10 lug 2018 – La Baule è una cittadina balneare, posta al confine tra i Paesi della Loira e la Bretagna, dove non succede mai niente.
Non sono io a dirlo, ci tengo a precisare, prima che il locale Office de Tourisme mi quereli. È il grande George Simenon ad averlo scritto in “Maigret e l’uomo solitario” (1971), uno dei suoi ultimi romanzi:
«I tre riconobbero Maigret e parvero sorpresi nel vederlo.
– La Baule rientra nella vostra giurisdizione?
– Si, ma non ci chiamano spesso. Da quella parti non succede mai niente. È una spiaggia per famiglie…».
In parte è davvero così: La Baule è una baia, un’unica grande spiaggia. Ma è anche vero che qualcosa è successo: la speculazione edilizia, legata al turismo balenare, ha devastato il waterfront della cittadina con un discreto campionario di mostruosità architettoniche. Qua e là, resistono lacerti di tessuto urbano degni della Belle Époque: tre Grand Hotel spettacolari, edificati nei primi anni del Novecento; una serie di ville storiche in stile anglo-normanno e bretone; una stazione ferroviaria perfetta per un film di Harry Potter.
Da qui, oggi, parte la quarta tappa del Tour de France: un piattone per velocisti.
Come sempre accade alle località turistiche, ti tocca scindere le due anime di La Baule: quella stagionale e vacanziera, da un lato, e quella reale e quotidiana dall’altro. Se lo fai, ti accorgi che La Baule ha un cuore vintage: probabilmente, le famiglie di cui parlava Simenon sono invecchiate. Basta osservare la “piramide demografica” dei residenti per capirlo: il 50 per cento della popolazione ha più di sessant’anni d’età. “Gente di mare, che se ne va” si potrebbe chiosare, citando una vecchia e noiosa canzonetta italiana. Ma a La Baule non la conoscono, per loro fortuna: non sono mediterranei, sono atlantici.
Fuori dalla frenesia balneare, ci sono angoli così pittoreschi da poter immaginare d’incontrare non solo il Commissario Maigret, ma anche Hercule Poirot e Miss Marple. E, perché no, pure Sherlock Holmes. Tutti insieme, nello stesso momento, senza vincoli cronologici o di autore, come in quei pastiche cinematografici sui supereroi della Marvel.
Pensateci bene, perché sarebbe bellissimo: i più grandi investigatori della storia della letteratura riuniti in un luogo un po’ fuori dal tempo. Letteratura “gialla”, come la maglia più ambita del Tour. Ci sarà forse qualche mistero da svelare, in questa tappa che porterà i corridori fino al traguardo di Sarzeau?
Domanda legittima, perché un po’ misteriosa lo è davvero questa frazione, almeno nel disegno del percorso: dopo la partenza, ci si addentra molto nel territorio, quasi perpendicolarmente alla costa. Si arriva fino a Nozay. Poi si sale per qualche chilometro, fino a Derval, e si torna indietro, verso la costa. Insomma: 195 chilometri di strada che servono a spostarsi di poco più a Nord, giusto ad attraversare il confine regionale della Bretagna. Se osservate il tracciato sulle mappe fornite dall’organizzazione del Tour, vi sembrerà quasi di scorgere la testa di un coccodrillo. Di profilo. Silhouette: ne ho scritto domenica, ormai sapete di cosa si tratta.
Se poi vi soffermate sulla località d’arrivo della tappa, tutto appare ancora più singolare. Sarzeau è una minuscola cittadina affacciata sul Golfo di Morbihan. Il suo territorio comunale comprende anche molte delle piccole isole antistanti. Ottomila residenti scarsi, in tutto: 130 abitanti per chilometro quadrato (a Parigi sono circa 21.000). Un territorio spettacolare, come paesaggi, però davvero poco rilevante entro la geografia fisica e politica della grande Francia. Istintivamente sei portato a pensare: che bravo le Maire de la Ville (cioè il sindaco) di Sarzeau, che è riuscito a convincere il Tour ad arrivare fin qui. Addirittura con un traguardo di tappa! Come avrà fatto? Mistero!
Ma chi è il sindaco di Sarzeau, ormai da tanti anni? Risposta: è David Lappartient, il nuovo presidente dell’UCI, l’ente internazionale che governa tutto il ciclismo mondiale. Ok, grazie per l’informazione: mistero risolto!
Svelare un mistero, però, non vuol dire per forza trovare un “colpevole”. A volte, come in questo caso, significa semplicemente riconoscere una logica, una razionalità, per quanto discutibile essa possa apparire. A dire il vero, non era nemmeno un mistero: l’informazione era riportata da mesi sulla scheda della tappa pubblicata, come tutte le altre, sul sito web del Tour. Scritta un po’ in piccolo, ma c’era. Nessuna mancanza di trasparenza, dunque, niente di occulto.
Lo so, adesso siete sul punto di esclamare: tanto rumore per nulla!
È che mi piaceva raccontarvela così, questa tappa: mettendoci un po’ di suspense, un po’ di letteratura polar, come direbbero i francesi, perché agonisticamente è stata davvero noiosissima, almeno fino a 5 chilometri dal traguardo.
Si parte e, subito, vanno in fuga Guillaume Van Keirsbulck, Jérôme Cousin, Dimitri Claeys e Anthony Perez: due francesi e due belgi, una solidale anteprima della semifinale dei Mondiali di calcio in programma questa sera, in Russia. Lì, una delle due squadre dovrà per forza vincere. Qui sanno già di dover fare i conti con una delle più note “Leggi di Murphy”: non puoi vincere, non puoi pareggiare e non puoi nemmeno ritirarti. Bisogna solo pedalare forte per la gioia di sponsor e direttori sportivi.
I fuggitivi accumulano quasi 8 minuti di vantaggio. Poi il gruppo si sveglia e il divario inizia a diminuire. Quando mancano 85 km al traguardo, si è ridotto a 2’25’’. Quando si arriva ai meno 50 km, è sceso a 1’30’’. Sembra finita.
A quel punto, però, succede un imprevisto: c’è una caduta in gruppo. Niente di troppo grave, ma tutti rallentano. I quattro fuggitivi riprendono coraggio e tornano rapidamente ad avere un vantaggio di 2 minuti e 30. Si danno cambi regolari. Viaggiano quasi ai cinquanta all’ora. Dietro c’è attendismo. Le squadre dei velocisti si guardano: tiriamo noi o tirate voi? Non tira nessuno. Per disperazione, probabilmente, si mettono in testa gli uomini della Quick-Step Floors, che avevano in programma di lanciare un nuovo sprint vincente di Fernando Gaviria. Si consumano. Si stufano. I chilometri passano e il vantaggio dei fuggitivi non diminuisce. Poi riprende a calare lentamente. Poi più velocemente. C’è la Bora di Peter Sagan, adesso, a inseguire. Il vantaggio inizia a crollare. Cose già viste tante volte. Sembra fatta per il gruppo. Ma, quando mancano 5 chilometri al traguardo, arriva la svolta per chi ama le emozioni forti: una nuova caduta di massa tra gli inseguitori, intorno alla quarantesima posizione. Mucchio selvaggio. Il gruppo si frantuma. Restano in pochi a rincorrere i quattro eroi di giornata che, a 3 km dall’arrivo, hanno ancora 20 secondi di vantaggio. Vengono inesorabilmente ripresi sotto lo striscione dell’ultimo chilometro.
Parte lo sprint a ranghi e “treni” ridotti. Richeze pilota Gaviria, che poi si innesca e spara tutto quello che ha nelle gambe. Greipel prova a prendergli la scia, ma ne ha di meno. Sagan è dietro di loro: scoda, cambia direzione, inserisce il turbo, ma ormai è tardi. Vince di nuovo Gaviria. La classifica generale non varia in modo significativo.
Maigret, Poirot, Miss Marple e Sherlock Holmes salutano cordialmente il presidente dell’UCI e Christian Prudhomme, prima di trasferirsi a Lorient. Da lì si riparte, domani, con una tappa vera, un percorso sensato e un sacco di storie serie e “sommerse” da raccontare.
Paolo Bozzuto
(docente di urbanistica al Politecnico di Milano, autore del libro “Pro-cycling Territory“)