9 set 2020 – Ieri tu, oggi io. Ormai quei due si danno la mano dopo l’arrivo scambiandosi le vittorie come se fossero definitivamente cosa loro. E in effetti non hanno avuto torto in questi due giorni. E se qualcuno si è annoiato lungo i quasi 170 chilometri di Tour de France che hanno portato la carovana a Poitiers può bilanciare con quei duecento metri finali di pura tattica che andrebbero analizzati con calma e messo nei libri di storia del ciclismo.
Un paese da libri di storia Poitiers, battaglie che si sono susseguite, l’ultima quella dei cent’anni, poi potremmo dire quella di oggi, ma solo sportiva per fortuna. In quegli ultimi metri ci sono state tre volate: quella di Sam Bennett, quella di Wout Van Aert, quella di Caleb Ewan e quella di Peter Sagan. Questo gran finale da velocisti è il penultimo colpo prima dell’arrivo a Parigi, logico che ci fosse un po’ più di voglia di vincere tra le ruote veloci. Che poi nella noia della fuga lunga e del gruppo che rientra la tappa non è stata nemmeno facile. Chiedere a Izaguirre per chi avesse dubbi. Lo spagnolo si è stampato su un muro in un restringimento e il suo Tour è finito così, rintronato e ferito.
Di tattica
Dicevamo della volata. Caleb Ewan è da manuale del contro vento: la sua teoria è “stare coperti, uscire all’ultimo e vincere”. A lui riesce, per sapere chi sarebbero gli altri favoriti da una tattica così bisognerebbe fare un test, con partenza da fermo e 50 metri di volata. Però c’è la tattica, mostruosa, dell’australiano. Svicola tra gli altri velocisti come un motorino truccato nel traffico di Roma. Ma è pure riduttivo dirlo così, perché lui, oltre alla potenza, ci mette la testa del saper indovinare l’attimo esatto per partire. In una volata come quella di oggi, appena in salita e col vento contrario avrebbe potuto vincere solo così, che tanto i compagni di squadra erano a pascolare quattro minuti più indietro. Ewan passa davanti a tutti alza la mano come a chiedere “ho vinto io?” rassicurato dall’amico Sam.
Sagan e Van Aert
Peter Sagan è stato declassato. Possiamo dire di non essere d’accordo? Parere personalissimo ovviamente e certamente se l’hanno fatto il regolamento parla chiaro. A prescindere da questo Sagan si sta ritrovando e ha risposto nel modo migliore a chi diceva che non era più il velocista di una volta. Che poi, Sagan, velocista non lo è mai stato. È uno fortissimo, invece, che sa scegliere tempi giusti e tattica per trovare il varco. Come Van Aert che ne ha già vinte due così e l’anno scorso beffò, rilanciando su una volata che sembrava persa, anche il nostro Viviani, velocista vero (l’avevamo raccontata qui).
A four-man sprint, a throw for the line, what a finish to Stage 11! @CalebEwan takes a thrilling victory on the line, for his second win of this year's Tour.
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🇫🇷 #TDF2020 pic.twitter.com/da5vjA2XyW— Velon CC (@VelonCC) September 9, 2020
Van Aert oggi ci credeva proprio, anche a dispetto di Sam Bennet, con la maglia verde e di Caleb Ewan, con la mazza fionda. Invece gli è sbucato, sulla destra, proprio Sagan che non aveva spazio. L’ex campione del mondo, però, l’ha fatta pulita a nostro avviso. Almeno non troppo sporca: non si è lanciato dentro fino a dove non sarebbe passato e allora, invece che centrare Van Aert sul manubrio, come sarebbe stato se avesse chiuso gli occhi provandoci, ha preferito spostarlo subito, spalla sul corpo di Van Aert, testa pure e fatti più là. Van Aert non l’ha presa bene, dopo il traguardo ha alzato il dito medio a un Sagan che ha fatto un po’ il vago (“io????”) ma che non abbiamo visto “pericoloso”. La giuria ha deciso diversamente.
Italiani un po’ più in là. Per un attimo avevamo sperato in Trentin (11°), stamattina in Viviani, molto convinto (17°).
Volata da vedere e rivedere comunque. Ogni volta osservando un corridore diverso. C’è da imparare il ciclismo.
Guido P. Rubino
gent.mo,
la ringrazio per il commento e per la lezione di ciclismo di una completezza assoluta.