15 feb 2018 – Scorrevo la pagina principale di Instagram e mi capita questa foto di Marczinski (v. apertura, ndr), mio ex-compagno di squadra, ora alla Lotto Soudal. È evidentemente in un Pronto Soccorso, e allora apro Messenger e gli mando un messaggino, il classico “come ti è successo, ho visto che botta, come stai ?”.
Invio, e lui fortunatamente risponde in modo positivo.
Poi rileggo cosa ho scritto quasi inconsciamente, e quanto è grave quello che ho scritto. “Thomas che cosa è successo, ti hanno investito?”. Ho dato per scontato che lo avessero investito, e che ci fosse un’auto colpevole. Perché? Perché succede quasi tutti i giorni. Quante volte si cade veramente in bici, in curva o per una distrazione? Poche. Quante volte un’auto non ci dà la precedenza, ci stringe o ci investe da dietro? Molte. Troppe.
Il mio inconscio da ciclista, quando ha visto la foto del volto tumefatto di Marczinski, aveva già capito che era stata un’auto. E allora per scrupolo invio un altro messaggio: “Colpa dell’auto?” La risposta è stata affermativa.
Non avevo nemmeno chiesto dove si trovava. Thomas è polacco, ha vissuto in Italia e ora vive in Spagna. Ma non ha importanza. Non serve generalizzare una zona. Le auto investono i ciclisti in ogni parte del mondo, e benché se ne dica contro la maleducazione dei ciclisti, la maggior parte degli incidenti vede come colpevole l’auto.
Marczinski è stato investito a Granada. In Spagna il rispetto verso i ciclisti si potrebbe dire 1000 volte più alto che in Italia – e chi c’è stato lo può confermare. Ma il fatto è che le auto ora sono iper-tecnologiche e quindi chi le guida è iper-disattento. La patente è praticamente solo un business: non viene richiesto un rinnovo pratico periodico. Viene data a tutti, bene o male, non servono particolari competenze. A nessuno viene richiesto dopo magari 10 anni cosa vuol dire un determinato cartello stradale. A nessuno viene imposto un nuovo test. Non viene mai richiesto un aggiornamento.
Fin ad alcuni anni fa raramente si sentiva il nome di un corridore professionista, nel caso di incidente auto – bici. Ora è talmente comune che non fa nemmeno più notizia. Quando succede a uno con le capacità di guida di un professionista, vuol dire che l’impatto era veramente difficile da evitare. Senza andare a cercare numeri e statistiche, abbiamo tutti sott’occhio quanto il numero di incidenti stia lievitando. E nessuno sta facendo niente di concreto per invertire la tendenza.
Stefano Boggia
e invece, quando la patente, e l’assicurazione obbligatoria, per i ciclisti?
L’assicurazione non è obbligatoria, come la patente. Ma in bicicletta si è tenuti, per legge, a rispettare il Codice della Strada (e ad essere rispettati). In caso di incidenti si è responsabili. e, nel caso, si paga. Per cui l’assicurazione, pur non obbligatoria, è fortemente consigliata.
Giusta considerazione, riguardo alle assicurazioni; da aggiungere che l’essere iscritti a certe associazioni di ciclismo, oltre ad essere utile per promuovere la politica della ciclabilità in generale, lo è anche per ottenere anche una forma di assicurazione. Aggiungo poi che a leggere certi commenti, ci vorrebbe poi anche una patente per chi scrive i commenti su internet…