunto, la casa nipponica fu la prima ad aprire questa strada; o quanto meno fu così in senso commerciale, perché lo storico “collega” Campagnolo aveva iniziato a sperimentare anche prima quella che poi diventerà la sua piattaforma proprietaria.
I primi prototipi di quello che sarà il Di2, ovvero Digital Integrated Intelligence, si cominciano dunque a vedere alle corse già nel 2006, in squadre professionistiche minori, che per Shimano sono un ottimo banco di prova; poi, nel 2008, anche qualche pro rider di qualche big team monta la versione praticamente definitiva della piattaforma elettronica di Shimano.
Il nuovo sistema che permette di cambiare moltiplica semplicemente premendo dei bottoni è applicato sul gruppo di vertice della Casa nipponica: è così che nel catalogo Shimano 2010 fa ufficialmente ingresso il Dura-Ace Di2 di classe 7970, primo di una serie che poi sarà affinato e implementato più volte, ma che già in quella versione primigenia dimostrò di avere tutte le caratteristiche e i crismi per conquistarsi, velocissimamente, la fiducia della stragrande maggioranza dei professionisti equipaggiati Shimano.
Il Di2 non è un “gruppo”, ma una piattaforma tecnologica estremamente articolata, che fu presto declinata su altre trasmissioni della gamma Shimano. Anche per questo alla storia del Di2 dedicheremo una puntata apposita, che in parte esula da questa saga del Dura-Ace. Certo è che la menzione “Di2”, da questo momento in poi diventerà elemento sempre più frequente sia per la storia di Shimano che per quella del Dura-Ace.
2013, con il 9000 si va “ad undici”
Arriviamo al 2013, e con l’occasione proviamo a dare qualche riferimento semplicemente sulla base della presenza Shimano, nella fattispecie del Dura-Ace, nel mondo del ciclismo professionistico “road”. Diciamo allora che in quella stagione sono ben sei i team dei venti di ambito Pro Tour (l’antesignano del World Tour) sponsorizzati dalla azienda giapponese. A questi si aggiungono i numerosi team che utilizzano la componentistica nipponica pur non essendo sponsorizzati ufficialmente, pagando quindi di propria tasca per avere l’affidabilità e la sicurezza garantita dalle parti siglate Dura-Ace. Statisticamente è una presenza considerevole; diventa ancor più importante se si considera che, da qualche anno, nella lista delle aziende concorrenti si è aggiunto un terzo attore: oltre all’italiana Campagnolo c’è anche la statunitense Sram.
Tant’è: chi tra i corridori utilizza Shimano, dal 2013 (ma in realtà per i team sponsorizzati è così anche dalla seconda parte della stagione precedente) ha a disposizione l’ultima release del blasonato Dura-Ace, quella di serie 9000, che a tutti gli effetti ci proietta nell’era attuale della storia della componentistica trasmissione e di quella del Dura-Ace in particolare. Per questo, piuttosto che dilungarci sulle caratteristiche tecniche dei componenti (in questo senso annotiamo sotto una lista dei servizi che Cyclinside ha dedicato ai più recenti reparti Dura-Ace) preferiamo rimarcare gli elementi tecnici innovativi che hanno apportato i reparti più recenti di questa rinomata componentistica.
Quando alle corse comparve la prima volta uno Shimano “11v”. Ecco il video esclusivo dal Giro d’Italia 2012 (tappa Modena-Fano) fatto per la rivista “Cycling Pro”.
In comune con il precedente 7900 il nuovo “9000” ha solo l’aggressiva ed elegante livrea grigio scura, ormai diventata tratto distintivo di questo gruppo. Tutti gli organi di trasmissioni sono rivisitati tecnicamente e dimensionalmente, in funzione di velocità che da 10 passano a 11, che di conseguenza obbligano a tolleranze sempre più sottili, micrometriche. Nonostante questo il gruppo riesce a conservare, anzi addirittura a migliorare, la sua proverbiale precisione, efficienza, fluidità, sia per la versione meccanica che elettronica.
Un innovazione importante il 9000 lo apporta sulla strada della semplificazione tecnica: lo standard di fissaggio corone della guarnitura è ora uno solo, con un unico girobulloni capace di montare corone di qualsiasi dentatura. Altro componente oggetto di un aggiornamento significativo è quello dei freni: grazie al loro inedito meccanismo di fissaggio a doppio pivot e grazie al loro profilo più basso i nuovi freni BR-9000 e la loro più aggiornata tecnologia SLR (la “SLR-EV”) diventeranno probabilmente i freni più potenti, più modulabili e più precisi che abbia mai prodotto Shimano nella tipologia “a pattino”. A pattino, sì, perché a breve la storia del freno stradistico è destinata a cambiare, anche per Shimano, e anche per il Dura-Ace.
2017, sui freni a disco il crisma del “Dura-Ace”
Se dovessimo rappresentare con un solo tema l’argomento tecnico prevalente attorno alla bici da corsa del secondo decennio del secolo, questo sicuramente sarebbe quello dei freni a disco: di certo non una novità tecnica di per sé stessa, ma cosa inedita se declinata sulle biciclette da competizione destinate all’asfalto, non già al fuoristrada. La querelle “disco sì, disco no”, è stato il dibattito tecnico più acceso nello “stradismo” degli ultimi anni e se ad oggi lo standard frenante con pinze e rotori azionati da un circuito idraulico è la soluzione scelta da tutto il circus delle grandi corse World Tour (ad oggi, marzo 2021, solo il Team Ineos Grenadier ha ancora bici “rim brake”) è anche e soprattutto per merito di Shimano, che in questo standard ha fortemente investito e creduto, ma lo ha fatto senza mai fare alcuna pressione sui corridori ad utilizzare questo tipo di componentistica.
Così, quando dal 1 gennaio 2017 l’UCI si è decisa ad autorizzare nelle corse professionistiche su strada l’impiego di freni a disco, a Shimano non è rimasto che dare a questo standard il crisma dell’ufficialità e della qualità, introducendo la sua prima serie di freni a disco di classe Dura-Ace (dopo stagioni in cui i freni a disco su strada del suo catalogo appartenevano al segmento “non series”, ossia di parti svincolate dalle varie famiglie prodotto).25 gennaio 2017: appena 25 giorni dopo il “via libera” dell’UCI, con la sua bici montata Dura-Ace Tom Boonen centra una vittoria storica per la tecnologia: primo successo di un professionista su strada con bici “disc”.
Il rinnovato Dura-Ace di classe 9100 viene dunque ufficialmente presentato nell’estate 2016, e i suoi principali argomenti tecnici sono due, anzi tre: oltre al freno a disco “dedicato” c’è anche il primo sistema integrato e proprietario di misurazione della potenza, che Shimano decide di alloggiare sulla guarnitura.
Il terzo argomento inedito di questo gruppo che conferma le undici velocità alla ruota (e la guarnitura doppia, e non la singola come il crescente “partito” del monocorona a quei tempi immaginava e ventilava) riguarda l’implementazione delle potenzialità di gestione della piattaforma elettronica Di2, con le nuove funzionalità automatiche e seimiautomatiche di cambiata, delle quali però tratteremo nella puntata dedicata alla storia del Di2. A proposito di Di2 e di elettronica: è chiaro che la priorità per la Casa nipponica è questa; la versione meccanica del gruppo è confermata eccome, ma in modo tacito è “gerarchicamente” scalzata dalla Di2 e da questo momento in poi Dura-Ace è prima di tutto sinonimo di elettronica. La strada è segnata, indietro non si torna.
Il futuro di un gruppo mitologico
Certo è che il 9100 è gruppo che ci traghetterà direttamente verso l’attesissimo nuovo Dura-Ace che ormai in tanti si aspettano a breve, sul quale rumors e “speculazioni” mediatiche abbondano. Sarà un gruppo “a 12”? Quasi sicuramente sì, come abbiamo già ampiamente detto qui. Sarà wireless? Quasi sicuramente sì. Sarà solo elettronico, solo disc brake? Non ci resta che aspettare, quel che è certo è che qualsiasi cosa arriverà sarà un concentrato di tecnologia, di efficienza e anche di bellezza, come del resto è lecito aspettarsi da un gruppo “mitologico” come è quello del quale abbiamo ripercorso gli oltre cinquanta anni della sua affascinante storia.
Maurizio Coccia
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