C’è un vecchio modo di dire nel ciclismo, una specie di proverbio, che dice più o meno “quello che ha troppe gambe perde la gara”. Pedersen a Glasgow è stata l’incarnazione di questo detto. È vero che il percorso richiedeva di attaccare, e anche presto. In questo senso, nonostante tutte le critiche ricevute, a me personalmente il percorso di Glasgow è piaciuto tantissimo, perché non permetteva di nascondersi. Sarebbe stato un percorso perfetto per l’Alaphilippe dei tempi d’oro. Ma un minimo di interpretazione va sempre data. E infatti, se da un lato ha vinto il più forte, ha vinto anche chi è stato calmo e ha attaccato in modo pulito e netto. Mathieu ven der Poel è stato forte e intelligente. In contrapposizione a Pedersen cavallo pazzo, che ha avuto una condotta di gara sconsiderata. Forse, con una condotta di gara più intelligente, avremmo avuto un duello finale.
Su questo percorso non ti potevi nascondere, e quando ho visto gli italiani partire a 97 chilometri dall’arrivo, ho pensato fossero dei pazzi. Ma era giusto così. E con i se e i ma nel ciclismo non si combina niente, ma se Trentin non fosse caduto, avremmo avuto due uomini davanti, che avrebbe significato una medaglia sicura. Ma Bettiol è stato grande, e un giorno potrà raccontare di aver sfidato da solo un gruppetto composto da Van Aert, Perdersen, Vdp e Pogacar e di averli tenuti in scacco per diversi chilometri.
I commentatori Rai si sono stupiti spesso della gestione di gara dei Belgi. Evenpoel che insegue, Van Aert tira davanti. Per noi è una cosa fuori di testa. Per loro è la normalità. Il Belgio ha talmente tanti campioni che per loro il peggior nemico è proprio all’interno della stessa nazionale. Per noi giocare di squadra è un culto che in Belgio non hanno idea di cosa sia. Non c’è da sorprendersi per la loro condotta di gara.
C’è più da sorprendersi per come abbia corso male Evenpoel. È vero che non era in giornata e non aveva gambe, ma prendere tutte le curve e gli strappi secchi dietro in una gara così equivale a volersi staccare. Se aggiungi uno scatto ogni volta che passi davanti, cerchi proprio di finire ai box in anticipo. Una gestione da campione, quando senti che non hai le gambe, sarebbe coprirsi nei tratti duri e poi provare un qualcosa di diverso, una stoccata in un punto inaspettato. Ha detto recentemente che potrebbe vincere qualsiasi gara, forse riferendosi al Tour. Non con queste gambe, ma nemmeno con questa testa.
Oltre a Evenpoel, le gambe – quelle a cui ci ha abituato in altre gare – sono mancate anche a Van Aert e a Pogacar. Sembravano stanchi. Van Aert sembrava entrare in crisi e uscirne a giri alternati. Pogacar faceva scatti da bambino, lunghi 200 metri, per poi girarsi a guardare gli altri. Segno che nemmeno lui era convinto di quello che faceva. È strano notare stanchezza in questo ciclismo così eccessivo, dove i corridori sono in forma da gennaio a dicembre, su strada, nel cross e in pista. Vincono corse a tappe e corse in linea, corrono a piedi e si allenano in palestra. Forse anche per questi robot moderni c’è un limite.