18 lug 2017 – In questo Tour de France il concetto di fair play si è sprecato dopo il contestato attacco di Aru in voilita durante il problema meccanico di Froome ed è stato usato anche a sproposito, come nella tappa Peyragudes vinta da Bardet, dove dopo il dritto in discesa di Aru e Froome il drappello di testa ha rallentato non tanto per aspettare i due leader di questo Tour, piuttosto per tirare il fiato dall’andatura pazzesca imposta dal Team Sky. La prova di questo è semplicemente che appena è ricominciato il ritmo della Sky subito Quintana e Contador si sono staccati.
Molti non hanno capito cosa ha a che fare il fair play con il ciclismo, quello duro della fatica immensa e del dolore, dei lunghi chilometri percorsi con escoriazioni post caduta o sotto piogge torrenziali. Alcuni sono arrivati a paragonare il ciclismo professionistico con quello amatoriale, dove però le similitudini sono ben poche. Ora vorrei spiegare questo: il fari play è reputazione. Ovvero: immaginiamo la gara come una sorta di piccola guerra. Alcuni gesti, alcune situazioni possono alzare o abbassare la reputazione del combattente sia agli occhi dei propri compagni sia agli occhi del nemico. Questo non è solo un esercizio di stile, ma può permettere di stringere alleanze, sia fra singoli che fra fazioni.
Quando va attuato questo fair play e perché? Iniziamo innanzitutto a dire che si tratta di una situazione specifica delle corse a tappe. Nelle corse in linea questo atteggiamento quasi non esiste, perché tutto viene giocato in poche ore. Sulle gare di più giorni invece si tende a rispettare il re, ovvero il detentore della maglia di leader, o comunque l’atleta favorito numero 1, in questo caso Froome. Uno scatto durante un guasto meccanico è una sorta di coltellata alla schiena, che non va fatto perché grava profondamente sulla propria reputazione. Stiamo parlando di sport fra professionisti, quindi gente che sta lavorando oltre che attuando la propria passione, questo non dimentichiamocelo mai.
Come può influire la nostra reputazione sulla performance? Prendiamo la tappa di Rodez, dove Aru ha perso la maglia gialla in modo molto ingenuo. In un tratto di curve ad alta velocità tenere le posizioni è molto importante, per tutti, e quindi è assolutamente difficile perché tutti vogliono passare. Qui interviene la reputazione: nessuno va a dare una spallata a Froome, perché lui è il re, e questo non può che agevolarlo nel mantenere le posizioni. Solitamente nessuno va a dare spallate nemmeno a chi sta combattendo ad armi pari con il re, quindi le posizioni di testa della classifica sono abbastanza salvaguardate. L’unico che ha perso tempo in quella tappa è stato Aru, proprio quello che è scattato durante un guasto meccanico. Forse solo una svista o una coincidenza, ma chissà.
Questo non significa che bisogna elargire continuamente favori a destra e a manca per aumentare le amicizie, ma la scelta di quando concedere qualcosa è una sottile questione di stile e di furbizia applicata alla tattica a lungo termine.
Stefano Boggia (www.daccordistore.it)