21 lug 2018 – Massif Central: non troverete un toponimo più bello nella geografia francese. Nella geografia in genere. Suona così bene da renderlo quasi intraducibile. Se lo dici in italiano, “Massiccio centrale”, non rende. E chi ti sta intorno, forse, penserà subito al calcio: a un difensore grosso e sgraziato. Meglio fermarsi all’originale.
È come una grande, enorme, cerniera territoriale tra le Alpi e i Pirenei, il Massif: lo snodo ideale tra la seconda e la terza settimana del Tour. Si inizia ad affrontarlo oggi, con la quattordicesima tappa, da Saint-Paul-Trois-Châteaux a Mende: 188 chilometri con un profilo altimetrico destinato a variare in modo radicale nella seconda metà della frazione, quando ci saranno da superare tre GPM in rapida successione: il Col de la Croix de Berthel (seconda categoria), il Col du Pont sans Eau (terza) e l’ascesa finale verso l’aeroporto di Mende, cioè la Côte de la Croix Neuve (seconda).
È una classica tappa da fughe da lontano, per il disegno del percorso, ma anche per la collocazione entro il calendario del Tour: c’è terreno per fare la differenza, per costruire distacchi, ma gli uomini di classifica non possono “bruciare fiammiferi”, almeno non troppi, in vista dei Pirenei che verranno.
Si attraversano territori affascinanti, oggi: caverne, grotte e miniere abbondano lungo il tracciato. Fin dalla partenza. Oltre alle maestose Gole dell’Ardèche, terreno ideale per chi ama il kayak, menzioni particolari spettano alla grotta di Saint-Marcel e alla grotta della Madeleine a Saint-Remèze: autentiche cattedrali naturali, roba che l’architettura gotica diventa timida, al confronto. Le ha scavate l’acqua, quindi non ti stupisci della loro prossimità a un comune di poche anime che si chiama, letteralmente “Bidon”: come le borracce dei ciclisti, in francese; come la rivista di ciclismo online curata dai miei amici Leonardo Piccione e Filippo Cauz, tra le migliori “penne” della nuova generazione di narratori dello sport.
Chi conosce un po’ il ciclismo, sa di doversi aspettare “due corse in una”, come si dice in gergo: davanti la sfida tra chi andrà in fuga, puntando a vincere la tappa; dietro, il confronto tra gli uomini di classifica che lottano per la vittoria finale del Tour.
Infatti, puntualmente, la fuga parte subito. Cresce nel corso dei primi venti chilometri e, ancora una volta, assume una dimensione monstre: 32 corridori. Dieci di loro hanno vinto almeno una tappa al Tour, in carriera. E ci sono i migliori uomini da classiche: Sagan, Van Avermaet, Gilbert, Alaphilippe.
Insomma: sembrano davvero due corse parallele, ma corse serie.
Tra i fuggitivi, Alaphilippe conquista il primo GPM di giornata, Sagan il traguardo intermedio per i punti della maglia verde. Poi si pedala con la serena consapevolezza che oggi il gruppo non inseguirà. Non ne ha nessuna intenzione. Infatti, il vantaggio della fuga cresce progressivamente. Lievita. Esorbita.
Mancano 62 km al traguardo quando inizia la battaglia tra i fuggitivi: Gorka Izagirre scatta e cerca di andarsene, poi accende il cervello, fa due calcoli e decide che è meglio aspettare Stuyven e Slagter, a loro volta usciti dai ranghi. Procedono insieme: viaggiano verso qualcosa che, una volta tanto, non sembra il nulla.
Il resto della fuga li insegue a lungo. A 35 km dall’arrivo, Jasper Stuyven saluta i due compagni e se ne va da solo. Tenta l’impresa. Corre come un treno.
Dietro, il gruppo dei “big” di classifica sta facendo una gita: ormai ha un ritardo di 18 minuti.
Stuyven affronta l’ultima salita con un 1’30’’ di vantaggio su ciò che rimane dei fuggitivi di giornata. A metà dell’ascesa parte Omar Fraile per andare a prenderlo. È un inseguimento estenuante a cui si aggiunge Alaphilippe.
Fraile riprende Stuyven quando mancano 600 metri alla vetta e 2 km all’arrivo. Pedala sulle ali dell’entusiasmo: espressione figurata pertinente, dato che il traguardo è posto sulla pista dell’aeroporto di Mende.
Vince Fraile, poi arrivano Stuyven e Alaphilippe. Quarto, a breve distanza, un quasi onnipotente Sagan.
Poi inizia l’attesa del gruppo dei “big”. Infinita. Iniziano a scalare la Côte de la Croix Neuve otto minuti dopo l’arrivo dei primi. SKY e Lotto occupano la prima fila. Si capisce che qualcosa è nell’aria: infatti parte Primož Roglič, quarto della classifica generale, e cerca di staccare il resto dei “big”. Prende un discreto vantaggio.
Bernal guida la rincorsa della SKY. Poi attacca Tom Dumoulin. Geraint Thomas e Chris Froome lo vanno a prendere e lo passano, mentre Bardet inizia a perdere terreno.
Il volo di Roglič, uno che saltava con gli sci dal trampolino, prima di passare al ciclismo, atterra bene sulla pista di Mende, con otto secondi di vantaggio su Thomas, Froome e Dumoulin. Bardet si consuma per incassarne 22.
Finisce anche la seconda corsa di giornata. Finalmente.
È stata una tappa “carsica” come poche, in cui l’agonismo è apparso, scomparso e riapparso: ha scavato le riserve di energie dei pretendenti alla maglia gialla, più di quanto i distacchi ci abbiano detto.
L’unico Massif Central di questo Tour, per il momento, è Peter Sagan.
Paolo Bozzuto
(docente di urbanistica al Politecnico di Milano, autore del libro “Pro-cycling Territory“)